Creme solari tra due fuochi: protezione da melanoma e carenza di vitamina D. Come comportarci?

Creme solari tra due fuochi: protezione da melanoma e carenza di vitamina D. Come comportarci?

Elisa Musumeci
biologa e nutrizionista

Secondo dati statistici, sono sempre più numerosi gli italiani con livelli di vitamina D sotto il limite della normalità, si stima che il 70% presentino una notevole carenza.  Ne sono interessate soprattutto le donne e sembrerebbe che, tra le cause principali ti tale carenza, vi sia l’uso smoderato di creme solari ad alto spettro di protezione.  

Proteggersi dai raggi nocivi è ormai un’esigenza imprescindibile, dal momento che lo schermo naturale del sole diviene ogni anno più debole, per cui passano sempre più radiazioni ultraviolette potenzialmente cancerogene, indicate come raggi UVB e gli ancor più temibili UVA.

Mentre i raggi UVB sono responsabili di eritemi e scottature, i raggi UVA, più energetici, penetrano a fondo innescando mutazioni nel DNA che hanno come conseguenze l’invecchiamento cutaneo, l’aumento delle macchie e l’ insorgenza di forme tumorali, primo tra tutti il temuto melanoma.

D’altra parte, tuttavia, con l’applicazione di filtri chimici o fisici che coprano ogni angolo della pelle, cui ricorriamo già ai primi raggi della stagione primaverile-estiva, si ostacola la produzione  della vitamina D, e ciò porta danni non trascurabili all’organismo. 

Contrariamente a quanto ritenuto fino a non molti anni fa, quando il ruolo della vitamina D era attenzionato quasi esclusivamente in relazione al metabolismo del calcio nella prevenzione dell’osteoporosi, oggi è sempre più discussa la posizione di rilievo occupata dalla vitamina D, quale crocevia di moltissime importanti vie metaboliche. 

La vitamina D è l’unica vitamina che si comporta da ormone. Interviene nella regolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e in altre vie metaboliche. Una sua carenza contribuisce agli squilibri a carico del sistema nervoso, con l’insorgenza di stati di ansia e depressione, nelle patologie autoimmuni, dermatite e disturbi topici della pelle, problemi reumatici e, soprattutto, vi è un importante effetto paradosso: La carenza di vitamina D causata dall’eccessivo proteggerci dai raggi solari è essa stessa parte delle cause di insorgenza di alcuni tumori!

Come fare dunque a risolvere questo difficile dilemma?

Semplice. Basta sapere che per la produzione di una quantità adeguata di vitamina D è sufficiente l’esposizione al sole per almeno 15 minuti al giorno, purché senza filtri. Per fare questo, senza incorrere nell’effetto nocivo dei raggi solari, basterebbe ricevere il sole delle prime ore del mattino, quando ancora non si è raggiunta la perpendicolarità dei raggi. Per intenderci, se andassimo al mare dalle 8:00 del mattino fino alle 9:30 circa, dovremmo esporci senza applicare la crema protettiva, dopo bisogna necessariamente applicare un fattore di protezione tra il 50+ ed il 20+, secondo il proprio fototipo.

E se volessimo incrementare l’assunzione di vitamina D con gli alimenti?

Bisogna precisare che il nostro corpo riesce ad assimilare solo il 10% della vitamina D da fonte alimentare. Ne sono ricchi i cereali per la prima colazione, come muesli  e fiocchi d’avena , la frutta secca, i pesci come sgombro, salmone, aringhe e le uova. Tutto il resto è prodotto dalla pelle che, ricevendo luce solare, attiva il precursore della vitamina D, altrimenti presente nella sua forma inattiva.

 Per rispondere dunque  alla domanda “Sole si o sole no”? Naturalmente SI, ma con un certo criterio!

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