Regionali, "Meglio soli che ascari di Alfano"


|Katya Maugeri|

“Ho messo nel conto tutto: tranne la rassegnazione. L’idea cioè che questa Sicilia debba rimanere sempre e solo luogo smarrito, colonia svenduta, terra di risulta. E che non meriti nemmeno una disobbedienza, un gesto di coerenza, l’azzardo di una sfida” Sono queste le forti dichiarazioni di Claudio Fava, candidato alla Presidenza della Regione siciliana con i partiti della sinistra, scritte sulla propria bacheca Facebook.
Continua: “avrei potuto rifiutare, per molte buone ragioni di convenienza personale e politica. Per evitare gli sfottò, i risentimenti, le preoccupazioni. E invece non mi tiro indietro”.
Senza mezzi termini, giri di parole o banale propaganda, dichiara inoltre di aver messo in conto anche “lo sfottò, prevedibile, sulla mia residenza (cambiata!). Il risentimento – così, a prescindere – di qualche vecchio compagno malmostoso. L’analisi del sangue di quelli per cui Fava “non è abbastanza” oppure “è troppo”. Dopo l’ufficializzazione alla sua candidatura, Claudio Fava ha ottenuto critiche e parecchi consensi rilanciati sui social anche dal senatore Francesco Campanella: “Finalmente cambia il vento all’interno della sinistra siciliana e si ritrova l’unità con la candidatura di Claudio Fava alla presidenza della Regione. Abbandonate le incomprensioni e le mille divergenze che hanno spesso caratterizzato la sinistra nella nostra Regione si confluisce tutti su un nome condiviso ampiamente, dimostrando che quando si vuole si riesce ad essere uniti e credibili sotto lo stesso tetto e verso la stessa direzione. Era necessaria un’unione di tutta la sinistra per tutti i cittadini che credono nei principi e nei valori che portiamo avanti. Adesso occorre lavorare tutti insieme a un progetto di rottura radicale col passato che va da Totò Cuffaro passando per Raffaele Lombardo arrivando a Rosario Crocetta, capace di suscitare sentimenti di speranza e desideri di partecipazione nella battaglia per il cambiamento”.

“La preoccupazione (questa sì, autentica) di chi mi vuol bene e sente in questa campagna elettorale molte fatiche, molte insidie, molta asprezza – continua Claudio Fava – non ho cercato io questa candidatura – continua – non mi sono proposto. Me l’hanno chiesto sulla soglia di un bivio. Accettare di essere gli inutili ascari nella coalizione con Alfano; oppure andare da soli, provando a cercare un voto largo, vasto, libero e d’opinione: tutto, tranne che di testimonianza. Avrei potuto rifiutare, per molte buone ragioni di convenienza personale e politica. Per evitare gli sfottò, i risentimenti, le analisi del sangue, le preoccupazioni. E invece non mi tiro indietro. Perché dalla politica ho avuto molto e di fronte a quest’ultima chiamata voglio mettere da parte ogni convenienza. Perché considero questa campagna elettorale un mio dovere e al tempo stesso la sento come il mio commiato: e un commiato che fosse solo una fuga sarebbe triste. Infine perché non intendo rassegnarmi alle squisite ragioni di chi dice che la Sicilia è ormai irredimibile, che il voto d’opinione non esiste più per cui bisogna turarsi il naso, piegarsi al compromesso oppure andarsene per sempre.
Da quando ho cominciato a fare politica a fianco di Leoluca Orlando (è lui che ai tempi della Rete m’insegnò il primato della coerenza, qualunque fosse il prezzo da pagare) ho sempre saputo che questa è una terra appassionata e ingrata. Da dissodare e da seminare giorno per giorno senza farsi troppe illusioni sul raccolto: basterà una giornata di tempesta a portarsi via tutto. E di giornate di tempesta ne abbiamo incontrate molte. Verrebbe voglia di dire basta, vero? Arare, seminare: per chi? Per cosa? Leggo perfino un florilegio di post dove anche la vita e la morte di Giuseppe Fava diventano gioco di parole oscene, il ricamo di miserabili calunnie perché tutto è lecito quando c’è da sputare sul candidato.
Ripeto la domanda: che si fa, allora? Tutti con Alfano? Facciamo i puri e gli incazzati e ce ne restiamo felicemente al balcone di casa? Aspettiamo che qualcuno faccia un passo avanti e subito gli spariamo sui piedi? Oppure pensiamo solo a ciò che ci conviene? A i costi e ai profitti? A non scontentare nessuno?
Ecco come stanno le cose: a me non conviene candidarmi ma lo faccio lo stesso. Non per fare la guardia alla bandiera ma per andare a cercare anime libere oltre l’ombra di ogni bandiera. E lo farò assieme a Ottavio Navarra, un antico amico e compagno di cento battaglie. don Milani diceva: a che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca? E Giuseppe Fava scriveva: a che serve essere vivi se non si ha il coraggio di lottare? Belle domande. Ci servono solo per intarsiare lapidi e per scrivere fiction.
Sarebbe utile se, ogni tanto, accanto alla celebrazione di martiri ed eroi ragionassimo – in silenzio – sulle parole che ci hanno lasciato”.

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