Lacrime azzurre

 

 | Salvo Reitano |

È finita. Tutti a casa. È stata una serata amara, una vergogna. Una mesta broccaggine si è impadronita dei giocatori azzurri. Undici spilungoni biondi venuti dalla Svezia, sprovveduti di tecnica, tranne qualche raro caso, ma non certo di coraggio e di voglia di battersi, hanno messo alle corde e poi mandato al tappeto di un’ignobile fine i nostri milionari calciatori, dei quali noi appassionati e tifosi siamo stati complici. Non ci sono parole per esprimere la rabbia che ha preso l’intera Italia pallonara per l’indecoroso spettacolo cui abbiano assistito.
Inutile ribadire il fatto che abbiamo toccato il fondo. Ci sono voluti sessant’anni e alla fine ci siamo riusciti. Niente mondiali in Russia. Ci piaccia o no questo è l’amaro verdetto. E poiché quasi tutto è storto nel pianeta calcio e nel nostro costume sportivo di questo autunno del 2017, dobbiamo, per consolarci, sperare che questa ennesima figuraccia serva a riportare la nostra patria calcistica su piani meno scandalosi nei confronti del mondo intero.
Gli azzurri lasciano San Siro in lacrime mentre gli esperti, non scordiamo che il nostro è un Paese di commissari tecnici, si affannano a cercare motivi e giustificazioni a un risultato che detto francamente dovevamo aspettarci.
Qualcuno piange e qualcuno se la ride. Ieri sera sui social, dopo il triplice fischio dell’arbitro, parafrasando il motto del movimento politico del nuovo presidente della Regione Siciliana, qualcuno ha perfino lanciato un hashtag : #diventeràfortissima . Non sappiamo quando, ma tutto sommato è di buon auspicio.
Francamente mai avremmo potuto prevedere questa débâcle. Pur considerando le disastrose partite giocate nel girone eliminatorio e quella di andata contro la Svezia, osavamo tuttavia sperare che una scuola calcistica quasi secolare potesse esprimere una prestazione almeno dignitosa, e neppure la peggior previsione che contro una squadra tecnicamente inconsistente si sarebbe maramaldeggiato, per usare un termine caro a Gianni Brera, ha avuto consistenza.
In effetti, come tutti abbiamo avuto modo di notare, gli svedesi non sono, dal punto di vista del gioco e del palleggio, tali da incantare, ma il loro brio, la loro determinazione hanno smontato, man mano che passavano i minuti, le residue velleità degli azzurri sino ad annichilirle. La disfatta è stata di tali proporzioni che trovare un colpevole è davvero impossibile. Tutti, nessuno escluso, sono stati incapaci di connettere e di costruire. Lasciamo ai colleghi dello sport le valutazioni tecniche. Noi, semplici spettatori e amanti del bel gioco abbiamo visto una squadra che si è spenta troppo presto, senza centrocampo e pronta a sciupare le poche occasioni sotto rete fino a scadere sui toni mosci delle giornate avverse.
Di contro, gli spilungoni biondi senza badare a finezze e ricorrendo al catenaccio tipico dell’Italia della pelota, hanno sempre saputo sventare ogni insidia, sia che fosse condotta su lanci lunghi, sia che fosse portata con azioni inevitabilmente confusionarie e pertanto di difficile concretizzazione a rete.
Lo smarrimento dei nostri giocatori più rappresentativi faceva strano contrasto con la povertà tecnica dei nostri avversari che sul terreno di gioco sembravano dei giganti.
Via via che il tempo passava una greve amarezza calava sull’animo di ognuno di noi e alla quale ci toccava reagire con sarcasmo e con la irriguardosa speranza che per farla completa gli svedesi avessero a segnare per rendere più schiacciante e incredibile questa disfatta.
L’incontro si è chiuso  a reti inviolate ma l’ennesima Waterloo del calcio italiano farà forse (ma vale la pena illudersi?) finire un ciclo di fatto fallimentare, insostenibile e insopportabile. Nulla è serio, nulla è fondato sulla realtà economica e sportiva del nostro calcio.
Il calcio italiano non esprime più talenti perché i settori giovanili non funzionano e ai nostri ragazzi fanno passare la voglia. E così i fantasisti e i fuoriclasse le squadre blasonate li cercano altrove. Dove sono i Baggio, i Totti, i Del Piero, per non andare troppo lontano. E se proprio vogliamo avventurarci a ritroso negli anni, dove sono i Mazzola, i Rivera, i Riva? E ancora Scirea, Antognoni, Paolo Rossi? Dove sono finiti quei giocatori capaci di prendere la squadra sulle spalle e farla girare per vincere?
Bisogna voltare pagina. La selezione venga effettuata da tecnici veri e non da ignoranti eternamente condannati all’empirismo.
Si avviino al calcio giovani atleti vogliosi di crescere e non smunte signorinelle che abbiamo visto miseramente pedalare e sentito esaltare in questi anni di desolante penuria di talenti.  Smettiamola una volta per tutte di parlare di moduli, di numeri, di alternative a questo o quel giocatore e di sciocchezze varie, per giustificare una brutta figura che non trova spiegazioni se non in incongrui errori di fondo, di facilonerie, di leggerezze, di sperperi indecorosi e colpevoli.
Il calcio non è quasi più uno sport, ma un rito con una complessa spirale di norme, cavilli, disposizioni tecniche e tattiche che complicano uno spettacolo all’apperenza semplicissimo.
Il gioco di pallone, la sferomachia, è sempre stato poetico: un atto puro, che anche attraverso decine di machiavellismi conserva dal principio un che di casuale, di fatale, e proprio per la sua imponderabilità che i veri talenti rendono possibile, fa gioire e fa piangere sia chi guarda sia chi celebra.
La Nazionale degli ultimi due anni non ha mai avuto consistenza né tecnica né agonistica. Non ha avuto talenti capaci di sfidare l’imponderabile. Fino all’ultimo abbiamo sperato in un recupero, ma sapevamo che non poteva avere luogo.
E’ bastata una modesta Svezia a dimensionare un gruppo sbagliato in partenza che è riuscito a vestirsi anche di ridicolo, accompagnato da speranze che, deluse, danno soltanto rabbia e malinconia. Restiamo a casa, mentre gli altri vanno in Russia a giocarsela, umiliati fino allo sgomento.
Domenica ritorna il campionato a scontare la sua comica elefantiasi.  Per parlare della Nazionale ci sarà tempo. Speriamo che chi assumerà la responsabilità di rifondarla si convinca che serve lavoro, sacrificio e scelte impopolari.  Forse un giorno #diventeràfortissima .

 
 

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