A Linguaglossa il velo di Sant'Agata

A Linguaglossa il velo di Sant'Agata

di Umberto Trovato

LINGUAGLOSSA – Un evento senza precedenti nella storia della comunità ecclesiastica linguaglossese: ovvero l’accoglienza del velo di Sant’Agata, che di rado viene condotto fuori dalla diocesi di Catania. Due Santi patroni, attraverso le loro reliquie, si sono dati appuntamento nella chiesa madre di Linguaglossa nel segno di una devozione verso di loro capace, in vari periodi storici, di propiziare il miracolo del blocco dell’avanzata della lava sia per Linguaglossa per che per Catania. Sant’Egidio e sant’Agata, rispettivamente patroni del comune etneo e di Catania, si sono dunque incontrati perchè accomunati dallo stesso prodigio del quale sarebbero stati fautori nel corso della storia dell’umanità: la fine dell’incedere del fiume lavico sgorgato dal vulcano Etna.

E’ questa l’essenza della straordinarietà dell’avvenimento materializzatosi nel principale luogo di culto di Linguaglossa. La finalità della celebrazione era quella di rievocare il ricordo del miracolo avvenuto il 17 giugno del 1923. Allora, al pastorale di Sant’Egidio fu attribuito il blocco del fiume di lava che, dopo aver distrutto l’abitato di Catena, minacciava Linguaglossa. La lava però risparmiò la predetta località. Sotto la guida del vescovo dell’epoca, ovvero il cardinale Fernando Cento, fu portato in processione il pastorale del Santo al quale fu attribuito il miracolo della lava arrestatasi. Su input dell’arciprete di Linguaglossa Orazio Barbarino ha così preso corpo un avvenimento teso ad onorare il 96° anniversario della colata lavica che minacciò il comune etneo: cioè l’incontro con il velo di Sant’Agata, cui fu attribuito in più di una circostanza lo stesso prodigio compiuto dal pastorale di Sant’Egidio: l’arresto del fiume di fuoco proveniente dall’Etna, che, oltre a minacciare Catania, ha costituito un pericolo anche per altri comuni dell’hinterland catanese tra i quali Nicolosi. Famoso il miracolo del 252, quando il velo di Sant’Agata venne opposto all’avanzata della lava a un anno dal martirio e dalla morte della Santa. Proprio il 5 febbraio, il fiume di lava arrestò la sua corsa e il velo da bianco diventò rosso. Relativamente alla celebrazione dell’incontro tra le due reliquie, dopo l’ingresso in città del corpo bandistico “Vincenzo Bellini” città di Maletto, diretto dal maestro A. Sapienza, il cero devozionale e il busto reliquiario di Sant’Egidio Abate sono stati condotti fuori dalla Chiesa Madre per poi fare tappa in piazza dei Vespri Siciliani per la solenne accoglienza del velo di Sant’Agata. La processione verso la chiesa Madre è stata seguita dalla concelebrazione eucaristica presieduta da monsignor Barbaro Scionti, portatore del velo di Sant’Agata. Scionti è stato affiancato, durante la processione, da Claudio Consoli, maestro del fercolo della Santuzza. Nel corso della celebrazione, l’arciprete di Linguaglossa Orazio Barbarino, alla presenza del vice sindaco di Catania Roberto Bonaccorsi, del sindaco di Linguaglossa Salvo Puglisi e della presidente del consiglio comunale Elisa Motta, ha specificato che l’accoglienza del velo di Sant’Agata nasceva dall’esigenza di evidenziare come questa santità coinvolgesse la comunità locale, la quale vuole tornare a camminare nelle strade del martirio. Pertanto diveniva imprescindibile mettere insieme le due santità, quella di Egidio e quella di Agata, dentro un’unica e grande esperienza. Monsignor Barbaro Scionti ha invece evidenziato come Sant’Agata costituisce uno strumento attraverso il quale il popolo di Dio ha potuto tastare l’amore di Dio. Pertanto negli interventi miracolosi non avrebbe vinto solo la presenza del velo di Sant’Agata ma anche la devozione di un popolo che, raccolto in preghiera, bussava al cuore di Dio servendosi dell’intercessione della Santa. Inevitabile per Scionti è stato il riferimento al 24 maggio del 1886, quando la lava stava per distruggere vigneti minacciando l’abitato di Nicolosi. Il cardinale Dusmet però, forte della presenza del velo, convocò il popolo. La preghiera tesa ad invocare l’amore di Dio, fu proficua poichè tale amore non tardò a farsi sentire preservando dalla distruzione una comunità metaforicamente aggrappatasi al velo di Sant’Agata. Il significato di tutto ciò, secondo Scionti, è che quando la rovina sembra piombare, la chiesa invita a bussare al cuore misericordioso del Signore. Inevitabile il riferimento a Sant’Agata che non visse il martirio con occhi rabbiosi, poichè aveva rimesso tutto nelle mani di Dio. Dunque non esisterebbe passione o morte che non diventi resurrezione per i cristiani. Pertanto chi intende vivere da discepolo di Cristo non sarebbe esonerato dalla sofferenza e dalla morte, che però condurrebbero alla gloria eterna se vissute nella serenità dell’offerta con gioia del proprio contributo di sangue. I santi quindi, secondo Scionti, insegnerebbero a ritrovare la speranza. Conseguentemente nè un pastorale (bastone) nè un velo creano un miracolo ma lo crea solo un’umanità in preghiera guidata da Santi condensati in segni di loro appartenenza con i quali bussare al cuore di Dio. Alla celebrazione hanno partecipato la confraternita di Sant’Egidio, guidata dal governatore prof. Salvatore Castorina, la confraternita dell’Immacolata, l’associazione “Amici di San Rocco”, la commissione di festeggiamenti in onore di Sant’Egidio, il gruppo ministranti “San Giovanni Bosco”, la corale linguaglossese “Filippo Paolo Mangano” diretta dalla maestra Tania D’Agostino e da Nino Di Francesco e la corale “Sant’Agata” di Catania diretta dal maestro Puccio Sanfilippo.

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