Atypical, l'autismo secondo Netflix (e Sam)

Atypical, l'autismo secondo Netflix (e Sam)

di Martina Pumo

Parlare di autismo non è facile. Non è semplice trattare le tematiche e la quotidianità di chi ne soffre, della famiglia che lo circonda. Si rischia di inciampare in cliché oppure in situazioni inverosimili. In particolare non è facile raccontare la storia di un adolescente con disturbi dello spettro autistico. Non è semplice, tranne che per Netflix. 

Il colosso delle piattaforme streaming ha prodotto una serie in cui la leggerezza delle parole e l’autenticità dei sentimenti rendono ogni puntata un piccolo dono, un gioiello cinematografico. La fotografia si sposa con semplicità ai dialoghi reali, arricchiti dalle battute delle migliori sitcom americane. Ma è l’autenticità e la purezza di Sam che rendono Atypical uno dei più preziosi telefilm in circolazione. Sam è alla fine del suo percorso scolastico, ha 18 anni e come ogni adolescente che si rispetti vuole solo una cosa: l’indipendenza, in ogni sua forma, in ogni sua realtà come quella del lavoro, della scuola e, anche in amore. E la conquista, sì, ma a modo suo, splendidamente e completamente suo. Sam, che fa dell’osservazione la sua arma, affronta le insidie quotidiane armato di matita e quaderno. Ha un lavoro, un caro amico che gli dispensa consigli sulle ragazze e sulla vita ma soprattutto, Sam ha una passione smisurata per i pinguini. Questa elegante razza animale lo accompagna in ogni sua avventura. Li conosce, li ha studiati e li continua a studiare attraverso un’attenta analisi dei comportamenti, delle abitudini, degli atteggiamenti verso l’altro. E così,con la stessa cura ed attenzione, studia chiunque lo circonda. Sam cerca di comprendere questo vortice, il meraviglioso caos in cui viviamo, paragonando il comportamento dei suoi genitori, degli amici, dei compagni con quello dei pinguini. 

Diverso forse, unico, certamente. Atypical è come Sam: non te lo aspetti così eppure ti conquista, fin dalla prima puntata. E come Sam, anche la sua famiglia si trova ad affrontare gli ostacoli della vita quotidiana.

La madre, Elsa, ha paura di vedere il figlio cadere sotto questa vita, tra delusioni e i primi grandi no. E’ tra i personaggi più complessi: madre e donna, presente per tutti e desiderata, da altri, trova nell’evasione l’unica via d’uscita dalla sua gabbia d’oro. Il padre, Doug, si arma di bontà e comprensione, accompagnando il figlio in mezzo alle intemperie quotidiane con la semplicità di un sorriso. Eppure, il personaggio che maggiormente è riuscito a mostrare la sua crescita, è Casey. Signora del Girl Power e sorella minore, pronta a tutto per dar fastidio a Sam e rompere il naso a chi da fastidio a lui. 

Atypical non è semplicemente la sitcom che mancava. Atypical è quella leggerezza di cui hai bisogno quando sembra che niente sia al proprio posto. Atypical ti ricorda che tutto, nella vita, andrà ad aggiustarsi. Nel suo modo, con i tuoi tempi, grazie alle tue forze. Insieme a Sam si comprendono la potenza e le potenzialità della propria crescita personale, nel superare le intime paure per buttarsi nel vuoto dell’ignoto. 

Si impara il valore dell’aiuto altrui, dell’essere uniti anche quando le differenze ci portano lontani, amando le proprie imperfezioni. Atypical è Atypical ed è per questo che non smetterò mai di ringraziare Netflix per questa ventata di purezza in attesa della prossima stagione, la quarta.

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