Abbiamo bisogno di donne in politica

Abbiamo bisogno di donne in politica

di Carlotta Costanzo

Il mondo ha sempre più bisogno di donne in politica. Purtroppo, però, il numero di donne coinvolte in questo ambito è molto basso. 

Secondo un report del Parlamento Europeo, nel 2018, la percentuale di donne in politica ha raggiunto il 24.1% su scala globale. Invece, facendo un salto sui dati online di Eurostat, nel 2019, i posti occupati da donne nei parlamenti nazionali o nei governi nazionali dei 27 Paesi Membri dell’Unione Europea ammontano al 32.1% dei seggi totali (dati aggiornati al febbraio 2020). Le due percentuali, tuttavia, non possono essere comparate dato che i dati di Eurostat fanno ovviamente riferimento ai paesi più sviluppati del pianeta, mentre se si mantiene un approccio globale la percentuale cala drasticamente. Pertanto, da un punto di vista generale, ciò che accade giocando con le statistiche non è troppo lontano da quello che vediamo ogni giorno. Ancora ci stupiamo che una donna diventi parlamentare, presidente, vicepresidente, o ancora ministro, quando dovrebbe essere una cosa assolutamente normale

E se i media sono lo specchio della realtà, questa tendenza è confermata anche dai dati presentati dal Geena Davis Institute on Gender in media. Quest’ultimo, infatti, si occupa di raccogliere dati sulla presenza di figure femminili nel mondo dello spettacolo. Lo stesso progetto ha messo in evidenza che nei film campioni d’incassi del 2018 solo il 24% dei personaggi femminili ha un ruolo da leader. Realtà e finzione continuano a combaciare, rendendo la distanza tra i due mondi sempre più sottile. 

Nelle istituzioni politiche contemporanee, e in particolare nei parlamenti, la presenza della componente femminile è stata generalmente garantita dal sistema delle “quote rosa”, o “quota di genere”. Il meccanismo delle quote ha suscitato diversi atteggiamenti sia da parte degli attivisti della parità di genere che della società civile. Le donne sono infatti stanche di andare avanti nel mondo della politica per mezzo del loro genere più che delle loro capacità e qualifiche. In un TEDTalk per il Trinity College di Dublino, Martina Fitzgerald, giornalista politica e scrittrice, ha argomentato il sistema delle quote rosa dicendo che «in un mondo ideale, non avremmo bisogno di quote di genere. Ma non viviamo in un mondo ideale». È innegabile che la parità di genere per raggiungere ruoli di potere è lontana dall’essere un processo automatico. Ma non ci si può nemmeno arrendere a priori. Non si tratta di un discorso ideale o femminista, ma di educazione e istruzione.

In effetti, i dati ricavati da diversi studi empirici sulla capacità delle donne di gestione delle crisi, delle operazioni di pace, della gestione dei conflitti sembrano evidenziare che le stesse abbiano una marcia in più nella capacità di garantire il welfare dello Stato. Uno studio del CORDIS (COmmunity Research and Development Information Service) afferma che nella gestione del coronavirus siano stati pochi i Paesi a conduzione femminile che non siano stati capaci di affrontare la crisi pandemica ed economica in modo ammirevole. La co-autrice di questa ricerca, Supriya Garikipati dell’Università di Liverpool, ha dichiarato per mezzo stampa che «le donne al comando hanno reagito in maniera più tempestiva e risoluta di fronte alla minaccia di potenziali vittime» (riporta l’articolo del CORDIS). Che questo sia imputabile all’ etica della cura di Virginia Held è difficile da dimostrare, ma non impossibile. La filosofa Virginia Held, infatti, afferma che le donne hanno un quid in più nel garantire i diritti umani grazie alla cosiddetta etica della cura, cioè all’innata capacità delle donne di prendersi cura dell’altro. 

Ad ogni modo, senza divagare troppo in discorsi filosofici, gli studi di genere raccolti nell’articolo scientifico di T. Gizelis (2018) sembrano confermare quanto detto. La studiosa, dapprima, fa riferimento agli studi di Capriolo (2000, 2005) e Melander (2005), che si concentrano sull’uguaglianza di genere e sul differenziale di potere tra uomini e donne. Secondo queste ricerche, infatti, le società ad elevata parità di genere tendono ad avere meno conflitti interni ed esterni allo Stato. Il primo studio del nesso tra genere, conflitto e pace è però attribuibile al gruppo della Folke Bernadotte Academy (FBA), il quale decide di analizzare la questione di genere attraverso un approccio empirico. Questo studio, in particolare, sottolinea tre aspetti: in primo luogo le operazioni di ricostituzione della pace condotte dall’ONU in contesti post-conflittuali danno migliori risultati quando le donne sono maggiormente emancipate; in secondo luogo, quando personalità femminili sono coinvolte nei processi politici decisionali vi è un’alta probabilità che gli accordi di pace si trasformino in riforme di pace; infine, alcuni studi in paesi sviluppati, come Svizzera e Svezia, mostrano come le governanti donne spendano molto di più in politiche di welfare, piuttosto che di warfare. Questi studi, tuttavia, non sono supportati da sufficienti dati empirici e sistematici che dimostrino l’esistenza di un nesso causale tra questione di genere e processi di pace. Molte ricerche si stanno concentrando su questi aspetti e gli studi di genere continuano a prendere sempre più piede. 

Pertanto, nonostante i nessi causali siano sempre difficili da ricavare, l’evidenza scientifica mostra però che la presenza della componente femminile nello scenario politico sia una grande risorsa per i processi inter- e intra-statali. È infatti innegabile che molti dei paesi più sviluppati al mondo – cioè quelli in cui il livello tra economia, welfare e sviluppo umano è alto – siano guidati da figure femminili. In conclusione, non si tratta di garantire dei “posti” alle donne, ma di modificare e ricalibrare la cultura dei nostri popoli.

WE NEED WOMEN IN POLITICS 

The world needs women in politics. Unfortunately, the number of women involved in this field is so low. 

According to a report made by the European Parliament, in 2018, the percentage of women in politics at the global level has reached the 24.1%. Instead, moving towards Eurostat online data, in 2019, women-occupied seats in the national parliaments and governments of the 27 European Member States amounted to the 32.1% of the number of total seats (data updated to february 2020). The two percentages, though, cannot be compared since Eurostat data obviously make reference to the most developed countries in the world, while, if we maintain a global approach the percentage decreases drastically. Therefore, from a general point of view, what occurs in data is not so different from what we see every day. We still surprise that a woman can become a parliament member, president, vice president, or even minister, while it must be so normal. 

Moreover, if media are a mirror of reality, this trend is confirmed by the Geena Davis Institute on Gender in media’s data. This latter, indeed, deals with collecting data about the presence of female figures in the show business. The same project highlighted that, in 2018 blockbuster movies, just a mere 24% of female characters had a leader-role. Reality and fiction continue matching, making the distance between the two worlds thinner and thinner. 

In contemporary political institutions, and mainly in parliaments, the female involvement is generally granted through the system of “pink quotas”, or “gender quotas”. The quota mechanism has opened up different behaviours both by gender-equality activists and by the civil society. Women, indeed, are tired of going on in the political world more for their gender than for their skills and qualifications. In a TEDTalk at the Dublin Trinity College, Martina Fitzgerald, political journalist and writer, has argued that the quota-system saying that «in an ideal world we wouldn’t need gender-quotas, but we are not living in an ideal world». It is undeniable that gender-equality in achieving powerful roles is far from being automatic. But we cannot surrender beforehand. It is not related to ideal or feminist topics, it’s a matter of education and instruction. 

Actually, data from empirical studies on women ability in the management of crises, peace-keeping and peace-building, management of conflicts show that they have an edge over in the ability to grant the welfare in a State. A CORDIS’ study (COmmunity Research and Development Information Service) discusses that in the coronavirus management there are very few female-led States which did not manage the crisis admirably. The co-author of this research, Sapriya Garikipati from the University of Liverpool, declared through press that «women leaders answered promptly and firmly in the face of a threat of possible victims» (the CORDIS article says). That this is attributed to Virginia Held’s ethics of care is difficult to prove, but not impossible. The philosopher Virginia Held, indeed, argues that women have something more in granting human rights thanks to the so-called ethics of care, that is the innate ability of women to take care about the others.

However, without getting lost in philosophical discussions, gender studies collected in T. Gidelis’ (2018) scientific article appear to confirm what we have just said. The scholar, firstly, makes reference to Capriolo’s (2000, 2005) and Melander’s (2000) studies, which focus on gender equality and powers differentials between men and women. According to these researches, gender equal societies tend to have fewer conflicts both internally and externally. Still, the first study on the gender, conflict and peace nexus was conducted by the Folke Bernadotte Academy (FBA), which decided to analyse the gender issue through an empirical approach. This study, mainly, underlines three aspects: first, post-conflict peace-building operations under the UN generally lead to better results when women have a greater degree of empowerment; second, when women are involved in the political decision-making process, there is a higher probability that peace agreements turn into peace reforms; finally, some studies in developed countries, such as Switzerland and Sweden. Show how female legislators spend more in welfare policies rather than in warfare. These studies, though, are nor supported by enough empirical and systematic data which display a causal nexus between the gender issue and peace processes. Many researches are focusing on these aspects and gender studies continue to take hold. 

Therefore, although causal nexuses are always difficult to find out, the scientific evidence highlights that the presence of female personalities in the political scenario is a great resource for inter- and intra-state processes. Indeed, it is undeniable that the most developed countries of the world – that means those in which the level between economy, welfare and human development is high – are led by female figures. To conclude, it is not just an issue to grant “seats” to women, but to modify and recalibrate culture among our peoples. 

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