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Una rubrica che parla di dizione, perché?
| Virginia Scarfili |
La dizione italiana corretta denota l’amore e la passione per la nostra lingua e, probabilmente, meriterebbe un po’ di attenzione in più in generale, considerando che la distinzione scritta tra vocali aperte e chiuse viene utilizzata solo per pochissime parole. Ed ecco che allora sorge la domanda: “a cosa serve la dizione?”. Probabilmente non c’è una risposta che riesca ad accontentare tutti senza che qualcuno storca il naso. Questo probabilmente accade perché in molti trovano la propria personale inflessione come un tratto distintivo e caratteristico e in alcuni contesti di comunicazione si tratta di un’idea dotata di un suo senso. Ci sono contesti nei quali però la corretta ortoepia e quindi la corretta pronuncia delle parole è fondamentale come ad esempio lo speakeraggio, il doppiaggio, la recitazione, il giornalismo che pretendono un utilizzo della lingua italiana preciso e puntuale senza la percezione di particolari inflessioni su tutto il territorio nazionale.
Si potrebbe dire che la dizione serve a intercettare un’intera platea potenzialmente al nostro ascolto senza che essa percepisca la nostra provenienza e, allo stesso tempo, funga da codice di riconoscimento tra gli addetti ai lavori. Stravolgendo il tutto potremmo affermare che la dizione non “serve” a qualcosa ma “serve” qualcuno: e se ne fa uso per rendere più efficace il nostro messaggio ed evitare di escludere quote di pubblico altrimenti lontane da noi.
Uno strumento che non è indispensabile, certo, ma che in tempi di disaffezione dall’ortografia, dalla grammatica e più in generale dall’italiano corretto può fare decisamente la differenza.
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