Contadini, coraggiosi navigatori di solchi 

 
 

| Salvo Reitano |

Con tutto quello che è venuto giù dal cielo, acqua e grandine con folate ininterrotte di vento durante il dipanarsi di questa insolita primavera gonfia di nubi, che solo ora si consegna alla tiepida calura del sole, non ho fatto che pensare alle fatiche dei contadini messe a repentaglio.
Ho la fortuna e il grande onore di vantare tanti amici sulla terra coltivata, i cingoli dei trattori a frollare zolle, e conosco per eredità paterna, l’usura del loro consegnarsi alla legge dei solchi. Devono governare, ordinare, ripulire, mettere a nuovo e fertilizzare, ingravidare di semi, secondare con successive fatiche, non conoscere il giro delle lancette che segnano le ore, esordire con l’alba e sfiancarsi fino al tramonto per portare fin sotto le coperte, quando volge la sera e il buio infittisce pianure e colline, la speranza che l’ordine degli eventi abbia a manifestarsi secondo conoscenza.
E deve piovere con garbo, “assuppa viddanu” secondo il dire siciliano, dopo che si è messo mano al sacco delle sementi; e deve manifestarsi dolcemente la cordialità del sole, appena sia indispensabile per rincuorare le tenere manifestazioni del verde. Ma fino al giorno del raccolto è solo una speranza.
Il contadino, da che mondo è mondo, vive in sospensione il tempo tra la semina e il raccolto, fra la corrispondenza d’amore delle colture ingentilite dalla premura, e le mutevolezze del cielo ingovernabile dagli umani poteri.
Si fa presto a dire imprenditori ma quella agricola rimane l’impresa nobile per eccellenza. Nessuno rischia quanto un uomo che dispone i suoi beni all’aperto e riconosce d’essersi consegnato al mutare delle stagioni, al loro imprevedibile procedere.
Se per caso durante la scorsa annata produttiva è piovuto giusto e giusto è stato il sole a riscaldare le zolle, siamo certi che quest’anno si ripeterà il favore? E se dodici mesi prima il tepore primaverile ha rincuorato ogni minuscola pianticella, adesso sarà possibile confidare nell’identico andare?
Il contadino scruta la volta immensa del cielo e riconosce la sua totale incapacità a governarne il corso e forse anche per questo è Uomo con la maiuscola: egli sa che le competenze non bastano e rivelano molti limiti, però si affida e accetta. Diceva Seneca: “Il destino guida chi lo segue di sua volontà, chi si ribella, lo trascina”.
Al momento stesso di faticare e sudare gli spetta confermare: accada quel che accada, io faccio la mia parte, non sono il Signore dell’universo e delle cose che vi ruotano attorno, resto appena un minuscolo essere vivente.
Conosco e sono amico di un contadino di lungo corso, un seminatore isolato su molti ettari a dondolo tra pianura e collina nell’entroterra siciliano, faticatore delle notti in trattore, conoscitore delle stelle e dei nidi di merli, infaticabile modellatore di un terreno che apparirebbe arido e brullo senza la sua forza e pazienza che sfocia in spazi lussureggianti e ininterrotti di frumento per tutti.
Mai mi è capitato di vederlo con l’orologio al polso, forse non ne possiede uno nemmeno per recarsi in città, perché sa bene di non dover calcolare ore, minuti e secondi, ma solo elargire il tempo fino alla trebbia e oltre. C’è in lui, che non me l’ha mai confidato, anche se io lo sento e lo intuisco, un ragionevole patto con quanto si agiti nel firmamento.
Il patto in soldoni è questo: io lavoratore della terra ci metto tutto del mio; e tu, cielo, vedi di riguardarmi e non lasciarmi in pena. Ho veduto il mio amico ringraziare sempre, anche quando la buriana del tempo lo ha lasciato affranto. Mai l’ho visto levare il pugno in alto in segno di rabbia verso la tempesta che in natura c’è.
Mi piace, lo consegno a me stesso e a voi, il suo vivere senza garanzie com’è dei veri marinai. Il mio amico è un navigatore di solchi che diventeranno, con la grazia di Dio, biondeggiare di messi. Il suo coraggio, quale che sia l’esito del progetto, fornisce magistrali parole al mio umano esitare impaurito perché un’ombra, spesso immaginaria, ha attraversato la strada del mio vivere. Sento una ferita nel dover ammettere che si, al suo cospetto sono ben piccola cosa.

 
 

Send a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *