Innovazione digitale e sociale, una bella pagina di Speranza per il "made in Sicily"

|Saro Faraci|

Attrattività, condivisione, creatività. Tre parole chiave per rappresentare sinteticamente la straordinaria forza dell’innovazione digitale e sociale del “made in Sicily”. Attrattività del territorio, a partire da quell’Etna Valley che alla fine degli anni novanta il Financial Times etichettò come la culla della microelettronica in Europa e che ancora oggi a Catania dimostra di possedere una pluralità di vocazioni applicative, dall’informatica alle telecomunicazioni, dal digitale ai microprocessori. Condivisione di idee, di progetti, di speranze e tanto co-working specialmente fra i giovani, i più capaci di superare le tradizionali barriere dell’individualismo e di confrontarsi “alla pari” con tanti altri coetanei in scenari sempre più globali. Creatività, l’ingrediente principale dell’imprenditorialità “made in Sicily” e dunque laboriosità, intuizione, capacità di problem solving e quella giusta attenzione ai bisogni del mercato che non guasta mai, anzi crea ulteriori occasioni di espansione e sviluppo anche all’estero.

Di Digital & Social Sicily si è discusso ieri pomeriggio nell’ultimo dei cinque seminari su “made in Sicily” organizzati dal corso di laurea in Economia Aziendale e dalla Camera di Commercio di Catania. Affollato come sempre il salone delle adunanze dell’ente camerale, tanti gli universitari presenti, ma diversi pure operatori del settore, imprenditori e consulenti aziendali interessati a conoscere da vicino un mondo che non è più il futuro, ma è il presente che guarda con maggiore speranza al domani. Settori e business completamente differenti tra loro, iniziative imprenditoriali maturate prevalentemente nel mondo giovanile, genesi delle idee le più svariate, ma un unico tratto in comune: l’impiego massiccio delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione che creano nuove opportunità di mercato e straordinarie occasioni nel fare impresa, superando definitivamente quella marginalità cui la Sicilia è condannata da sempre per motivi geografici e logistici.

Dopo il saluto istituzionale del vice segretario generale della Camera di Commercio il dott. Franco Virgillito, moderati dalla giornalista Katya Maugeri, di Sicilia Network, tre ospiti d’eccezione hanno fatto il punto della situazione sullo stato attuale dell’Etna Valley. Attrattività è stata la parole chiave ricorrente nei loro interventi. Perchè il territorio etneo, e le aziende dell’hitech che in esso vi operano, continuano a mantenere inalterato il loro appeal; alcune imprese sono ancora capaci di attrarre e trattenere a Catania nuovi capitali anche umani ed intellettuali. E’ il caso di ST Microelectronics – come raccontato dall’ingegnere Francesco Caizzone, direttore della sede di Catania – che ha molto di “made in Sicily” in quello che produce in tutto il mondo, perchè la maggior parte della sua forza lavoro è rappresentata proprio da laureati brillanti delle Università siciliane. E’ ancora il caso di TIM, il gigante delle telecomunicazioni, che – come ha puntualizzato l’ingegnere Valeria D’Amico, responsabile del JOL WAVE – ha scelto Catania, tra poche sedi in Italia, per localizzare due importanti investimenti: il laboratorio di open innovation che, ubicato alla Cittadella universitaria, lavora a fianco di molte imprese del territorio e l’acceleratore per le start up #WCap che supporta fattivamente nelle prime fasi di attività le nuove iniziative imprenditoriali ad alto contenuto tecnologico promosse dai giovani. Ma il territorio rimane ancora attrattivo per il ruolo giocato dall’Università – ha sottolineato il professore Sebastiano Battiato, presidente del corso di laurea in Informatica – per la varietà nell’offerta di corsi di laurea e di dottorato, per i collegamenti con il mondo delle imprese e del lavoro, per il fermento intellettuale e culturale che proviene dai giovani, molti dei quali, come accade proprio per gli studenti di Informatica, trovano occasioni di impiego e di autoimprenditorialità già durante gli studi, perchè la domanda sul mercato esiste e le imprese stanno facendo passi in avanti sulla via della digitalizzazione.

Condivisione però è un’altra parola chiave che caratterizza il territorio etneo. Lo hanno ben spiegato Tamara Manuele e Alessandra La Marca che hanno portato una fresca ventata di speranza al seminario “made in Sicily”. Tamara è un giovane ingegnere informatico e presiede Youthub Catania, un’associazione di universitari molto attiva sul versante dell’animazione culturale e imprenditoriale per le start up, promotrice negli ultimi anni di varie iniziative di successo, tra cui gli Appuntamenti delle Idee e Start Up Weekend. Alessandra, laureanda in Direzione Aziendale, anima insieme ad altri colleghi universitari Google Business Group, un’iniziativa sostenuta dalla multinazionale americana per promuovere la cultura digitale nelle scuole, nelle Università, fra le start up e le imprese del territorio. Il GBG di Catania è stato il primo a costituirsi a livello nazionale ed è nato e maturato all’interno della comunità Youthub del territorio etneo. Condivisione, dunque.

E poi creatività, tanta creatività nelle storie di start up raccontate dai diretti protagonisti di questo cambiamento epocale per la Sicilia, ed intervenuti nella seconda parte del seminario di ieri pomeriggio, interamente dedicato alle case histories di Digital & Social Sicily. La storia di Mosaico eLearning, un portale informatico per la realizzazione di formazione a distanza, promosso nel 2010 da Gabriele Dovis a Ragusa, oggi attivo in molti settori e con un portafoglio clienti di tutto rispetto. Ancora una volta la dimostrazione che l’informatica siciliana è veloce e reattiva rispetto alle esigenze del mercato. Oppure il caso di A-Tono, un’azienda informatica nata a Catania ed operante pure a Milano, con un’età media dei suoi dipendenti inferiore ai 30 anni, attiva in molti business dell’information technology, ma – come raccontato da Stefania Tumia – più recentemente salita agli onori della cronaca per l’introduzione di alcuni innovativi sistemi di pagamento digitale che, in futuro, si diffonderanno sempre di più per la tendenza dei consumatori ad impiegare lo smartphone per molteplici usi. Ancora la storia di ICT Lab, giovanissima spin off dell’Università di Catania, nata all’interno del Dipartimento di Matematica ed Informatica e che, come raccontato da uno dei promotori Oliver Giudice, è una delle poche in Italia che si occupa di digital forensics, cioè del riconoscimento digitale di immagini e video, un servizio altamente specialistico molto richiesto dalle autorità giudiziarie ed inquirenti durante i processi.

C’è poi una storia tutta catanese, nata per gioco all’interno del mondo universitario, e che presto potrebbe portare questa start up agli onori della cronaca, perchè pian piano sta sfidando Skype sul versante delle videochiamate via web e smartphone. E’ la storia di Beentouch, raccontata ieri sera da Daniele Pecoraro, uno dei fondatori, che ha sottolineato come la persistenza del “digital divide” fra il Nord e il Sud del mondo crea opportunità di business nei Paesi africani per la start up catanese che si è specializzata nelle videochiamate a basso costo, ad alta risoluzione e capaci di sostenere la debolezza di connettività e infrastrutturale di molte reti di telecomunicazioni ancora vetuste, come per l’appunto, quelle del continente africano. Ancora una storia di “made in Sicily” nel digitale, quella della Liscia Catanese, la pagina Facebook che spopola sui social, promossa da Andrea Carollo ed ispirata ad una sicilianità non volgare, immediata e diretta, fortemente radicata nelle abitudini, nelle tradizioni, nelle consuetudini del folcloristico popolo catanese. Un’iniziativa che ha sfruttato intelligentemente i nuovi format della comunicazione che i social media rendono oggi possibili, cioè una comunicazione “molti a molti” che assicura più condivisione e ovviamente maggiore democrazia nelle relazioni fra le persone. Un’altra interessante pagina di speranza è stata quella raccontata da Giovanni Di Mauro che insieme a Salvo Lodato ha dato vita al team Vaccarini Food inventando di sana pianta un’app che, scaricata sugli smartphone, semplifica la vita di tanti studenti delle scuole superiori al momento della ricreazione, evitando inutili ed estenuanti file al bar della scuola al momento di ordinare la classica merenda di metà mattina.

L’ultimo caso, quello della neonata compagine EMS, è stato raccontato dalla giornalista Rosa Maria Di Natale che insieme alle colleghe Erika Pinieri e Carmen Valisano sta provando a dialogare con le imprese del territorio per diffondere la cultura del brand journalism, un modo e nuovo diverso di comunicare al mercato partendo dallo “storytelling” e dunque dalla valorizzazione del “back stage”, del dietro le quinte, che per molte aziende siciliane, è spesso tanto importante quanto andare in scena.

Anche questa in fondo è sicilianità!

[foto di Marcello Nicolosi]

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