Pippo Giordano, il sopravvissuto a Cosa nostra

|Katya Maugeri|

La mafia, quella sanguinaria, che spara senza voltarsi e senza temere, quella che uccide in pieno giorno, l’ascesa di Riina e dei corleonesi, quella Sicilia macchiata di sangue, lui l’ha conosciuta, vivendo in prima linea e accanto ad amici e colleghi come Beppe Montana, Ninni Cassarà, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ex ispettore della DIA di Palermo, Giuseppe Giordano, racconta quegli anni per ricordare gli eroi che per mano di Cosa nostra sono stati uccisi, e per sensibilizzare la gente alla cultura della legalità. Della sua esperienza, dei suoi colleghi uccisi dalla mafia ne parla nel suo libro “Il sopravvissuto”. A venticinque anni dalla strage di via D’Amelio troppi i punti interrogativi che lasciano spazio all’amarezza, è notizia dei giorni scorsi la sentenza del Borsellino Quater secondo cui Scarantino fu indotto a mentire. “Provo disgusto, che dopo 5 lustri non siamo stati capaci di scrivere la parola fine sulla strage di via D’Amelio – dichiara Pippo Giordano – il disgusto non è disgiunto all’amarezza nell’apprendere la vicenda di Scarantino. In uno Stato serio, la “questione” Scarantino, dovrebbe avere la priorità nell’agenda politica nel dare risposte non solo ai familiari delle vittime della strage di via D’Amelio, ma al Paese intero. Invero, tutti fanno gli gnorri e gli smemorati, come se la vicenda fosse di normale routine. “Il mio ricordo del 19 luglio 1992 è nitido e vivo più che mai – continua Giordano – io e il dottor Borsellino ci eravamo salutati il venerdì 17 luglio, dopo aver terminato l’interrogatorio del collaboratore Gaspare Mutolo, con la promessa di rivederci il lunedì o il martedì se fosse andato in Germania. Invece la domenica, mentre ero in spiaggia, una vicina di ombrellone commentava con altri la strage di via D’Amelio, appena battuta dalle agenzie. Immediatamente dopo il mio cellulare di servizio iniziava a suonare. Non ho risposto, rimasi basito, sapevo già che era il mio ufficio, la DIA di Roma.

Quanta superficialità nel dimenticare sia i vivi che i morti e ricordarsi solo legati a una data, “è una prassi consolidata in primis dallo Stato, che notoriamente si ricorda dei morti, solo ed esclusivamente negli anniversari. Sovente ho scritto che sono “pupiate” mediatiche, solo per dare visibilità al politico di turno. Per quanto riguarda i “vivi”, basta ricordare, per tutti, Giuseppe Costanza, sopravvissuto alla strage di Capaci e ignorato per oltre 4 lustri dalla Stato”. E sul caso Bruno Contrada, “Qualcuno in privato mi ha chiesto un parere sulla decisione della Cassazione sul caso Contrada. Lo ribadisco ulteriormente, che non ho mai fatto riferimento alla vicenda del dottore Contrada, e non lo farò nemmeno ora. Ho sempre scritto che lo incontrai rare volte mentre ero in servizio alla Mobile palermitana, e di non aver mai scambiato nemmeno una parola con lo stesso. Tuttavia, quand’ero alla DIA fui coinvolto nell’attività investigativa su fatti riguardanti  Contrada. Ed è per questi motivi che mi sono sempre astenuto di esprimere commenti”.

Cos’è cambiato  dagli anni in cui il popolo siciliano, omertoso, affermava che la mafia non esisteva? Oggi che conosciamo nomi, cognomi e dinamiche siamo più forti di loro? “Mi permetta di correggerla. Non era il popolo a negare la presenza della mafia, ma lo Stato in prima persona. Sin da picciriddu ho appreso che esisteva la mafia, il che è tutto dire. Oggi non siamo affatto più forte. La lotta alla mafia a partire dall’Unità d’Italia, ha registrato altalenanti “interesse” da parte di che aveva ed ha l’obbligo di assicurare uno Stato senza condizionamenti mafiosi. E’ vero, per certi verso abbiamo “scummugghiato” tante pentole piene di intrecci tra mafia e politica, abbiamo conosciuto i nomi del gotha mafioso, ma non siamo stati in grado di pronunciare la parolina magica per la quale innocenti servitori dello Stato, sono stati uccisi. La mafia non esiste più. Mi spiace dirlo, non accadrà mai, almeno che i politici non taglino il cordone ombelicali che li vede uniti ai mafiosi. Vorrei essere smentito”.

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