Carcere, una biblioteca per i detenuti di Piazza Armerina: "Il raggiungimento di questo piccolo obiettivo è una bella sfida"

Carcere, una biblioteca per i detenuti di Piazza Armerina: "Il raggiungimento di questo piccolo obiettivo è una bella sfida"

di Katya Maugeri

PIAZZA ARMERINA – «La biblioteca in un istituto penitenziario non è (o non dovrebbe essere) secondo l’ordinamento, un semplice luogo di smistamento di libri , ma un motore di cultura, un ambiente dove si svolgono corsi di lettura, scrittura: una sorta di epicentro». Antonio Gelardi – direttore della casa circondariale di Piazza Armerina – continua a distinguersi accogliendo iniziative e promuovendo un metodo educativo che mette al centro l’uomo.

Ammirando oltre 400 volumi troviamo Antonio Scurati che con M. Il figlio del secolo vincitore del premio Strega, un grande omaggio ad Andrea Camilleri con “Gli arancini di Montalbano” e ancora “Il rosso e il nero” di Stendha, Giobbe di Joseph Roth e molti ancora. Non solo narrativa ma testi in lingua straniera, didattici, nella biblioteca del carcere di Piazza Armerina, donati da associazioni e da privati. Una iniziativa che coincide con la settimana nazionale dedicata alla promozione della lettura “Io leggo perché” arricchita da iniziative con l’obiettivo di rilanciare le attività risocializzanti e culturali. Due detenuti, che svolgono attività a titolo volontario, hanno sistemato e catalogato i nuovi libri distribuendoli ai detenuti che ne hanno fatto richiesta.

«Sarebbe bello se in una nazione nella quale si legge poco, in un carcere si leggesse tanto. Il raggiungimento di questo piccolo obiettivo può essere una bella scommessa e una bella sfida», in carcere il tempo si dilata e le giornate si susseguono – spesso – in modo sterile, ma con la lettura e gli impegni legati alle attività, i mesi corrono via più velocemente, la porta della biblioteca diventa così un gate verso una libertà mentale, momentanea ma indispensabile per sopravvivere in un istituto penitenziario. Per non annientare l’entusiasmo e gli stimoli e lavorare a un reinserimento nella società,  «preferisco definirla risocializzazione e questa è possibile grazie a un lavoro minuzioso: la casa circondariale ha il compito di svolgere attività, allestendo alcuni ambienti destinati ad aule didattiche e laboratori, per garantire ai detenuti una crescita culturale e mentale». Uno spazio che delimita una libertà che nutre l’anima, la biblioteca sarà un punto di riferimento per coloro che vorranno scegliere un libro da leggere, da portare in cella e condividerlo con i compagni.

Piccoli e importanti passi verso un nuovo modo di percepire il carcere: non solo come luogo di espiazione ma di crescita e cambiamento. Molti di loro, per svariati motivi, non hanno avuto la possibilità di leggere o di frequentare laboratori culturali, ma in quelle mura altissime manca altro, «in carcere manca di tutto di più, ma stabilendo una priorità direi che spesso manca la speranza, gli affetti, la possibilità di crescere e di acquisire strumenti per reinserirsi. Nonostante tutti gli sforzi che gli operatori fanno».

Le iniziative di carattere artistico e culturale stimolano il detenuto, il teatro – per esempio – risulta essenziale per mantenere in vita l’immaginazione, evitando l’irrigidimento definitivo della mente, nei giorni scorsi grazie gli operatori della Caritas e con il supporto della regista Samantha Intelisano  sono ricominciate le l’attività teatrali con l’obiettivo di mettere in scena nei prossimi mesi una rappresentazione aperta al pubblico esterno. I carcerati hanno accolto con entusiasmo queste iniziative che diventano un barlume di speranza davanti a tanta indifferenza, «ma è importante che si dia continuità a questa e ad altre cose. Perché a torto o a ragione la sensazione di essere messi da parte dalla società, è molto forte. Sentirsi pensati, considerati è un balsamo per le persone detenute».

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