Claudio Fava, la guerra non è finita

|Katya Maugeri|

Pubblichiamo alcuni ricordi legati alla strage di via d’Amelio, quel 19 luglio 1992.

Il giorno in cui morì Paolo Borsellino vidi morire anch’io molte persone. Due vecchi, un bambino e quattro soldati. Non a Palermo: a Bendery, Moldavia, sulle rive del Dniester – a ricordarlo è Claudio Fava – giornalista e vicepresidente della Commissione Parlamentare Antimafia – mentre in Sicilia si combatteva contro la mafia, il mio giornale milanese mi aveva spedito laggiù per raccontare una guerra civile dimenticata, uno degli ultimi fuochi di ferocia dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Durò lo spazio di un’estate e lasciò sul campo più di mille morti. Alcuni mi toccò di vederli durante uno scambio di artiglierie tra insorti e filo russi proprio il pomeriggio in cui il giudice Borsellino e la sua scorta finivano a pezzi con il tritolo di Cosa Nostra.
Seppi di via D’Amelio il giorno dopo. La radiolina a transistor trovò un notiziario in lingua russa. Capì solo due parole, “Paolo Borsellino”. Non mi servì altro per capire che il giudice era morto. Decidemmo subito di tornare. Scoprimmo che l’auto che avevamo affittato a Bucarest aveva forato il tubo della benzina tra i calcinacci e le schegge di quel misero conflitto. Riparammo in qualche modo, riempimmo il serbatoio con la benzina di un vecchio carro armato russo. Partimmo.
Arrivai a Palermo il 21 luglio, il giorno dei funerali. Avevo fatto in tempo a ricostruire tutto, a sapere tutto. Ma poi, cosa c’era da sapere? Era la guerra.  E in Sicilia si combatteva così, senza fare prigionieri. Mi chiamò il giornale, proprio mentre attorno al feretro di Borsellino volavano i cazzotti degli umiliati, e gli sguardi dei siciliani si facevano di cera e fiamme, e lo Stato veniva a depositare corone, avverbi, menzogne. E’ finita, mi dissero al telefono da Milano. Cosa? Cosa è finita? Qui non finisce mai! La guerra, risposero piano. In Moldavia. Hanno firmato il cessate il fuoco stamattina. Il tuo pezzo però lo mettiamo lo stesso…

Ecco, di guerre ne ho conosciute e raccontate tante. E perfino quelle più incarognite, più spietate (Libano, Salvador, Cambogia…) prima o poi sono finite. Spesso senza vincitori né vinti. Finite e basta.

In Sicilia no. Non finisce. Ce lo ricordiamo due volte l’anno, il 23 maggio e il 19 luglio, quando c’è da farsi il segno della croce e poi pregare e poi ricordare e poi pretendere e poi promettere.

Intanto però continua. Senza troppi morti, senza troppo rumore, la guerra continua.

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