Angelino-Calimero: se non ti vogliono ci sarà un perchè


 
Daniele Lo Porto

“Se stiamo insieme ci sarà un perché”, cantava Riccardo Cocciante una trentina di anni fa, quasi in contrapposizione con il povero Calimero, il pulcino che non era nero, ma solo sporco, che nessuno voleva, pubblicità che oggi sarebbe considerata razzista. Me nell’era del buonismo dilagante, non tutti sono illimitatamente buonisti, neanche in politica, dove l casta si regge e si auto protegge secondo un codice non scritto di mutuo soccorso. ma non sempre è così. se n’è accorto il ministro-per-sempre Angelino Alfano, che la sua ennesima furbata l’aveva studiata bene: accordo in Sicilia col centrodestra per partecipare alla spartizione del bottino alla Regione e in sintonia con il centrosinistra al Governo per mantenere poltrone, auto blu, benefit e indennità per lui e la sua sempre più ristretta corte di regnanti. Gli è andata male, però, perché dopo settimane di reciproco corteggiamento con Gianfranco Miccichè, dopo anni di sincero e contraccambiato odio, quei guastafeste di Nello Musumeci, troppo di destra, di Giorgia Meloni, una fascista, e di Matteo Salvini, un razzista, hanno imposto l’alt al ministro-aquilone che vola dove il vento del potere spira più forte. Miccichè, suo malgrado, ha dovuto abbozzare e, quasi scusandoci, ha chiuso la porta. Angelino, a questo punto, non ha potuto fare altro che correre nuovamente infatuato verso i democristiani come lui del centrosinistra, ormai allo sbando. Fabrizio Micari lo ha accolto e avrebbe accolto anche la frangia sinistrorsa dei duri e puri amici di Claudio Fava, ma il giornalista-deputato è un altro guastafeste. “O Angelino o me”, ha detto più o meno. Insomma, una persecuzione ha pensato il ministro per le Pari opportunità in politica (cioè governare sia col centrodestra che col centrosinistra, se contemporaneamente è meglio), che non si capacità, dopo tati anni di politica, che ci possa essere magari qualcuno, pochi per fortuna, che hanno qualche valore e un po’ di coerenza da manifestare. Insomma, alla fine l’Angelino cerca casa e la ristretta corte di famigli ha trovato uno strapuntino dove accomodarsi in vista della sconfitta del 5 novembre. L’importante è riuscire a dimostrare che ancora l’Alfano family controlla qualche voto, qualche comune, qualche quartiere, anche un modesto condominio, altrimenti dopo le politiche del 2018 a uno statista di valore universalmente riconosciuto come Giuseppe Castiglione potrebbe toccare di tornare ad occuparsi della sua azienda pistacchiosa, se nel frattempo in questi ultimi mesi di legislatura non avrà barattato un bel posto che lo porti sicuro e sereno oltre la mezza età. Lo stimatissimo collega di livesicilia.it Roberto Puglisi gli pone e ci pone un problema: ma i siciliani perché dovrebbero votare per Alfano? In effetti Angelino in tanti anni di potere e di governo non è riuscito ad andare oltre la gestione del quotidiano per sé ed i suoi fedelissimi, non ha neanche tentato un minimo di progetto politico serio e  credibile, ha solo formato classe clientelare e non dirigente. Se la proposta innovativa per la Presidenza della Regione era il buon Giovanni La Via, ombra di Pino Firrarello da quando aveva i calzoni corti, non c’è dove andare. E poi, per dirla tutta, a molti non è piaciuta la trasformazione di Alfano: nei primi incarichi importanti, quando Berlusconi lo tirò fuori dall’anonimato, sfoggiava il sorriso dell’ingenuo che sa di essere stato miracolato, ormai da anni mostra un’immagine di eccessiva autostima nei suoi confronti. Anche il tentativo di imporre il suo candidato, che si scontra con la difficoltà di comporre liste adeguate, è sembrato l’ennesimo, azzardato bluff.

Un uccellino che svolazza nelle segreterie politiche mi ha cinguettato che la fine di Angelino, migrante politico e traditore seriale, sarebbe stata concordata con una stretta di mano, tra le altre cose, da due big della politica nazionale, togliendo poco a poco l’acqua al pesce rosso con i dentoni da coniglio.

 
 
 

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