Covid 19, dopo otto tamponi Fabio Pagliara torna a casa

Covid 19, dopo otto tamponi Fabio Pagliara torna a casa

di Daniele Lo Porto

CATANIA –  Ha dovuto aspettare l’ottavo tampone per poter finire la sua via crucis iniziata il 23 marzo e conclusa due mesi dopo. Alle 17,00 di giovedì, infatti, Fabio Pagliara, ha lasciato, finalmente, il Covid Hotel di Roma, dove è rimasto in isolamento a lungo. “Ho vissuto momenti difficilissimi, me ne sono reso conto quando  mi sono svegliato in Terapia intensiva e tutti i medici intorno a me erano sorridenti e si congratulavano tra loro perché erano riusciti a salvarmi la vita. Ho saputo dopo che ero svenuto, avevo avuto un arresto cardiaco e mi avevano sottoposto a respirazione forzata. Il Covid 19, infatti, oltre che i polmoni colpisce il sistema cardiaco. E’ un virus che ti svuota psicologicamente e fisicamente, chi non riesce a reagire non si salva”.

Fabio Pagliara, catanese, da sempre nel mondo dello sport, è il segretario generale della Fidal, Federazione italiana di atletica leggera, ma anche il presidente della neo costituita società per azioni che sta cercando di rilevare il Catania Calcio. Questi impegni lo hanno sempre tenuto mentalmente attivo. “Ho un carattere positivo, da sempre, non mi sono mai abbattuto neanche nei momenti più critici. A parte i giorni nei quali materialmente non potevo farlo, mi sono sempre dato forza pensando ai prossimi impegni della Fidal, ai passi del Comitato che doveva trasformarsi in Spa, come in effetti è stato. Chiuso in una stanza sono mancati i ritmi e i tempi quotidiani della normalità, ma ho sempre “lavorato” tramite WharsApp o gli altri social, che sì, ti possono fare vivere una realtà virtuale, ma che nel mio caso mi hanno consentito di mantenere rapporti costanti con gli affetti più cari, con gli amici di sempre e altri ritrovati, con tantissima gente che mi ha manifestato affetto e attenzione, è stata una vera e propria medicina”, racconta Fabio Pagliara.

L’ormai ex paziente, uno dei rari casi di positività così prolungata, resterà costantemente sotto osservazioni da parte dei medici, in parte nel suo interesse, ma anche per la scienza e per fornire elementi utili alla ricerca. Una volta al mese, infatti, si sottoporrà a esami in un D-hospital appositamente realizzato a Roma, per monitorare nel tempo chi ha superato la sfida con il virus. Intanto, comincia ad assaporare il piacere delle piccole cose che scandiscono la normalità, dal caffè alla pizza. “Dall’8 marzo, quando io e mio figlio ci siamo messi in isolamento domiciliare nel rispetto del decreto del presidente Zingaretti perché avevamo partecipato a manifestazioni a “rischio contagio”, ho vissuto una realtà inimmaginabile. Ha ragione Fiorello che ha detto “Eravamo felici e non lo sapevamo”. Mangiare la pizza, la sera che sono stato dimesso, vedere persone er strada mi ha dato un’emozione fortissima. Ora mi devo riprendere fisicamente, poi voglio tornare al più presto a Catania, per abbracciare mia mamma e andare sulla tomba di mio padre che è morto nei primi giorni dell’emergenza sanitaria. E c’è anche da pensare al Catania, che spero salvi la matricola, con noi o con altri poco importa”.

(Dal Giornale di Sicilia del 23 maggio 2020)

 

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