di Katya Maugeri
AUGUSTA – «Questo evento è l’ennesima opportunità per attestare la valenza educativa nonché trattamentale della presenza della comunità esterna all’interno di un Istituto di pena». Angela Lantieri, direttore della Casa di Reclusione di Augusta non ha dubbi nel commentare il prezioso incontro avvenuto nei giorni scorsi alla Casa di Reclusione di Augusta tra studenti dell’Istituto Alberghiero” Federico II° di Svevia” di Siracusa e i detenuti studenti impegnati nel medesimo corso di studi nelle classi aggregate al carcere. «Il tema conduttore dell’incontro: “La Scuola incontra la Scuola carceraria” è solo la traccia che ha agevolato l’esplicarsi di pensieri, emozioni, difficoltà, aspettative tra studenti liberi e studenti reclusi», due mondi diversi che interpretano la stessa esperienza di studio e di relazioni sociali.
Angela Lantieri, sin dal suo insediamento, ha tracciato delle linee sulle quali l’articolazione delle attività intramurarie sono state fondate sull’apertura e l’integrazione con il territorio e l’inclusione sociale attraverso la realizzazione di attività congiunte che rientrano nell’ambito di progetti di educazione alla legalità, con lo scopo di rendere la persona reclusa non un reietto, ma un soggetto che malgrado abbia commesso dei reati, dopo aver scontato la propria pena può essere restituito a una società che non lo emargina, ma lo accoglie. «I corsi scolastici sono uno strumento prezioso per il detenuto – continua la dottoressa Lantieri – che non acquisisce solo una qualifica o un diploma ma apre i suoi orizzonti culturali introducendolo a un nuovo sapere, a nuove possibilità che prima riguardavano “la gente per bene”». Sono numerose le iniziative trattamentali promosse all’interno dell’Istituto per “umanizzare la pena” attraverso le quali i detenuti ristabiliscono un contatto autentico con se stessi, con le loro famiglie e soprattutto con i figli minori.
I padri detenuti, infatti, molto spesso perdono oltre i ruoli sociali anche quelli affettivi e familiari, da questa frattura nasce la volontà di arginare questo dolore attraverso momenti che prevedono il coinvolgimento dei figli in alcune attività intramurarie: “la partita con papà”, “in viaggio con papà”, in quest’ultima iniziativa il padre detenuto attraverso degli incontri con il figlio scrive un viaggio immaginario con lui, mettendo in evidenza che il sogno è quasi una promessa al figlio. La promessa di non assentarsi più da casa e recuperare tutto il tempo perduto vivendo la quotidianità insieme.
Momenti che diventano motivo di speranza collettiva, una lezione di umanità: ricucire gli strappi – consapevoli della ferita causata alle vittime e alla società – e immaginare un secondo capitolo della propria vita, stavolta lontani da scorciatoie e compromessi. «Le attività promosse all’interno – conclude Angela Lantieri – sono percorsi che mirano a stimolare un cambiamento dell’immagine che il detenuto ha di sé, attraverso la scoperta di risorse positive possedute, ma mai riconosciute nemmeno da loro stessi».