Acireale e la prima guerra mondiale. Quando baiocchi e scioani infiammavano la vita politica cittadina

di Saro Faraci

ACIREALE – La lapide dedicata a Luigi Sardella (riportata nella foto a conclusione dell’articolo) è posta nell’antisala consiliare del Palazzo di Città. Chissà quante volte i consiglieri comunali di Acireale l’avranno vista, probabilmente senza avere prestato particolare attenzione a quella lastra marmorea che, oltre a ricordare un uomo caduto durante la prima guerra mondiale, evoca pure una delle pagine più entusiasmanti e controverse della storia della città dei cento campanili. Il rag. Sardella, imparentato con la famiglia nota ad Acireale per la sua attività nel settore della lavorazione al legno, faceva il professore di Computisteria alla Scuola Regia Tecnica di Acireale ed era pure consigliere comunale, particolarmente attivo nella vita politica cittadina. Fu uno dei 550 acesi caduti morti in guerra durante il primo conflitto bellico mondiale, che in tutto il comprensorio delle Aci pagò un alto tributo in termini di vittime, ben 786, la maggior parte dei quali nella VI, nella X, e nella XII battaglia di Isonzo, più comunemente nota come la disfatta di Caporetto

Questi ed altri episodi sono stati raccontati ieri pomeriggio, nell’antisala consiliare, da Saro Bella, storico e appassionato di storia di Acireale, per l’occasione coaudiuvato da Toti Pennisi e Pippo Nicolosi nella raccolta e selezione di documenti preziosissimi per ricostruire le dinamiche politiche, sociali ed economiche della città nel secondo decennio del secolo scorso, sia alla vigilia che durante e subito dopo la Grande Guerra, che costò al Paese 550.000 prigionieri, di cui centomila non fecero più ritorno a casa, 600.000 morti e 500.000 mutilati ed invalidi. Un bilancio pesantissimo mal celato però dal grande patriottismo e dallo spirito nazionalistico della maggior parte dei trentotto milioni di connazionali che allora popolavano lo Stivale, per quanto i confini geografici non fossero identici a quelli attuali. Il contributo di Saro Bella è stato il secondo momento del ciclo di iniziative L’altra faccia della medaglia organizzato dalla Fondazione Bellini di Acireale ed è stato introdotto dalla vice presidente Mariella Fischetti.

Ad Acireale, in quel tempo, la politica cittadina si divideva in due. Una storia che forse ha anticipato, negli anni a venire, la contrapposizione fra democristiani e socialisti, oppure tra aleppiani e nicolosiani all’interno della Democrazia Cristiana degli anni ottanta, o ancora, in tempi più recenti, quella fra i sostenitori di D’Agostino e Catanoso. Ed invece, all’epoca, la contesa politica era fra i “socialisteggianti” baiocchi e i “liberaleggianti” scioani, come un po’ accadeva in tutto il Paese. Correva il 1913, ad Acireale il 12 giugno si celebrarono le elezioni amministrative, come al solito assai più sentite in città di quelle politiche e successivamente delle regionali, e la posta in palio era altissima. Da un lato, alla guida dei baiocchi, c’era Giuseppe Grassi Voces, che sognava e prometteva la realizzazione di un grande porto a Capomulini; dall’altro lato, in testa agli scioiani c’era Giuseppe Pennisi di Santa Margherita, imparentato coi Pennisi di Floristella, soprannominato “sucarola” dagli avversari politici per via della sua giovane età che gli avrebbe consigliato di “ciucciare” il latte dal biberon anzichè scendere nell’agone politico.

Erano tempi in cui la battaglia politica si giocava in città, all’interno delle associazioni e sulle testate di tanti giornali e giornalini locali, tra cui la Zanzara, con la Chiesa a fare da ago della bilancia, in particolare il Vescovo monsignor Giambattista Arista che, prima ancora della pubblicazione del “non expedit” del Papa, ruppe gli indugi e si schierò apertamente coi Pennisi andando oltre l’equidistanza dalle due parti che fino a quel momento aveva caratterizzato il suo comportamento. Erano tempi in cui la politica si faceva veramente e seriamente ad Acireale. Non c’erano i social, come ai tempi odierni dove a cadenza oraria programma pensieri, parole ed omissioni vengono vomitati sui post in preda a violenti ed incontrollati rigurgiti di protagonismo o vittimismo, mascherati da finto senso civico; c’era invece un clima diverso autenticamente partecipativo, contraddistinto come sempre dalla satira, una peculiare caratteristica degli “Acitani”, ma c’era anche un grande fermento sociale e soprattutto un maggiore collegamento con la politica nazionale e con le figure di riferimento a Catania, come lo era Giuseppe De Felice Giuffrida, cui Grassi Voces era fortemente legato.

La querelle tra baiocchi e scioani si riverberò anche sulla decisione, nel 1914, se entrare in guerra oppure no, quando il Paese era spaccato in due fra neutralisti ed interventisti, ma prevalsero questi ultimi spinti da molte componenti politiche, da D’Annunzio e molti intellettuali, dai futuristi e persino dall’intellighenzia universitaria. Come se non bastasse, in quel periodo turbolento ci pensò pure la terra a tremare, sempre lungo quella maledetta faglia di Fiandaca, e Acireale e dintorni furono colpiti l’otto maggio del 1914 da un violento terremoto che rase al suolo Linera provocando una settantina di vittime

Ed è qui che entra in scena la prima guerra mondiale, impropriamente una guerra settentrionale, perchè morti e feriti delle regioni meridionali furono tantissimi e anche la Sicilia ed Acireale pagarono un prezzo elevatissimo. Baiocchi e scioani man mano si ricompattarono, sostenendo la partecipazione ad una guerra che, in città come un po’ altrove del resto, era stata voluta dai giovani, in nome di un patriottismo, di uno spirito nazionalistico, di una difesa ad oltranza della bandiera che non erano sempre sentimenti spontanei ed autentici ma venivano continuamente alimentati dalla propaganda politica. Una guerra, diceva il prof. Mario Tropea, ordinario di Storia e Geografia nella Scuola Tecnica di Acireale, “che la vogliono gli studenti, e dunque la facciano gli studenti”

Il risultato è che a cadere in guerra furono tantissimi giovani; ben il 33% dei morti acesi avevano un’età compresa fra diciotto e ventiquattro anni; il 30% fra 25 e 31 anni. Un bagno di sangue che annovera tantissimi nomi, come quello di Sardella ricordato all’inizio, ma anche i fratelli Ciancico Scuderi, i Seminara Vigo (commovente la lettera alla mamma di uno dei fratelli scritta avendo presagito che da un momento all’altro, con l’incedere del conflitto bellico, la morte sarebbe arrivata), il medico Rosario Scalia colpito sul piroscafo che lo portava a Siracusa da un sommergibile austriaco, e il primo acese morto in guerra a 26 anni, Agostino Bella. E via dicendo. Ci sono diverse lapidi poste nelle scuole di Acireale, la maggior parte a cura del sottocomitato studentesco Dante Alighieri, che ricordano le vittime della prima guerra mondiale.

Chi rimase ad Acireale si organizzò tanto per sostenere la guerra quanto per riorganizzare la vita familiare, sociale e lavorativa delle persone rimaste a casa. Anche questa è una pagina molto interessante, lungamente raccontata ieri pomeriggio da Saro Bella. E’ una pagina che, ricordando le attività dei comitati di mobilitazione, dei comitati di assistenza civile, della Croce Rossa, e poi successivamente della associazioni combattentistiche a tutela delle categorie danneggiate dalla guerra, evidenzia come l’associazionismo sia stato sempre attivo ad Acireale, con un generoso senso di solidarietà e di carità che per lungo tempo è stato d’esempio anche per le città limitrofe e financo per Catania. E ci furono figure di primo piano a guidare questo attivismo associativo, come la baronessa Maria di Santa Margherita, la figlia di Antonino di Sangiuliano a Catania, oppure il Agostino Pennisi Statella barone di Floristella che diede vita il comitato locale della Croce Rossa.

Ma quella è un’altra storia, che avremo modo di raccontare più avanti. Perchè fare memoria di ciò che è stato Acireale non equivale a nostalgico ricordo di tempi andati che ovviamente non torneranno più. Ma significa soprattutto guardare indietro per capire il presente e orientarsi per il futuro, perchè – vuoi o non vuoi – a dispetto dei disfattisti e di coloro che gridano continuamente agli scandali, Acireale è rispettata ovunque e conosciuta dappertutto per la sua Cultura. Ed è da questa che bisogna ripartire quanto prima per valorizzare e rigenerare un patrimonio, anche di valori immateriali, che non tutte le città siciliane possiedono in modo così abbondante.

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