Bruno Contrada risarcito per ​ingiusta detenzione. "I soldi non mi interessano, i danni sono irreparabili"

Bruno Contrada risarcito per ​ingiusta detenzione. "I soldi non mi interessano, i danni sono irreparabili"

di Katya Maugeri

«I soldi non mi interessano, i danni sono irreparabili», Bruno Contrada ha commentato così la decisione della Corte d’Appello di Palermo che ha accolto la richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione presentata dallo stesso Contrada, condannato a dieci anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Un risarcimento di  670mila euro.

Durante un’intervista esclusiva, il 15 ottobre 2017, dopo la sentenza della Corte Europea per i diritti dell’uomo, Contrada aveva dichiarato: «Un traguardo? No. Assolutamente. Questo provvedimento allevia solo il dolore che provai anni fa – dichiarò in una nostra intervista esclusiva – fui considerato un traditore. Io, che avevo dedicato la mia vita in prima linea alla lotta contro la mafia, un periodo durante il quale correvo pericoli notevoli sulla strada, su un territorio difficilissimo come Palermo». Nel 2017 la Cassazione ha recepito la sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo, confortata dalla decisione della grande Camera di Strasburgo dove 17 giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso dell’Italia «ho provato un momento di gratificazione. L’Europa riconosceva la mia sventura umana e giudiziaria. Ma io provavo sofferenza solo a leggere i documenti di quella causa che cominciavano ‘Bruno Contrada contro l’Italia».

«Aspetto di leggere le motivazioni, il ragionamento e le argomentazioni della Corte – spiega -. Non ci sono soldi per pagare le sofferenze che la mia famiglia ha subito. Mio figlio che era poliziotto è gravemente malato: un giovane che ha visto il padre, dirigente generale della polizia di Stato la stessa di cui lui indossava la divisa che per lui era un mito, arrestato e accusato di cose gravissime. Mia moglie che si è ammalata di cuore subito dopo il mio arresto. Ci può essere risarcimento? Spione, agente segreto, sempre appellativi per gettarmi fango addosso. Io sono un dirigente generale della Ps applicato ai servizi di sicurezza che da vicecommissario ha scalato tutti i gradi della polizia di Stato».

«Riteniamo che la pronuncia della Corte d’appello sia perfettamente in linea con la decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – spiega il legale di Contrada, l’avvocato l’avvocato Stefano Giordano – e ne dia la giusta esecuzione: al di là del quantum liquidato, i giudici, con un provvedimento libero e coraggioso, hanno statuito che Bruno Contrada non andava né processato, né tanto meno condannato e che, dunque, non avrebbe dovuto scontare neppure un solo giorno di detenzione, disattendendo le obiezioni della Procura generale e dell’avvocatura dello Stato. Ci riserviamo ora di esaminare attentamente il provvedimento, per valutare eventuali spazi per l’impugnazione avanti la Corte di Cassazione».

Bruno Contrada è stato arrestato nel Natale 1992 ha trascorso 4 anni e mezzo in carcere e 3 anni e mezzo ai domiciliari. Due anni gli sono stati condonati per buona condotta. «Ho vissuto – continua – fin da piccolo col valore altissimo della Patria, l’Italia, e dello Stato. Solo per questo avrei diritto a un risarcimento solo perché hanno distrutto le certezze e i valori in cui ho creduto una vita». «Per me – prosegue – indossare la divisa da ufficiale dei bersaglieri a 22 anni, e poi quella della Polizia di Stato fino a diventare dirigente generale, era tutto. Anche in carcere applicavo quei valori comportandomi bene e rendendomi utile con i consigli e l’esempio per i compagni di detenzione».

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