di Saro Faraci il “Professorista”
Questa puntata pre-natalizia di #startupmystory ci fa conoscere come è una start up interamente concepita all’interno dei tanti percorsi formativi che l’Università di Catania riserva ai propri studenti in tema di innovazione ed imprenditorialità, ovvero il Contamination Lab. A raccontarcela Gabriele Sortino, 25 anni, CEO ed ideatore di Herman, l’avventura imprenditoriale di cinque giovani talenti dell’Ateneo siciliano.
«Vengo da Nissoria, un piccolo paesino nel cuore della Sicilia in provincia di Enna. Ho conseguito il titolo di laurea triennale in Scienze e tecnologie agrarie all’Università di Catania con tesi sulle vertical farm. Sono in procinto di concludere i miei studi magistrali ed attualmente sto svolgendo una tesi sperimentale con il professore Francesco Giuffrida e il dottor Rosario Mauro» – si presenta così Gabriele Sortino.
– Nella tesi magistrale di cosa si sta occupando?
«Insieme al team di ricerca, stiamo conducendo degli studi sulla biofortificazione di lattuga e pomodoro, coltivati in idroponica, uno degli argomenti che più mi appassiona. Ho svolto parte dei miei studi di laurea magistrale all’estero presso la Czech University of Life Sciences di Praga, in cui ho sostenuto dei corsi e partecipato alle ricerche svolte dall’ingegnere Ivan Jablonský presso i laboratori dell’Università»
– Complimenti! Andare all’estero sta diventando un “must” per le giovani generazioni.
«Una delle mie passioni è sicuramente viaggiare. Negli ultimi sei anni ho avuto la fortuna di visitare città come Sidney, Praga, Barcellona, Marsiglia, Budapest, Amsterdam e tante altre»
Una innovazione nella coltivazione idroponica
– Ci parli di Herman, il progetto imprenditoriale con cui avete partecipato a Start Cup Catania 2020 e Vi siete classificati terzi. In cosa consiste il vostro progetto?
«Herman è un innovativo sistema indoor di coltivazione idroponica rivolto al settore dell’Ho.Re.Ca, cioè hotel, ristoranti, catering. Consente di produrre prodotti vegetali di alta qualità, a chilometro zero, senza la presenza di pesticidi, metalli pesanti e inquinanti di alcun genere. Il modulo è in grado di ridurre i tempi di produzione fino al 50% permettendo alte rese in dimensioni ridotte»
– L’innovazione di processo in cosa consiste?
«Lo abbiamo progettato con un sistema di smart assistance and remote control che permetta di ottenere prodotti di altissima qualità, in qualunque stagione. Grazie alla nostra tecnologia i nostri clienti, anche non avendo nessuna competenza specifica, potranno coltivare i loro prodotti senza impiegare tempo nella coltivazione. Ed avranno la possibilità di auto-coltivare i loro prodotti»
Il ruolo dell’Università di Catania
– Per rimanere in tema di coltivazione, la vostra business idea è maturata ed è stata coltivata all’interno del Contamination Lab di cui avete vinto l’edizione 2020. Quanto è stato importante per Voi quel percorso formativo?
«Io, come tutti gli altri membri del mio team, ho avuto la fortuna di partecipare al Contamination Lab, un percorso di educazione all’innovazione e all’imprenditorialità svolto dall’Università di Catania. Il C-Lab ci ha permesso di ottenere le competenze necessarie per implementare l’idea e renderla un progetto a tutti gli effetti»
– Vi ha seguito qualcuno in questo percorso?
«Tutto questo è stato possibile grazie ai nostri coaches, tra cui Jacopo Mele, Vincenzo Di Maria e tanti altri, che hanno svolto delle top mentorship seguendoci in tutto il percorso e dandoci consigli e feedback al fine di migliorarci incontro dopo incontro. Sicuramente l’esperienza maturata all’interno di questo ambiente è stata fondamentale per prendere coscienza del potenziale dell’idea e nell’attuare tutti i passaggi necessari alla realizzazione»
– Chi fa parte del team di Herman e con quali competenze?
«Il mio è un team multidisciplinare preparato e motivato che, anche grazie al Contamination Lab, ha avuto la possibilità di poter implementare le proprie soft skills utili sia alla realizzazione che alla creazione della start-up. Il team ha diversi componenti. Leonardo Luca, biologo specializzato in biotecnologie vegetali, che in passato ha approfondito gli studi sulla fermentazione dei mosti all’interno dei laboratori di microbiologia degli alimenti del Di3a all’Università di Catania. Ettore Trimarchi, laureato magistrale in Scienze e tecnologie agrarie con l’indirizzo economico progettuale, ha svolto delle collaborazioni con alcune aziende sementiere. Irene Selvaggio, sociologa, iscritta al corso di laurea magistrale in Sociologia delle reti, dell’informazione e dell’innovazione all’Università di Catania, è appassionata di marketing e comunicazione. Camillo Bosco, ingegnere idraulico, ha conseguito il dottorato di ricerca in efficientamento delle reti di distribuzione idrica presso l’Università di Catania»
Le potenzialità di mercato
– Per quali motivi pensate che il vostro progetto potrà trovare apprezzamento presso i ristoranti gourmet? Si tratta di un mercato attrattivo? Avete avuto primi riscontri positivi?
«Con il mio team abbiamo sondato il mercato svolgendo interviste, sondaggi, analisi di mercato e questionari che abbiamo somministrato sia a consumatori che a imprenditori»
– Cosa è venuto fuori da questo corposo lavoro di indagine?
«E’ emerso che tutti gli chef intervistati hanno un unico grande sogno nonché quello di possedere il proprio orto. Allora abbiamo deciso di analizzare meglio i fondamenti del loro desiderio, cercando di capire quali fossero i problemi che non ne permettano il soddisfacimento. Il mercato della ristorazione di lusso e del gourmet sono stati quelli che hanno risposto meglio alla presentazione del progetto. Molti chef e imprenditori sin da subito hanno mostrato interesse verso l’acquisto del modulo»
– Avete partecipato a Start Cup Catania che, a differenza di altre competition, mette a confronto tra loro i progetti imprenditoriali sulla base di veri e propri business plan. Quanto è stata utile questa esperienza per Voi?
«Sia l’esperienza raccolta dal Contamination Lab che dalla Start Cup sono stati fondamentali per farci crescere come team e darci ancora più motivazione nell’andare avanti. Rispetto al Contamination Lab, per la Start Cup ci siamo dovuti concentrare molto sul business plan. Grazie all’aiuto dei commercialisti, siamo riusciti a levigare tutte le imperfezioni del nostro precedente modello di business, analizzando ancora meglio il mercato e il prodotto, e valutando anche altre forme di vendita del modulo tra cui il leasing»
Verso la costituzione dell’impresa
– Dal progetto all’impresa. Avete già costituito la start up? Quali saranno i prossimi passi?
«Ad oggi, anche a causa della pandemia, non abbiamo costituito l’azienda, ma ci stiamo lavorando. Prevediamo che entro il 2021 l’azienda verrà costituita cosicché dal 2022 i nostri clienti potranno iniziare ad acquistare e utilizzare Herman. Ad oggi, infatti, la nostra road map consiste nell’approdare sul mercato nazionale già dal 2022. Successivamente dal 2024 pensiamo di approdare sul mercato europeo e successivamente a quello internazionale»
– Come pensate di finanziare il progetto?
«Stiamo valutando molte strade per ottenere finanziamenti. Tra queste, l’autofinanziamento e la partecipazione a bandi per start-up innovative, sono quelle che al momento stiamo valutando maggiormente, senza escludere un’eventuale campagna di crowdfunding. Ci stiamo anche guardando intorno alla ricerca di investitori e business angels che ci possano dare la liquidità necessaria alla realizzazione»
Ecosistemi e startup
– C’è grande fermento nel mondo giovanile universitario e dentro i Contamination Labs. Succede però spesso che i progetti maturati nelle aule universitarie si interrompano e non si arrivi alla costituzione della start up nè tanto meno alla fase del “go to market”. Secondo lei perchè succede questo?
«Credo che questo problema derivi da una moltitudine di fattori. In Italia ci sono molti giovani creativi che ambiscono a realizzare un’idea e vorrebbero creare una start-up, spesso però questo percorso è ostacolato da una società che non è abituata all’innovazione e al rischio d’impresa. A differenza di altri stati in Italia non è facile ottenere capitali ad alto rischio. Questo sommato all’elevata tassazione e alla burocrazia scoraggia non poco i giovani startupper che preferiscono non intraprendere il loro percorso»
– Se foste stati a Milano, anzichè trovarvi a Catania, la location avrebbe avuto impatto diverso sul vostro progetto? Ad esempio, avrebbe impresso maggiore accelerazione alla fase di trasformazione da progetto ad impresa?
«Sicuramente Milano è la città che in Italia sente più forte la tematica dell’innovazione. Tramite altri startupper e blog dedicati, sono a conoscenza di molti eventi per start-up che si svolgono proprio sul territorio di Milano o a Roma. Catania però, rispetto a molte altre città, sta sempre di più colmando questo divario diventando una vera città dell’innovazione con molte start-up attive sul territorio e con associazioni ed eventi dedicati all’innovazione»
– Dato che lei ha viaggiato molto, rispetto all’estero invece come siamo messi?
«Diverso è, invece, il divario da colmare tra l’Italia e altri Stati. Ci vorrà molto impegno da parte del governo e delle istituzioni, abbiamo bisogno di pianificare una giusta cultura dell’innovazione che inizi già dalla scuola primaria. Ci vorrebbero anche delle riforme per agevolare la creazione e lo sviluppo di queste realtà. Abbiamo le menti giuste per poter fondare la Silicon Valley dei mercati futuri proprio in Italia. Dobbiamo solamente fornire gli strumenti giusti alle nostre giovani menti»