Musei o outlet dell'usato di qualità per collezionisti senza scrupoli?


 
 
 
Daniele Lo Porto

La nostra è una domanda retorica. Lo stato di disinteresse, se non proprio di abbandono, che accomuna molti musei, piccoli e grandi, regionali o di enti locali, sembra essere diffuso in buona parte della Regione. L’ultima denuncia proviene dal  Museo Pitrè di Palermo dove mancano all’appello 253 oggetti da una collezione artistica. La scoperta l’ha fatta l’ex dirigente Filippo Guttuso che, prima di lasciare l’incarico ad inizio del 2017, ha informato la nuova responsabile del sito, Eliana Calandra, e ha presentato una denuncia ai Carabinieri del Nucleo Patrimonio artistico. Un’indagine ancora aperta sulla quale c’è il massimo riserbo.

Ma non è certo un caso isolato. Temiamo che se venissero eseguiti controlli a campione sugli inventari dei vari musei, a cominciare da Catania, da quello del Castello Ursino, ad esempio, che custodisce varie collezioni, o alle Ciminiere, dove oltre ai musei dello Sbarco in Sicilia e del Cinema, è conservata una collezione di artistici carretti siciliani, costata centinaia di migliaia di euro, così come le antiche carte geografiche della Collezione Lagumina, verrebbero fuori riscontri importanti.
“Stiamo per ora indagando”, dice Luigi Mancuso, comandante del NPA dell’Arma. Sono “scomparsi” antichi merletti, pizzi, bambole, mantelli, pugnali, balocchi, bilance, chiavistelli, attrezzi di lavoro, reliquiari, acquarelli, statuette, crocifissi, pitture su vetro, vecchie stampe, finimenti per cavalli, piatti. E poi documenti, servizi da caffè, calici, personaggi di presepe in terracotta, porcellane. E persino un cilicio. Guttuso dispose, non appena insediato, l’anno scorso, una ricognizione degli oggetti. “Vidi lo stato di assoluto disordine nel quale versavano i depositi”, racconta.

Chissà se la Regione, tramite il suo loquace assessore Vittorio Sgarbi, spesso impegnato in attività sedentarie, avrà tempo e voglia di disporre verifiche tra gli inventari e la reale custodia dei reperti, magari coinvolgendo gli stessi Carabinieri o la Guardia di finanza. Musei e archivi pubblici non possono essere una sorta di facile terreno di caccia per collezionisti senza scrupoli, aiutati da dipendenti infedeli.

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