"Il Cacciatore", Claudio Castrogiovanni: "Lavoro con i sogni quando preparo un personaggio"

ph Valentina Glorioso

Katya Maugeri

Raccontare un personaggio in una quotidianità che disarma, descrivendone abitudini, passioni e ossessioni, in quella realtà aberrante chiamata mafia, dove tutto sembra lontano anni luce da ciò che viviamo, tocchiamo, respiriamo. Eppure non è così. E c’è chi lo ha raccontato senza temere di farlo, cercando minuziosamente di mostrare – attraverso i dettagli – la realtà fino a scolpire singole identità. Autentiche, indipendenti, atroci. Come i loro gesti e la naturalezza con la quale si approcciano alla routine. “Mi sono affidato all’intuizione, all’immaginazione, lavorando moltissimo sui particolari caratteriali, sulla forma. Lavoro con i sogni quando preparo un personaggio”, spiega Claudio Castrogiovanni che nella serie tv Il Cacciatore – ispirata a “Il cacciatore di mafiosi” del magistrato Alfonso Sabella – diretta da Stefano Lodovichi e Davide Marengo realizzata da Cross production per Rai, interpreta il braccio destro di Leoluca Bagarella, Nino Mangano. L’uomo che annotava tutto, colui che portava sempre con sé il proprio registro.

“Un lavoro impegnativo, perché del personaggio esiste molto poco, non una deposizione da poter ascoltare, non una foto, infatti, ho lavorando su Mangano immaginandolo, senza giudizio”, e Castrogiovanni ha dato realmente forma a un personaggio dalla personalità ben delineata che fa emergere in ogni scena, in ogni mossa, attraverso gesti naturali, con una postura mai scomposta con un tono rigoroso e dal look impeccabile. Il tono di chi non teme, di chi ha percezione del proprio potere. E sa usarlo, senza mai distogliere lo sguardo. Anche dinanzi al sangue.
Per la prima volta in tv si assiste a un racconto autentico della realtà mafiosa, senza giri di parole, senza scene che diventano surrogato di vita. E a far emergere la miserabilità umana dei cattivi, non sono soltanto le scene crude, quelle in cui si evince chiaramente la crudeltà del gesto o la cattiveria, ma quelle in cui si “racconta della quotidiana non operativa del mafioso. Ogni scorcio di vita privata è una esaltazione della loro miserabilità umana – spiega Castrogiovanni – una condizione che si rivela soprattutto nei momenti intimi nei quali le azioni atroci lasciano il posto a gesti naturali. Si tratta di personaggi che hanno un inquadramento mentale che per loro è un sistema binario”.

ph Floriana Di Carlo

Un risultato ottenuto magistralmente proprio per la scelta e la capacità di “narrare la Storia in maniera fedele, e per me è una conquista, continua orgoglioso Castrogiovanni – ho guardato dei film in cui spesso si parlava del lato oscuro come fosse solo un quadro, ne Il Cacciatore, invece, è realtà. Sono stato un adolescente siciliano che sognava di fare il magistrato, e l’immagine migliore, reale, che potesse raccontare il clima di suadente terrore generato dalla mafia è stato narrato in questa serie: senza addolcimenti né seduzione. Si è fatto un atto di fedeltà descrivendo un momento così importante come quello di quegli anni che sono lo snodo storico della nostra attuale Italia”.

Un lavoro di squadra che ha permesso a Il Cacciatore, di consegnare al pubblico la grande responsabilità di approfondire gli aneddoti, le storie, i personaggi, fornendo loro un prezioso metodo. Un cast in sintonia, legati da una evidente sinergia, “si è creata una vera amicizia senza antagonisti. Ognuno ha gioito per la bravura dell’altro, e credo che ognuno di noi abbia superato il proprio limite facendo un passo di lavoro interpretativo. E noi siamo bravi attori anche grazie alla competenza dei registi”.

Un progetto curato senza lasciare nulla al caso e che lascia allo spettatore un incredibile desiderio di legalità. Concreta, viva e colma di speranza.

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