Alla Camera di Commercio storie di successo di "made in Sicily" che nascono da passione, determinazione e competenza


|Saro Faraci|

Il messaggio a quasi un centinaio di giovani universitari del corso di laurea in Economia Aziendale che affollavano il salone della Camera di Commercio di Catania questo pomeriggio per il primo di cinque seminari sul “made in Sicily” è giunto a destinazione forte, preciso e chiaro.

Le storie di successo e di riuscita in Sicilia o a partire dalla Sicilia non arrivano mai per caso, anche quando c’è il destino di mezzo. Sono storie di ordinaria fatica, di quotidiane tenacia e determinazione, di sfide più o meno eroiche. Storie in cui si comincia magari per fame di sapere e voglia di fare, con un po’ di iniziale imbarazzo per il lavoro che si fa, storie nate per provare a colmare qualche mancanza, per uscire allo scoperto e tentare di costruire un percorso personale. Un percorso in cui – come ha ricordato Salvo Filetti il fondatore di Compagnia della Bellezza prima (nel 1992) e di Joyacademy dopo (nel 2010), due progetti leader a livello internazionale che hanno rivoluzionato da dentro il mondo dell’hair style – contano il metodo, la creatività, la capacità di relazione e la competenza di narrazione, cioè i quattro punti cardinali del “talento” di ciascuna persona. Ed è proprio il talento che secondo lo stilista Filetti va coltivato, come se fosse una fiammella che tiene sempre acceso il fuoco dell’amore e che, mettendo al posto giusto singoli pezzettini di legno e di carta (simboli dell’operosità e del fare quotidiani), fa divampare ogni tanto pure le fiamme della passione.

Storie che procedono qualche volta alla riversa rispetto al modo in cui sono incominciate. In direzione opposta a quella di partenza, come la strada che dalla Germania ha riportato in Sicilia il team di Riccardo D’Angelo, il fondatore della società informatica Edisonweb, che da Mirabella Imbaccari, dove ha iniziato alla fine degli anni novanta con non poche difficoltà, oggi  può fregiarsi di importanti collaborazioni, come l’ultima con il governo di Dubai, e di partnership prestigiose come quella con la Mercedes. Obiettivo è portare avanti un progetto di mobilità sostenibile nei trasporti che ricorda tanto i primi esperimenti di “car pooling” e di “car sharing” ai tempi in cui i conducenti d’auto a noleggio portavano in giro per la Sicilia, prendendoli e riaccompagnandoli a casa, i ragazzi degli anni settanta e ottanta. Esperimenti di “innovazione frugale”, del fare molto con poco, come è tipico della cultura siciliana, e che oggi i guru del management considerano strategie vincenti anche in un mondo ipertecnologico e globalizzato.

O ancora storie che si fondano sulla collaborazione, sul mettersi insieme per provare a cambiare lo stato delle cose, per innovare sul piano sociale prima ancora che sul versante dei processi e dei prodotti. Storie come quella di Andrea Passanisi, il fondatore del progetto Sicilia Avocado, che un po’ per buona volontà, tenacia e competenza del suo fondatore, un po’ per il ruolo di amplificazione esercitato dai social media, sta proiettando la giovane realtà agricola di Giarre nei mercati internazionali in cui è più forte, come in Francia o Svizzera, la domanda di frutti tropicali. Qui una volta si coltivavano gli agrumi, i limoni e le arance. Adesso, anche con l’aiuto dell’Università, si sta provando a fare qualcosa di nuovo, diverso e più moderno, ma mantenendo salde radici valoriali e tradizioni territoriali.

Ma ci sono anche le storie che nascono con l’obiettivo di valorizzare, oltre gli stereotipi tradizionali, la bellezza e la creatività della Sicilia nell’intento, come è quello dichiarato di Ciccio Mannino il promotore di Officine Culturali, di proiettare Catania nei circuiti internazionali della cultura italiana ed europea. La fruizione intelligente del Monastero dei Benedettini ormai avviata da diversi anni è diventata un caso di successo a livello nazionale ed è un altro esperimento di innovazione sociale basato sul fare rete tra persone competenti e di buona volontà.

Tutte storie di successo e di riuscita che questo pomeriggio i protagonisti del primo seminario sul “made in Sicily”, moderati dal direttore di Sicilia Network Daniele Lo Porto, hanno raccontato ad una platea attenta di giovani e meno giovani, di universitari e professionisti, di giornalisti e di operatori aziendali. Tutti convenuti alla Camera di Commercio su invito dell’ente camerale (rappresentato dal commissario Roberto Rizzo e dal segretario generale Alfio Pagliaro) e dell’Università di Catania (rappresentata dal direttore del Dipartimento di Economia e Impresa Michela Cavallaro e da alcuni suoi docenti) per conoscere da vicino significato, determinanti ed implicazioni del “made in Sicily”. Un fenomeno economico e sociale che, come ricordato dalla professoressa Sonia Giaccone, è destinato in un prossimo futuro a riposizionare la Sicilia nell’immaginario collettivo di tanti fruitori ed utilizzatori dei beni e dei servizi che sono intrisi di sicilianità e di sicilitudine, cioè dei valori e dello stato antropomorfico dell’essere Siciliani. Il primo riscontro effettuato a Londra in un campione di residenti nella metropoli inglese è stato positivo. La Sicilia ha mille sfaccettature ed è per questo che il “made in Sicily” è apprezzato e ricercato.

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