di Nuccio Randone
La democrazia ha una struttura ontologica “diarchica” in quanto il voto libero e la libertà d’opinione la costituiscono ontologicamente distinguendola dalle dittature dove i cittadini sono dei senza voce, privi della libertà di pensiero, di parola, di stampa, di opinione e “passivi agli ordini che ascoltano e a ciò che vedono”. Questo carattere diarchico della democrazia fa si che la sua finalità, a differenza delle dittature totalitarie, non sia quella di “imporre una specifica idea di società perfetta” ma di realizzare una società migliore e sempre migliorabile grazie alla partecipazione attiva dei cittadini alla res publica.
Oggi un discorso serio ed effettuale sulla “democrazia” non può più prescindere dalla sua concrezione locale: il criterio per distinguere una buona da una cattiva “democrazia locale” risiede nella capacità che questa ha, attraverso i suoi amministratori, di garantire e promuovere “la questione morale”: amministratori pubblici che ottengono sul piano politico-amministrativo risultati eccellenti ma in collusione, ad esempio, con le mafie locali, o attraverso mezzi amministrativi poco trasparenti come il “fiancheggiamento” della burocrazia locale e dei “presta firma”, possono ancora definirsi democratici? I cittadini di tali realtà sono ancora liberi o sono “ricattati” e “ricattabili” moralmente dai risultati?
Se è vero che “tutto è politica”, questa se corrotta e nei mezzi e nelle pratiche, “fabbrica soggettività” corrotte, governati passivi e risultati drogati ovvero dannosi, a lungo termine, per i cittadini che magari nel presente ne usufruiscono i benefici.
Il fine non giustifica i mezzi, ma questi ultimi determinano e strutturano anche il fine stesso, motivo per cui la “questione morale”, la necessità cioè che gli amministratori tornino a ispirarsi e ad agire secondo i principi di “onestà e correttezza nella gestione delle istituzioni, dei poteri dello Stato e del denaro pubblico” (Enrico Berlinguer), deve sempre precedere e determinare la “questione politica”.
La vittoria della questione morale consiste dunque nell’evitare che i buoni risultati giustifichino qualsiasi mezzo per ottenerli permettendoci, inoltre, di attraversare il guado dal paradiso terrestre di una società perfetta verso quella “città degli uomini” dove abitarla assume una dimensione politica rendendo le nostre città “espressione di un progetto comunitario”, luogo di una solidarietà fondata non nel paternalismo classista ma nella fiducia reciproca e svuotando sempre più quei luoghi dove “dilagano corruzione e ingiustizia”.