Cosa è andato storto nell’accoglienza degli ucraini  

Cosa è andato storto nell’accoglienza degli ucraini  

Tre settimane dopo la decisione dell’Ue di attivare per la prima volta la Direttiva n. 55 del 2001 sulla “concessione  della protezione temporanea” per i profughi ucraini in fuga dalla guerra, l’Italia con il Dpcm del 28 marzo 2022 ha  introdotto rilevanti innovazioni nell’accesso degli ucraini alla protezione e all’accoglienza.  Le grandi novità sperimentate per la prima volta dal nostro Paese sono state diverse. In primo luogo, sono caduti i  vincoli relativi all’integrazione sociale. Ai profughi dall’Ucraina è stato riconosciuto fin da subito il diritto di  scegliere la città (o il Paese europeo) in cui fermarsi, cercare un lavoro, affittare un alloggio, iscrivere i figli a scuola,  accedere al Sistema sanitario nazionale e ricevere cure e vaccinazioni: un passo avanti di grande rilievo nell’accesso  ai diritti sociali e che andrebbe esteso a tutti i profughi e richiedenti asilo, nell’interesse non solo loro ma di tutta  la società. 

In secondo luogo, l’accoglienza domestica (o in famiglia) è stata assunta a politica pubblica. Sotto la denominazione  di “accoglienza diffusa” la Protezione civile ha emanato ad aprile un bando per l’assegnazione di circa 15.000 posti,  tra accoglienza domestica propriamente detta (oltre 4.000 posti) e appartamenti attivati dagli Enti del terzo settore  mediante accordi con i Comuni.  

In terzo luogo, gli sfollati ucraini sono stati autorizzati a cercare sistemazioni autonome, ricevendo direttamente  un contributo monetario. Ancora un’innovazione inaspettata e positiva, che ha riconosciuto l’autonomia e la  responsabilità dei rifugiati ucraini (ma non di tutti gli altri) e il grande valore dei loro legami con le comunità locali.  Sono infatti circa 236.000 gli ucraini stabilmente residenti in Italia, soprattutto donne (77,6%) largamente occupate  presso le famiglie italiane, che hanno contribuito all’accoglienza sul territorio. 

Le previsioni del governo erano di accogliere circa 100.000 persone. All’inizio di settembre, secondo i dati della  Protezione civile, sono quasi 154.000. La maggior parte ha ricevuto una qualche assistenza pubblica: circa 8 su 10,  se si considerano le forme di sostegno erogate alla stessa data (oltre 124.000), al netto delle oltre 8.000 collocazioni  in strutture alberghiere che le nuove previsioni avrebbero voluto evitare. Ma di che tipo di sostegno si tratta?  

In 9 casi su 10 di contributi economici (oltre 110.000, l’89% sempre escludendo le sistemazioni alberghiere): un  contributo modesto, limitato nel tempo (300 euro al mese per gli adulti e 150 per i minori, per non più di 90 giorni)  ed erogato tardivamente, che copre solo in parte i costi dell’ospitalità attivata da privati e Terzo settore. Ovvero  una misura parziale a sostegno del protagonismo e della reazione immediata e autonoma degli ucraini in Italia e  dell’intera società civile

Resta contenuta l’accoglienza nella rete Sai/Cas (quasi 14.000, 9%), già prima dell’arrivo dei profughi dall’Ucraina  sottostimata rispetto alle necessità. 

E non ha funzionato l’attuazione della cosiddetta “accoglienza diffusa” introdotta dalle nuove disposizioni, a causa  delle lentezze e rigidità burocratiche nell’avvio dei progetti: l’avviso per la manifestazione di interesse è rimasto  aperto solo 12 giorni (11-22 aprile); delle 48 proposte presentate, 29 sono state giudicate idonee (per 17.012 posti,  di cui 4.463 in accoglienza domestica); solo a inizio agosto sono state siglate le prime convenzioni, troppo tardi per sostenere le convivenze già in essere (iniziate dal 24 febbraio) e per attivare famiglie che si erano rese disponili mesi  prima. E così, a metà settembre risultano sottoscritte solo 10 convenzioni (5.943 posti e 287 persone accolte), che  oltretutto termineranno il 31 dicembre, con poca chiarezza sul dopo. 

Nell’eccezionalità delle circostanze, dunque, aver puntato sullo slancio solidaristico della popolazione (e degli  ucraini già in Italia) ha garantito una risposta alla larga maggioranza dei profughi, per lo più presso privati invece  che in strutture collettive, ma l’intenzione di canalizzare l’onda emotiva in forme di accoglienza organiche,  organizzate e sostenibili è andata troppo a rilento: su oltre 150.000 profughi ucraini giunti in Italia, il sistema  istituzionale ne ha accolto meno del 20% tra alberghi, Sai/Cas e bando della Protezione civile. 

Per superare questa fase e non disperdere le ottime innovazioni introdotte dall’Italia, urge snellire quanto più  possibile le procedure di attuazione del piano di accoglienza e mettere a sistema il modello sperimentato con gli  ucraini, estendendo il trattamento finora riservato solo a loro a tutte le persone che arrivano in Italia in cerca di  protezione da conflitti e pericoli concreti per la loro sopravvivenza.  

Il Dossier Statistico Immigrazione 2022 sarà presentato il 27 ottobre, alle 10.30, a Roma presso il Nuovo Teatro  Orione (via Tortona 7) e in contemporanea in tutte le Regioni.  

Maggiori informazioni, a breve, sul sito www.dossierimmigrazione.it

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