L’uomo senza tonno: dalla Sicilia a Milano

Martina Pumo

MILANO – Casualità: quell’invisibile forza che inconsapevolmente, o quasi, rinnova le nostre vite ogni giorno. Ed è proprio lei ad aver cambiato per sempre la vita di Marco Giarratana, in arte L’uomo senza Tonno, lo scièf siciliano(nominativo coniato proprio da lui) che ha saputo fare del suo amore per la cucina un lavoro a tempo pieno. Ma la cucina non è l’unica passione di questo particolare cuoco. Il suo più grande sogno nel cassetto? Fare il musicista professionista, e in parte ci è riuscito con i suoi quattro dischi pubblicati. Ci ha raccontato che la fama non è arrivata, dice di non aver mai avuto molta fortuna, soprattutto quando ha perso casa e posto di lavoro in un’azienda di e-commerce nel giro di cinque giorni. Era la fine del 2015 e qualcosa stava cambiando: lui la chiama sfortuna, io cambio di rotta, seppur forte. Il nostro amato sciéf non si è dato per vinto. Marco ha iniziato a investire nel blog che aveva aperto a febbraio del 2012, uomosenzatonno.com, e i social sono diventati i suoi più grandi alleati.

Qui, la grande svolta. “Tramite i social il mio nome è iniziato a girare parecchio e quando una follower, o meglio, una Follouà, come chiamo i miei seguaci, mi ha chiesto di cucinare a casa sua per una piccola cena tra amici, mi sono lanciato senza pensarci troppo. Poi ho capito che forse questa poteva rappresentare uno sbocco lavorativo. E spingendo sui social questa mia attività, senza dimenticare ciò che ho imparato in 5 anni di lavoro nelle vendite online, adesso è diventato ciò che mi permette di vivere. Ma c’è voluto impegno, costanza, studio e caparbietà, nessuno finora mi ha regalato nulla e la reputazione me la sto guadagnando sul campo “ ci ha raccontato. Ed oggi i follouà crescono, ogni giorno di più, incuriositi da questo creativo lavoro fatto di cucina e passione. Tutto è iniziato così, o forse ancora prima, quando dalla Sicilia è approdato nell’uggiosa Milano. Era il 2010 e lo Sciéf era partito carico di astio verso la sua terra d’origine. Ci sono voluti sette anni per riappacificarsi con la sua terra grazie, ancora una volta, alla sua passione divenuta lavoro. Con il couchsurfing, Tonno inTour che lo ha visto ospite da persone che mai aveva visto prima, ha saputo mettere da parte l’astio e riappropriarsi dell’amore senza confini e riserbi. Ci ha raccontato dell’impatto contrastante di Milano che ha messo a dura prova la sua indole metropolitana: “È una città in cui integrarsi non è semplice, i rapporti umani sono più slegati, c’è tanta competizione sociale, è un posto che richiede una grande capacità di adattamento e di flessibilità.  Per la prima volta nella mia vita ho sperimentato il significato della parola Solitudine, nonostante sin da bambino sia un tipo abbastanza solitario, ma star da solo volontariamente è ben diverso da esserlo perché non hai nessuno con cui uscire a bere una birra. Crearsi un nuovo giro di amicizie è stato difficile, non nego di aver sofferto tanto e i primi 9 mesi, fatti di lavoretti saltuari come cameriere mi hanno fiaccato a tal punto da essere lì lì per andare via. Poi mi ha chiamato Groupon per un colloquio, ho ottenuto il posto e sono rimasto. E Milano è definitivamente diventata Casa Mia.”

Una casa fatta di frenesia, sì, ma anche buon cibo. Numerosi sono i piatti che L’Uomo senza Tonno ha citato quando abbiamo parlato della sua nuova casa, confidandoci che quando pensa alla Lombardia pensa ai formaggi, dal Taleggio al Salva Cremasco, passando per il Pannerone di Lodi, il Bitto, il Casera. Ama definire la Lombardia il suo paradiso caseario. Ogni città viene raccontata, rappresentata attraverso un piatto: i tortelli mantovani e la mostarda cremonese, il riso e rane di Vigevano o la polenta alla concia delle valli. Una tradizione culinaria fatta di piatti, tappe e di storia, quella di chiunque li prepara e li assaggia.  “La cucina milanese sa stupirti quando ben eseguita”. Afferma che il risotto allo zafferano è il non plus ultra, soprattutto se con gremolada e ossobuco. Poi la cotoletta, il rognone, i nervetti, la cassoeûla. Ci mette passione, anche nel scegliere i piatti da citare. Marco è così: passione mossa da ironia e capacità di farsi amare e tutto ciò traspare anche attraverso i social, la sua arma per far conoscere il suo talento. Ci ha raccontato di come Milano non sia soltanto tradizione: segue le mode facendole sue, prende e ricrea, riforma. Ciò permette a chiunque di vivere esperienze culinarie curiose, provando cucine provenienti da tutto il mondo. La realtà mondiale culinaria si incontra tre le strade meneghine. “Io tante cose credo che non le avrei mai scoperte se non avessi vissuto a Milano, le sono debitrice in questo.” E poi abbiamo parlato della sua terra, la Sicilia e non ha esitato a dichiarare che renderebbe la caponata e la parmigiana di melanzane patrimonio dell’umanità, soprattutto quando vengono fatte da sua nonna. Questi non sono solo due piatti che adora ma anche le uniche due portate fuori stagione che tiene tutto l’anno sul suo menù di scièf a domicilio.

E poi la pasta con le sarde e il finocchietto, il pane cunzatu. Adoro il macco di fave e le sarde a beccafico, il baccalà agghiotta e tutto il cibo da strada, soprattutto la roba hardcore palermitana: pane ca meusa, pane e panelle, la frittola.” Un infinito elenco di bontà, senza dimenticare i dolci che tanto ama cucinare ma non gustare e la cucina calda, “fatta di arancine o arancini che dir si voglia” e precisa “Poi smettiamola con questo ritornello secondo cui certe cose si mangiano solo in Sicilia: puoi mangiare un arancino/a buonissimo anche fuori, così come ne ho mangiati di pessimi dentro l’isola. A chi commenta con le solite esternazioni da Signor Precisetti ogni volta che posto una Palla Di Riso Ripiena e Fritta sui social non rispondo neanche, tutto ciò mi annoia.”

Marco è così: diretto, non usa giri di parole ma è capace di farsi amare, merito anche del suo approccio così vicino e senza barriere che riesce ad instaurare con i suoi follower e dell’amore per la cucina che trasmette ogni giorno. La musica resta uno dei suoi più grandi amori, così lontana per molti dalla cucina eppure così simile per lui. “Sono molto più simili di quanto si possa pensare, almeno per come la vedo io. Quando creo un piatto parto da un ingrediente e attorno sviluppo tutto il resto, immaginando assonanze e contrasti di sapore. Quando scrivo una canzone parto da un motivo melodico e attorno a quello costruisco il resto del brano giocando su dissonanze e consonanze. Musica e cucina hanno proprie sintassi e grammatica ma si può rompere le regole. Puoi suonare la chitarra avendo imparato un metodo impostato e accademico oppure creando un tuo stile. Stessa cosa in cucina e io me ne sono reso contro essendo autodidatta in entrambe le cose. All’inizio percepivo questo mio “essermi costruito da solo” come una sorta di handicap, adesso ho capito che è il mio vero punto di forza, mi rende imprevedibile e libero dalle impostazioni. Ne vado fiero ma so di dover studiare ancora tanto, ogni piatto ben fatto o una canzone che mi sembra meravigliosa non è mai motivo di compiacimento per me, bensì un ennesimo punto di partenza.

Ecco cos’è Marco: un artista, capace di far parlare le sue opere attraverso il suo talento. Entrando non solo nei cuori dei suoi fan ma anche nelle loro case, lo scièf a domicilio ha saputo offrire il suo stile. Ma non è un lavoro comune, ci sono delle regole da seguire, delle caratteristiche da avere per riuscire a conquistare la fiducia, e i palati, dei propri clienti. “La mia idea è quella di un Ristorante Itinerante, offro ai miei clienti piatti diversi dal solito, infatti spendo tanto tempo e denaro per fare esperimenti, vado in giro per i mercati, botteghe e supermercati di Milano ogni giorno a caccia di ingredienti nuovi, che sia una spezia, una radice poco conosciuta o un formaggio che devo farmi 40 minuti di metro ogni volta per andare a prenderlo. Dietro una cena c’è una mole di lavoro, di ricerca e di studio personale che molti clienti non immaginano. Poi, ci sono accorgimenti pratici.” E aggiunge “Quindi si deve essere padroni della ricetta ma con la capacità di improvvisare e trovare immediate soluzioni a quei piccoli problemi che possono rivelarsi fatali se non fronteggiati in tempo. Ma tutto ciò è impossibile senza la cosa più importante, ovvero la capacità di saper gestire l’ansia, la paura di sbagliare. Bisogna essere come i samurai, trasformando la paura di fallire in fuoco per la buona riuscita di un piatto.” Non un cuoco, non un food blogger ma un professionista che ha avuto la forza di reiventarsi e reinventare una professione, facendola sua. Molti sono i progetti in vista, dalla stesura del libro con Longanesi, che uscirà il prossimo anno, alla creazione di nuovi piatti. Aggiornerà il blog, viaggerà, approfondirà lo studio della cucina e dell’alimentazione. E poi tornerà a suonare, magari scriverà un altro album da solista, il primo Blackwhale è del 2016.

E ovviamente, i suoi follouà lo accompagneranno, passo dopo passo, verso il suo prossimo traguardo.

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