Legàmi – Légami

|Giuseppe Condorelli|

Il senso è nel ritmo. E nel suo spostamento. Scorre così dunque la vita nell’arte e viceversa. E la sua direzione è nell’accento, in quel suo viaggio breve ma abissale. Dal grave all’acuto. Un climax, il cui vertice coincide nel connubio artistico-sentimentale cui danno vita e forma Natale Platania e Giovanna Vinciguerra, appunto con “Legàmi – Légami”, in mostra da Spaziovitale, a cura di Rocco Giudice  e Antonio Vitale. Se Platania si muove sotto il sigillo di un‟apocalisse già compiuta” e dunque sulla sua ridicolizzazione estetica, Giovanna Vinciguerra, assai più giovane, attua nei suoi lavori un procedimento più simbolico per così dire, seppur fortemente intriso di riferimenti materiali e sensoriali.

Platania seguendo così la sua naturale curiosità vaga tra linguaggi diversissimi che si sono risemantizzati in operazioni multiformi e complesse i cui poli eccentrici potrebbero essere individuati da esperienze paradossalmente inconciliabili: dal virtuale – una sorta di “camera”  delle meraviglie (e molte delle sue creazioni si riferiscono non a caso ad interni), nella quale il “miracolo” di immagini, figure, fotografie, disegni, bmp & jpg, schegge e intelaiature di videogames, semplici frame – al pittorico, confermando “l’attualità inattuale” di cui parlava Giuseppe Frazzetto o la “macchina inutile” cui allude Rocco Giudice nella densissima nota critica. Anche i “nei” testimoniano lo sconfinamento: dal minimale alla ridondanza delle tavole di anatomia. Natale Platania diventa “complice” per sconfessare la società dei simulacri: una piacevole decostruzione, singolare e felice del modernariato virtuale e onnivoro. La stratificazione di Platania sembra suggerire non tanto e soltanto il piacere della sperimentazione quanto l’attenzione su ciò che “non” significano quelle immagini, quelle stampe digitali, quei segni grafici, quelle scritture visive: “comprendere cioè – scrive Antonio Vitale – il più vario, semplice, scartato, violato mondo oggettuale che lo circonda per vestirlo di significati ulteriori”.

Se per il primo la profondità è dunque svelata sotto l’illusorietà significante della “superficie”, per Giovanna Vinciguerra  è invece svelata al di sopra. Ferro e gesso, terracotta e laminato sono i materiali attraverso i quali l’artista indaga il sociale coniugandolo spesso anche alle dinamiche personali seppur trasfigurate, come nel caso de “La città delle donne”: dal riferimento colto (felliniano) a quello quotidiano in cui la donna è umiliata e oggetto di violenza. Ma giocano un ruolo decisivo sia l’iconografia catanese per eccellenza, quella del seno (agatino), che diventa una sorta di preziosissimo totem sacrificale, sia le stratificazioni del vissuto personale esemplarmente coniugate in “Diario” (tecnica mista, 2017), opera nella quale il senso del viaggio e delle sue esperienze formative diventa sacro, da circoscrivere ed evidenziare, quasi da sigillare in un silenzio ieratico.

Giovanna Vinciguerra è nata a Catania nel 1988. Diploma Accademico di II livello in Decorazione, presso l’Accademia di Belle Arti di Catania e l’Accademia di Belle Arti di Madrid. Ha lavorato a Yambol in Bulgaria. Ha lavorato nel Restauro e Conservazione dei Beni Culturali a Lisbona. Portogallo. Attualmente è docente di Videoscultura all’Accademia di Belle Arti di Catania. Natale Platania, classe 1961, catanese, si diploma nel 1984 nella Sezione Scultura dell’AA.BB. di Catania, dove è stato docente di Plastica Ornamentale e presso cui dirige attualmente il corso di Videoscultura. Dal 1984 progetta e realizza diverse iniziative nel campo delle arti visive. È uno dei più attenti nalisti della nuova problematica che si determina oggi alla confluenza tra l’antico sapere artistico e l’uso dei nuovi media. Pur restando profondamente connesso alle competenze proprie della scultura infatti, la sua produzione spazia con spregiudicatezza nell’intero ambito della più avanzata ricerca digitale.

 

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