"Il Cacciatore": Nicasio Catanese e il lato oscuro di Lucio Raja

Katya Maugeri

L’animo umano, come una matrioska, nasconde numerose personalità, sfumature che raccontano aspetti devastanti che segnano per sempre il percorso di un uomo. Realtà atroci, crudeli che hanno segnato l’esistenza di uomini, i quali hanno agito senza voltarsi indietro, proseguendo secondo un manuale tutto loro: quello mafioso. E narrarne il contenuto, scegliendo di non censurare persino lo sguardo, quello che rimane immobile, insensibile dinanzi a scene raccapriccianti: è quello che descrive la serie “Il Cacciatore” realizzata da Cross production per Rai fiction e diretta da Stefano Lodovichi e Davide Marengo,  ispirata a “Il cacciatore di mafiosi” del magistrato Alfonso Sabella, che racconta  la vera storia del magistrato in uno degli spaccati più cruenti della lotta tra lo Stato e la mafia nei primi anni ’90. unica serie tv italiana selezionata ed in competizione a Cannes nell’ambito del primo festival dedicato alla serie internazionali, Canneseries.

“Spesso le storie di mafia trasmesse in tv o al cinema possono risultare dei prodotti mediatici confezionati con stereotipi troppo banali e superficiali. Molte volte la ricostruzione storica di avvenimenti che hanno segnato brutalmente la storia del nostro Paese non mirano né ad offrire una chiave di lettura del presente né tantomeno contribuiscono alla costruzione di un futuro, se pur solo immaginario, volto alla ricostituzione di una vera e più cosciente identità nazionale” – ci racconta Nicasio Catanese durante la nostra intervista che nella serie interpreta il giovane Lucio Raja -.

“Il Cacciatore, privandosi dei modelli stereotipati della fiction e cosciente del forte potere mediatico della tv propone al pubblico un servizio culturale a tutto tondo offrendo insieme ad una ricostruzione storica oggettiva -spiega Catanese – e pertinente anche un sano e ottimo intrattenimento. Sono molto contento che la serie sta avendo grande successo tra i giovanissimi oltre che tra gli adulti, questo sottolinea quanto è importante sapersi rinnovare nel linguaggio e nelle forme per poter arrivare a tutti”. Per la prima volta si assiste a un modo nuovo e intelligente di raccontare il fenomeno mafioso, andando a fondo e cercando di scoprire ogni angolo buio. “Raccontiamo il cancro mafioso alle nuove generazioni per approfondire l’umanità eroica e antieroica dei personaggi – spiega Catanese – portando lo spettatore ad un’analisi critica del fenomeno e suscitando curiosità attraverso una tecnica registica  eccellente e delle musiche mozzafiato. Mi ritengo molto fortunato a far parte di questo progetto per il livello alto della sua realizzazione e per le splendide persone incontrate sul set”, tra i protagonisti ricordiamo David Coco, Francesco Foti, Paolo Briguglia, Alessandro Agnello, Edoardo Pesce, Roberta Caronìa, Roberto Citran, Marco Rossetti. 

Il personaggio interpretato da Nicasio Catanese è un’ombra costante nella vita del magistrato Saverio Barone (Francesco Montanari), il lato oscuro di un passato che vuole prepotentemente riemergere. Rivelarsi. “Interpreto Lucio Raja da giovane – aggiunge Catanese – all’interno dei flashback che costellano tutto il racconto e che costituiscono il  passato – impossibile da dimenticare- di Saverio. Lucio è la nemesi di Saverio, il suo “amico geniale” per citare la Ferrante, il modello adolescenziale cui si ispira. Saverio subisce una fascinazione profonda per il suo amico. È Raja che lo guida, gli impartisce ordini, gli insegna le regole della caccia esponendolo a gravi rischi. È lui che attraverso una serie di atteggiamenti mafiosi gli instilla nella mente quel senso di ribellione e di ricerca della giustizia che lo accompagnerà per tutta la vita. Nella sua selvaggia crudeltà, però, il mio personaggio ha un cuore, possiamo dire ecco. Si affeziona anche lui al suo giovane e ingenuo amico, ma i modi per dimostrarlo non sono per nulla canonici”. Bene e male che percorrono lo stesso percorso, ammirano lo stesso panorama, cercando di capire dove fine finisce il bene e inizia il male, e in che momento quel male prende il sopravvento, fino a distruggere l’animo.

Momenti intensi quelli che i registi offrono, ricchi di riflessione. “Con i registi Stefano e Davide abbiamo lavorato sull’umanità di questo giovane ragazzo selvaggio. Il nostro obiettivo non è stato quello di rappresentare superficialmente lo stereotipo del mafiosetto in erba ma quello di dare spessore e profondità a questa figura che in un certo qual modo ha condizionato la vita del magistrato Barone. Ho incontrato tanti giovani adolescenti come Lucio Raja , pieni di sfortuna, disagio e solitudine, inevitabilmente costretti dalla vita a diventare uomini arrabbiati e spesso violenti. Conosco, però, anche giovani sfortunati come lui che hanno deciso di cambiare le sorti della loro vita testimoniando così una mia convinzione: non si nasce buoni o cattivi, si sceglie di essere uomini o mostri”.

Il Cacciatore è un vortice di emozioni contrastanti, una lente di ingrandimento che permette di analizzare la realtà, e la mente di uomini divenuti mostri. Ma l’ombra dell’oscuro, di episodi tristi e traumatici del passato rendono più forte e determinato il nostro animo? “Certamente si. Noi siamo il nostro passato – continua Catenese – non si può vivere il presente né progettare il futuro senza tener conto di chi siamo stati. È inevitabile. L’adolescenza, poi, è una tappa estremamente importante e decisiva per gli adulti che saremo. Così per Saverio sarà inevitabile non pensare a Lucio e al sentimento di rivalsa nei suoi confronti. In un certo modo Lucio ha determinato un tratto del carattere di Saverio. Credo che il modo migliore di utilizzare le nostre ‘ombre oscure’ del passato sia quello di oltrepassarle e trasformarle in raggi di luce, proprio come ha fatto il nostro giovane magistrato Saverio”.

E nell’oscurità di questo male chiamato mafia c’è chi riesce a identificare il marcio, con tenacia, mai senza paura, ma con la consapevolezza che la speranza è la luce che serve “per catturarli tutti”.

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