About Art: nel mondo di Keith Haring

|Martina Pumo|

MILANO – Palazzo Reale, tra le sue antiche e storiche stanze, ha accolto dal 22 febbraio e accoglierà fino al 18 giugno una mostra dedicata a uno degli artisti più importanti, eclettici e complessi della seconda metà del Novecento: Keith Haring. About Art è l’esposizione che racconta i retroscena dell’opera di Haring, il suo percorso nella sua arte, il suo modo di raccontarsi attraverso forme e colori, materiali e soggetti.

Le stanze tematiche che compongo la mostra rappresentano il percorso nella complessità artistica di un talento eclettico e moderno. Da qui si evince il suo legame con la storia dell’arte, un’ammirazione fatta di competizione e innovazione nei confronti di artisti e pittori che lo hanno preceduto. Lui, in continua competizione prima con se stesso poi con gli altri, attraverso le sue opere racconta la propria alienazione giovanile. Dalla Pennsylvania  a New York, passando da un amore viscerale per i cartoni ai graffiti nella metropolitana della Grande Mela, con le sue spille riconoscitive lasciate ai passanti che si dimostravano interessanti alla sue espressione creativa.

La prima sala ci accoglie con l’Uomo come soggetto portante, l’umanesimo diventa filosofia di vita e arte. Fondamentale il tempo in cui Haring vive, il computer assume sempre più importanza, diventa soggetto di alcune opere insieme alla televisione. Esplora il proprio io raccontandolo su tela. La droga e la gioventù, la ricerca e l’aspirazione: modernità e storia si mescolano nelle sue opere, una continua espressione del suo essere tra forme e colori. Come la Lupa, interpretata con i colori e i segni distintivi della sua arte. L’amore per i bambini che poi diventa la sua “tag”, la realtà underground della città e dei murales, il tutto racchiuso in un unico artista che ha imparato a comunicare con chiunque grazie al linguaggio dell’arte, la sua arte. Eclettico, si sofferma sui punti cruciali, sui pilastri dell’esistenza: la vita, la morte, la fede. Parla, si racconta attraverso opere, quadri, dialoghi aperti. Come l’Arpia, creata il giorno in cui scoprì di avere l’HIV. Si racconta, non dando una definizione netta, precisa, univoca ma lasciando allo spettatore la propria libertà di comprensione. Contrapposizioni, come i quadri che richiamano la cultura ecclesiastica, croci e diavoli. Forte il legame con la cultura ispanica e l’artista Madonna, sua amica e confidente. Vuole raccontare la realtà dei più piccoli, delle etnie in disparte. Si rifà dei soggetti della cultura pop, tra cui Topolino ma non si limita solo alle tele, lavora con materiali differenti, trasforma semplici lastre in vere e proprie opere d’arte.

La mostra si conclude tra proiezioni video, a colori o in bianco e nero, mostrano un lato di Haring inedito. Dopo un percorso fatto di tele, dolori, viaggi personali alla scoperta e alla rappresentazione del suo io, contrapposizioni con storia dell’arte e materiali differenti, lo ritroviamo così, a ballare scatenato. Oppure ripreso mentre è al lavoro a una delle sue opere d’arte pubblica, Tuttomondo, realizzata nel 1989 a Pisa, sulla parete esterna della Chiesa di Sant’Antonio Abate.

La ricerca è alla base del suo percorso artistico, l’ispirazione al passato è uno degli elementi portanti di questa mostra adatta a tutti, grandi e piccini, appassionati e ignari.

Un’occasione da non perdere, che arricchisce culturalmente Milano, un dono fatto di forme stravaganti e colori sgargianti, la conferma della complessità artistica di uno dei più grandi del secolo scorso, Keith Haring.

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