Dottoressa violentata, l'aggressore "Ero incosciente, ora sono pentito"


 
Daniele Lo Porto

CATANIA – Uno stato di incoscienza provocato dal dolore per il mal di denti che aveva cercato di lenire bevendo alcolici. La violenza sarebbe conseguenza di una reazione incontrollabile e inconsapevole. Questa la tesi difensiva  di Alfio Cardillo, il falegname di 26 anni, che nella notte ha sequestrato e violentato per alcune ore la dottoressa in servizio alla Guardia medica di Trecastagni. Un atto del quale si sarebbe pentito. Una tesi difensiva e un comportamento dopo essere stato arrestato in quasi flagranza di reato tutto sommato  scontata.

“Non ero io, non ero in me, non so perché l’ho fatto e sono profondamente pentito”. Così Alfio Cardillo, il 26enne arrestato ieri dai carabinieri ha ammesso davanti al gip di Catania Pietro Currò di avere sequestrato e violentato per alcune ore una dottoressa di 51 anni mentre era in servizio alla Guardia medica in un comune del Catanese. E’ quanto riferisce il suo legale, l’avvocato Luca Sagneri. “Ha ammesso tutto, ma ha agito in un forte stato di incoscienza”. Secondo la sua ricostruzione al gip, Cardillo, ha avuto un violento mal di denti e ha tentato di sedare il dolore bevendo alcolici. Per questo sarebbe andato alla guardia medica dove la dottoressa gli avrebbe somministrato un antidolorifico per via intramuscolo.

“Quello che è successo dopo – ha sottolineato l’avvocato – lui non lo sa spiegare. L’unica cosa che ha ripetuto più volte è stato ‘non ero io, sono veramente pentito'”. L’avvocato Sagneri ha sottolineato come il suo assistito sia incensurato, anche se dalle prime notizie risultava pregiudicato per piccoli reati,  e per questo ha chiesto al gip la concessione degli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico. Cardillo è stato arrestato dai carabinieri della Compagnia di Acireale dopo che alcuni vicini di casa hanno sentito nella notte la dottoressa urlare. I militari arrivati subito sul posto hanno soccorso la donna, che era senza vestiti, e bloccato, l’uomo che aveva i pantaloni abbassati.

La Procura di Catania che ne ha disposto l’arresto, gli contesta i reati di violenza sessuale, lesioni e sequestro di persona. La dottoressa, tramite i suoi legali, ieri ha presentato denuncia contro il 26enne e ha annunciato che si costituirà parte civile nel processo.

“Non basta essere solidali di fronte alle aggressioni a cui, da sempre, sono stati sottoposti i medici in prima linea. La violenza nasce dall’impunità e dalla mancanza di senso civico della collettività. Occorre, dunque, educare a un corretto uso della Sanità e sviluppare all’intero dei sistema aziendali i meccanismi capaci a proteggere e tutelare il personale sanitario in “trincea”. A parlare è il presidente provinciale Snami (sindacato nazionale autonomo medici italiani) Francesco Pecora, che da trent’anni è profeta inascoltato di quanto sta accadendo alla Sanità pubblica.
Lo Snami di Catania, infatti, dagli anni Novanta ha ripetutamente sollevato la gravità in cui versa il Sistema sanitario nazionale di emergenza e urgenza, portando avanti continui appelli alle istituzioni (dal Prefetto alle autorità sanitarie)  che, purtroppo, sono rimasti inascoltati. «Molti propongono di militarizzare i presidi medici – prosegue Pecora – ma non è una soluzione attuabile. Chiediamo al ministro Lorenzin almeno il raddoppio del personale di turno e gli accorpamenti dei presidi medici con un incremento dei sistemi di sicurezza. Se non si prendono provvedimenti immediati, le aggressioni non si placheranno. Quanto accaduto alla dottoressa di Trecastagni sarà presto dimenticato da molti, ma non da noi dello Snami che continueremo la nostra battaglia per affiancare e sostenere i diritti e la sicurezza dei lavoratori della Sanità negli ambienti in cui prestano la loro opera, dai pronto soccorso alle ambulanze alle guardie mediche».

Per Ersilia Saverino, consigliere comunale di Catania:  “La violenza sulle donne in tutte le sue forme e prevaricazioni va combattuta con azioni, determinate, reali ed incisive e non con le solite belle parole o con il costituirsi parte civile da parte di associazioni e comitati di turno. L’ho ribadito nel 2015 e lo ribadisce ancora oggi: lo stupro e la violenza maschile nei confronti delle donne, in generale, non è un fenomeno circoscritto in singoli casi isolati ma, piuttosto, una vera e propria emergenza di carattere strutturale. Donne e professioniste che sistematicamente finiscono nel mirino dell’orco di turno è una cosa che va scongiurata in tutti i modi.  Per farlo, però, servono maggiori controlli e un inasprimento delle pene. Quello che è successo la notte scorsa alla Guardia Medica di Trecastagni è stato assolutamente spregevole ma è l’ultimo episodio di una lunga, lunghissima lista. Rischiare  di essere aggrediti, derubati, minacciati oppure picchiati durante lo svolgimento del proprio dovere è ormai la norma. Ed è proprio questo quello che succede a tanti dottori che operano all’interno delle Guardie Mediche e dei Pronto Soccorsi di Catania e della provincia etnea. Strutture che accolgono necessità di ogni tipo e che finiscono spesso nel mirino di ladri, delinquenti oppure maleducati. Già in passato, dopo l’aggressione subita al presidio della guardia medica di Nicolosi a febbraio dell’anno scorso, ho chiesto alle istituzioni maggiore sicurezza e migliore condizioni di serenità  per chi svolge un lavoro così importante sul territorio. Proprio in quella occasione due donne furono aggredite alle 4 di notte da due delinquenti che le minacciarono con un’ascia. Momenti di estrema tensione che fortunatamente terminò con l’arresto dei due. Ieri come oggi, quindi, è fondamentale garantire il miglioramento degli standard di controllo  all’interno di un servizio pubblico strategico ed indispensabile per l’intera collettività qual e il pronto soccorso, così per la guardia medica e per il 118: una precisa interrogazione, fatta dalla sottoscritta, che ancora oggi non ha avuto risposta. Ci vuole un tavolo tecnico a cui devono partecipare Questura, Prefettura, istituzioni politiche e tutti i rappresentanti delle forze dell’ordine. Lo scopo è quello di assicurare ai presidi citati tutte le misure rivolte a garantire la sicurezza al personale medico in servizio, come previsto dalle normative vigenti; anche con l’impiego dell’esercito. Personale che spesso si ritrova a lavorare da solo, e talora in luoghi isolati soprattutto nei paesi dell’hinterland etneo, per periodi prolungati. Nel ruolo che ricopre è ovviamente obbligato a dare accoglienza a qualunque richiesta di soccorso. Questa condizione espone inevitabilmente la categoria, soprattutto le donne, ad altissimi rischi”, conclude Ersilia Saverino.

 

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