Convertitevi! Non ci sarà mai sviluppo economico e sociale laddove c'è la mafia che si fa beffa della legalità

di Saro Faraci

ACIREALE – A più di venticinque anni dall’accorato appello di Papa Giovanni Paolo II “Convertitevi!” ad Agrigento, che ha ispirato lo scorso anno l’omonima lettera dei Vescovi di Sicilia pubblicata dalla CESI, si torna a parlare di legalità con toni ancora più forti e decisi che non lasciano più dubbi sulla pericolosità dell’abbraccio mortale della mafia all’economia e allo sviluppo della società. Risuonano determinate le “parole di cuore” di San Giovanni Paolo II di quel lontano 9 maggio 1993 “Questo popolo, popolo siciliano, talmente attaccato alla vita, un popolo che ama la vita, che dà la vita, non può vivere sempre sotto la pressione di una civiltà contraria, civiltà della morte. Qui ci vuole la civiltà della vita! Nel nome di questo Cristo crocefisso e risorto, di questo Cristo che è vita, via e verità. Lo dico ai responsabili: Convertitevi! Una volta, un giorno, verrà il giudizio di Dio”.

Convertitevi! L’appello del Papa Giovanni Paolo II ai mafiosi rimane sempre attuale, anche se da quel lontano 1993 la mafia in Sicilia ha modificato nel tempo i propri comportamenti rinunciando alla strategia stragista degli anni novanta e sperimentando approcci più invasivi nel tessuto economico e sociale col concorso di persone anche insospettabili. Così come è attuale il contenuto della lettera dello scorso anno dei Vescovi siciliani secondo cui la mafia è peccato ed è incompatibile con il Vangelo. Ma la mafia – dicono i Vescovi di Sicilia – è “un problema che tocca la Chiesa, la sua consistenza storica e la sua presenza sociale in determinati territori e ambienti, il vissuto dei suoi membri, di quelli che resistono all’invadenza mafiosa e di quelli che se ne lasciano dominare. Ed è un problema che ha dei contraccolpi anche sull’autoconsapevolezza della Chiesa e sull’immagine che di sé essa offre”. Insomma la mafia diventa a maggior ragione anche una questione ecclesiale, come hanno rilevato i Vescovi siciliani.

Di legalità, e dunque di lotta alle mafie e di contrasto alla criminalità organizzata, si è discusso ad Acireale questo pomeriggio, nella sala conferenze del Credito Siciliano, in un interessante incontro promosso dal Vescovo di Acireale mons. Antonino Raspanti che ha organizzato una vera e propria “conversazione sulla legalità” cui hanno preso parte il Procuratore nazionale antimafia dott. Cafiero de Raho e il Procuratore Capo di Catania dott. Carmelo Zuccaro. Presente un folto e interessato pubblico, i tre relatori, moderati dal giornalista Salvo Fallica, hanno affrontato tutte le questioni legate alla importanza della cultura della legalità, da affermarsi a Catania, in Sicilia ma in generale in tutto il Paese come modello di riferimento e cornice di tutti i comportamenti più virtuosi dei cittadini nel lavoro, all’interno della pubblica amministrazione, nella gestione delle imprese e in tutti gli ambiti nei quali, non appena invece si abbassa la tensione alla legalità, si insinuano le mafie, il malaffare, la corruzione, e via via altri comportamenti criminosi che hanno come obiettivo la soppressione delle libertà individuali e l’affermazione della “legge della forza al posto della forza della legge”, come ha rilevato il dottor Zuccaro.

Un’occasione interessante, quella dell’incontro pomeridiano di Acireale, per ribadire come non potrà mai esserci vero sviluppo economico e sociale laddove è presente la mafia che si fa beffa della legalità. Occorre denunciare i fatti di illegalità e bisogna parlarne sempre più spesso, coinvolgendo anche i giovani delle scuole. Sono processi culturali lenti ma costanti che cambieranno le abitudini e i comportamenti di molti Siciliani, indirizzandoli ad una maggior fiducia verso lo Stato e le sue istituzioni, e che all’opposto devitalizzeranno le politiche criminali, isolando sempre di più i mafiosi, i capi e i loro adepti.

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