Fare vino sull’Etna è una storia di cuore. Ad Economia Aziendale il terzo seminario “made in Sicily”


|Saro Faraci|

La resilienza. Ovvero la capacità di far fronte  in maniera positiva a eventi e fatti traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita stessa offre, senza svendere la propria identità. Di resilienza è dotata da sempre in modo straordinario la gente che vive e lavora sull’Etna. A queste qualità si aggiunge una grande pazienza. Perché convivere con il vulcano non è facile, come la storia insegna. Ma è proprio dal vulcano, e dalle sue imprevedibili traiettorie, che Madre Terra origina la sua fertilità, la mineralità dei suoli, i profumi delle piante selvatiche che aromatizzano le colture agricole. Anche la terra dell’Etna dunque è resiliente nella sua vitalità.  E dà valore aggiunto al turismo, creando un binomio di radici, la terra e il radicamento, che se fosse sfruttato pienamente – quando ancora non esiste un vero e proprio brand territoriale dell’Etna – farebbe volare la Sicilia molto in alto. Tuttavia, non ci sono automatismi in questo binomio terra-turismo; bisogna lavorare sodo, studiare tanto, puntare sulla formazione, non arretrare nemmeno di un centimetro rispetto all’obiettivo di tenere alta qualità e ed eccellenza dei prodotti.

Lo hanno ben capito i produttori di vino dell’Etna, questo pomeriggio protagonisti del terzo appuntamento dei seminari “made in Sicily” organizzati dall’Università e dalla Camera di Commercio di Catania. Da tempo hanno compreso che solo puntando sulla qualità dei prodotti, all’interno della zona di riconoscimento della DOC, possono ambire a nuovi mercati esteri, più ricchi, capaci di apprezzare anche la storia e la cultura che stanno dietro ogni singola bottiglia di bianco, bianco superiore, rosso, rosso riserva rosato e i vari tipi di spumante, come ha precisato Giuseppe Mannino, titolare delle omonime Tenute, e presidente del consorzio di tutela dei vini DOC dell’Etna. Possono farcela i produttori, a condizione di non lasciarsi tentare dalle sirene della speculazione, dato che un ettaro di vigneto ricadente in zona DOC oggi vale dieci volte in più del suo valore catastale di qualche anno fa, e che ancora ci sono margini per arrivare ai prezzi più alti dei vigneti delle Langhe o di Montalcino. Se si vende, qualcun altro compra, e gli acquirenti spesso sono estranei alla Sicilia. Non sempre ciò è un bene, anche se la presenza di non siciliani in questi ultimi anni ha elevato il livello della produzione complessiva, nel 2016 pari a quasi 3.000.000 di bottiglie,  cioè 22 mila ettolitri di vino. Le nuove sfide, ha puntualizzato il presidente Mannino, saranno di trasformare il consorzio di tutela dei vini in un potente volano di crescita associativa, in un efficace strumento di marketing del territorio etneo,  in un ricco bacino di competenze e conoscenze specialistiche dove innalzare ancora di più la qualità del prodotto finale. Il quale, beninteso, si può vendere anche a prezzi più alti di quelli medi attuali, ma solo se i contenuti del suo “storytelling” miglioreranno e si arricchiranno ulteriormente.

In un calice di vino dell’Etna ci sono molti ingredienti intangibili, «territorio, turismo, cultura, arte, storia, abbinamento, condivisione, unicità e valori», come ha tenuto a precisare Graziano Nicosia, contitolare delle omonime Cantine di famiglia da cinque generazioni,  presente da sempre nella distribuzione moderna, ma oggi pure all’estero con alcune nuove linee di prodotti già premiate e giudicate di eccellenza. In un calice di vino c’è una storia da raccontare, «i solchi come quelli dei vigneti, il gusto dell’avventura come da viticoltura eroica, la purezza e la naturalezza di un rapporto, a volte silenzioso, con la terra dell’Etna», come ha puntualizzato Seby Costanzo, da pochissimo animatore insieme a Giuseppe Brancatelli, dell’azienda Cantine di Nessuno che evoca il mito di Ulisse il quale, narra la leggenda, diede da bere a Polifemo e ubriacandolo riuscì a farla franca dalla prigionia. In un calice di vino ci può essere arte, ma anche poesia, come nei vini Al-Cantàra di Pucci Giuffrida, i cui nomi nelle etichette evocano i versi più famosi di Nino Martoglio. Con questi nomi, tutti rigorosamente siculi, i vini di Giuffrida hanno vinto numerosi premi e si lasciano apprezzare anche all’estero. «Fare vino è anche una storia di cuore» ammonisce Camillo Privitera, produttore sull’Etna del vino Primaterra, e presidente regionale dell’Associazione Italiana Sommelier. Il quale è sostenitore dell’enoturismo come nuova forma di economia orizzontale e verticale che soddisfa esigenze culturali, anche perché «le persone vogliono ascoltare il respiro della montagna, viverla e gustarne i sapori», sostiene ancora il noto sommelier. Tutto questo ben di Dio, però, ha bisogno di arrivare sulla tavola dei consumatori, soprattutto nel canale della ristorazione, con grande competenza e professionalità dei titolari dei pubblici esercizi di somministrazione che lo servono e lo vendono. Ed è per questo – come ha rilevato Dario Pistorio, presidente regionale FIPE Confcommercio e a capo di un gruppo di imprese nei settori della pasticceria, del catering e del banqueting – che bisogna lavorare di più sulla formazione degli operatori, puntando a nuove figure professionali e alla riqualificazione di molte fra quelle esistenti.

Si è parlato di vino a Palazzo delle Scienze questo pomeriggio. La location elegante ed austera dell’Università non ha favorito una degustazione di questi prodotti della terra d’Etna, come forse tali eccellenze avrebbero meritato. Si è parlato soltanto. Ma va bene anche così, dato il livello dei relatori al tavolo di discussione. Diceva giustamente il re di Gran Bretagna e Irlanda ed imperatore d’India, il sovrano Edoardo VII: “Il vino non si beve soltanto, si annusa, si osserva, si gusta, si sorseggia e… se ne parla”. Aggiungeremmo noi che bisogna raccontarlo pure, come si è fatto stasera ad Economia Aziendale. Più si racconta, più il vino dell’Etna sarà riconosciuto per la sua incomparabile unicità.

Send a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *