Cooking Fest a Catania, un "piatto di competenze" per far decollare il lavoro degli chef e il business della ristorazione

Cala il sipario sul Cooking Fest, il salone dell’enogastronomia e delle tecnologie per la cucina e con esso si chiude il XXX convegno della Federazione Italiana Cuochi in una cornice di eventi, di pubblico e di presenze di primissimo piano suggellata dall’edizione 2019 del Cibo Nostrum ospitata alla Villa Bellini di Catania. Per alcuni giorni, grazie anche alla stampa, ai mass media e ai social, Catania è diventata la capitale d’Italia del gusto e l’intera Sicilia ha fatto bella mostra di sé proponendo l’abbinamento dei diversi piatti con la sua multietnica cultura, la sua bellezza paesaggistica e la maestosità dei suoi monumenti.

Nella giornata conclusiva di ieri c’è stato pure modo di avviare un confronto tra il mondo dell’Università e quello dei cuochi e degli chef in occasione del convegno pomeridiano dal titolo Un piatto di competenze. Personal Branding e Cooking Management che, alla presenza dell’assessore alla Cultura del Comune di Catania Barbara Mirabella nonchè degli organizzatori di tutti gli eventi della quattro giorni curati da Expo, ha visto protagonisti il professore Rosario Faraci, ordinario di Economia e Gestione delle Imprese nell’Ateneo di Catania, e i due noti chef Riccardo Carnevali e Fabio Tacchella, pilastri della Federazione Italiana Cuochi.

Diversi i temi affrontati, a partire dall’analisi di settore che vede il business della ristorazione crescere più di altri ambiti dell’economia italiana, con una consistenza di attività ristorative – alla fine del 2018 – pari a 337.172 imprese attive al sistema camerale. Le nuove aperture sono state 13.629, ma la cessazione di attività ha interessato 26.073 unità produttive. Dati analoghi si erano registrati anche alla fine del 2017. Per ogni ristorante che si apre ogni anno, ne chiudono almeno due nello stesso lasso di tempo. In Sicilia ci sono 22.527 attività della ristorazione, qualche migliaio in più della sola provincia di Milano che ha registrato negli ultimi ventiquattro mesi un incremento di quasi 800 unità produttive in più per ciascun anno. Dunque si entra facilmente nel business della ristorazione, probabilmente perchè allettati dai facili guadagni, da un trend crescente della domanda e dai modesti capitali per iniziare; si esce però altrettanto facilmente, perchè a fare la differenze sono le competenze professionali possedute e quelle imprenditoriali e manageriali per fare imprese.

La sfida si gioca pertanto sul piano della formazione specialistica di cooking management, sull’acquisizione delle soft skills per gestire le risorse umane, sull’apprendimento delle politiche di marketing necessarie per riportare al centro di qualsiasi attività – dall’intrattenimento all’ospitalità alla ristorazione – un cliente che oggi sempre di più vuol fare del consumo un’esperienza da vivere prima ancora che un’occasione di fruizione dei prodotti. Questi i temi affrontati nella sua introduzione dal prof. Rosario Faraci.

I due chef Riccardo Carnevali e Fabio Tacchella hanno invece lungamente discusso i temi dell’importanza della formazione tecnica, dello studio delle scienze dell’alimentazione, dell’impiego delle nuove tecnologie, della scelta della giusta location per avviare un’attività ristorativa e della opportunità di far uso intelligente dei social media per ampliare la visibilità del proprio lavoro. Una chiara indicazione è venuta a tutti però. Quella del cuoco è una professione oggi molto visibile grazie ai mass media e ciò attira tantissimi giovani. Tuttavia, il personal branding non è mettersi in mostra e andare in tv, ma soprattutto saper raccontare una storia, un’esperienza, un bagaglio di competenze acquisite e rafforzate via via nel lavoro in team e a contatto continuo con la clientela.

 

 

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