Katya Maugeri
BELPASSO – Liste pulite, impresentabili e voti di scambio, sono questi gli argomenti legati alle campagne elettorali, in cui si cerca ogni cavillo e si scava a fondo per comprendere fino a che punto il concetto di legalità è ancora un valore al quale credere.
Uno dei casi emersi e discussi è la possibile presenza, nella lista del candidato sindaco di Belpasso, Daniele Motta di Giovanna Tomasello, figlia di Santo Tomasello, l’imprenditore rinviato a giudizio nelle scorse settimane accusato di estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni di un imprenditore catanese.
“La politica dovrebbe essere dettata dalla legalità – spiega il candidato durante la nostra intervista – ed è quello che faremo nei prossimi cinque anni, lo abbiamo sempre fatto costituendoci come parte civile nei processi di mafia e continueremo a farlo. La legalità è la mia ragione di vita, e dovrebbe essere l’azione principale di chi si impegna in politica, avere un controllo totale dei componenti che rappresentano il proprio progetto”. “Per le cinque liste che mi stanno sostenendo – continua – oltre agli adempimenti di legge come la dichiarazione antimafia e tutti i modelli da compilare, ho richiesto il casellario giudiziario. Conoscendo, sommariamente, la vicenda, su Giovanna Tomasello ho chiesto della documentazione più dettagliata: il certificato dei carichi pendenti. Io, non sono un giudice – aggiunge – e dalle notizie fornite dagli organizzatori delle liste il suo casellario giudiziario, e quello del padre, sono puliti. Per legge, quindi, non c’è nessuna difficoltà nella sua candidatura. I cittadini mi conoscono e sanno bene che ogni mia decisione è nel rispetto della legge e in questo caso, con la candidatura della Tomasello non viene violata. Valuteremo ogni singolo candidato al fine di garantire la massima trasparenza”.
Belpasso è uno dei comuni che ha il maggiore numero dei beni confiscati alla mafia e Daniele Motta ci spiega che si impegnerà affinché quei beni vengano usati per iniziative di pubblica utilità, Belpasso non è più il paese del Malpassoto, “basta fare una passeggiata per le vie centrali per capire che il clima è cambiato, adesso si respira davvero legalità grazie anche alle associazioni antiracket, ai centri antiviolenza. Il tessuto sociale è cambiato.
Occorre puntare ancora sull’educazione civica – conclude Motta – in collaborazione con le associazioni”, solo così possiamo tutelare e costruire una coscienza comune e garantire una società migliore, libera dalla mafia, libera di vivere.