L’amore materno tra le righe

L’amore materno tra le righe

di Katya Maugeri

«Stanotte ho saputo che c’eri: una goccia di vita scappata dal nulla. Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d’un tratto, in quel buio, s’è acceso un lampo di certezza: sì, c’eri. Esistevi.
Mi si è fermato il cuore»
 [Oriana Fallaci, Lettera a un bambino mai nato]

L’amore incondizionato, quello che non conosce limiti o definizioni, quello che supera lo spazio temporale e si incarna in quel sentimento destinato a durare nonostante i cambiamenti, le difficoltà, la vita stessa. Non esistono manuali per essere dei bravi figli, non esistono manuali per diventare delle brave madri.
È un legame indissolubile che prescinde da ogni regola è quel cordone che mai si spezza, è l’odore costante di chi hai avuto in grembo, l’esempio da seguire, i consigli da dare consapevole che non verranno mai ascoltati. Capiti, un giorno. Quando la consapevolezza di essere figlio lascia spazio alla responsabilità di essere madre.

La letteratura è sempre stata scrigno prezioso e inesauribile di storie – biografiche e non – in cui la maternità ha sprigionato la sua massima luce.

Sarebbero numerose le opere da citare: le splendide poesie di poeti che hanno reso immortale il loro amore per la madre scrivendo versi intramontabili, ma ripensando alla letteratura come dimenticare la madre protettiva, donna forte e saggia, Margaret Curtis March, in “Piccole donne”opera letteraria di Louisa May Alcott, madre di quattro figlie. Mamma forte e tenace in attesa del marito – partito al fronte – punto di riferimento dinanzi a situazioni complicate, dolorose. Una donna che educa le figlie come essere umani e non solo ad essere donne, una madre che insegna loro a fare emergere la propria personalità senza timore di esporsi. Passi davvero poetici intrisi d’amore e gratitudine, “Sempre si giravano indietro prima di svoltare l’angolo, poiché la mamma sempre era alla finestra ad annuire e a sorridere, facendo cenni con la mano. In un certo senso era come se fosse loro impossibile trascorrere la giornata senza quel gesto, poiché, qualunque fosse il loro umore, l’ultima occhiata al quel volto materno, influiva su di loro come la luce del sole”.

Pagine che raccontano la gioia della maternità, la passione e la dedizione, personaggi femminili che la letteratura consacra all’eternità attraverso dialoghi e gesti che toccano l’anima del lettore, pagine che a volte raccontano capitoli di inferno, di dolore, di atrocità impossibili da accettare, come quello narrato magistralmente da Isabel Allende nella sua opera letteraria del 1995, Paula.  In questo toccante romanzo, infatti, l’autrice cilena racconta la sua vita. Con le sue parole, con lo stile inimitabile, Isabel Allende, espone tutta la forza che le madri possono trovare in situazioni atroci: Paula, figlia della scrittrice è una ragazza piena di vita, di amore, ma si ammala di porfiria. Un romanzo prettamente autobiografico, una fiaba raccontata con coraggio, per la figlia che caduta in quell’orribile coma non si sveglierà più.

La letteratura, in questo caso, dà sfogo ai dolori di una madre, ai suoi pensieri, alle sue ansie, concedendole uno spazio sul quale intingere le lacrime, “Lei è l’amore più lungo della mia vita, che è iniziato il giorno della gestazione e dura già da mezzo secolo, per giunta è l’unico realmente incondizionato, né i figli, né i più ardenti amanti amano così”.

L’amore incondizionato è arricchito da un rapporto di confidenza, di empatia, di totale abbandono  che spesso incarnata in versi diventano la parte sublime di una rivelazione, come “Supplica alla madre”, quella che scrisse Pier Paolo Pasolini mettendo a nudo la propria anima, perché è quello che si fa con la propria madre: le si affida la parte che nessuno potrà mai custodire e amare come lei, “È difficile dire con parole di figlio ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio. Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore, ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore”.

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