di Katya Maugeri
“Droga e carcere al tempo del Coronavirus” è il titolo dell’undicesima edizione del “Libro Bianco sulle droghe”, che ogni anno fa il punto sulle conseguenze delle politiche sulle sostanze in Italia. Un rapporto indipendente promosso da un ampio cartello di associazioni impegnate sul tema. Lo studio è volto a valutare gli effetti sociali, giudiziari, sanitari, economici e culturali della legislazione anti-droga presente in Italia ed è promosso da La Società della Ragione, Forum Droghe, Antigone, Cgil, Cnca, Associazione Luca Coscioni, Arci, Lila e Legacoopsociali con l’adesione di A Buon Diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica Cgil, Gruppo Abele, Itardd e Itanpud.
Uno dei curatori è Leonardo Fiorentini che si occupa di politiche sulle droghe sin dalla nascita del sito di Fuoriluogo, di cui è diventato direttore nel 2014. Un mensile specializzato sui temi delle droghe, del carcere, della marginalità, edito autonomamente dall’associazione e diffuso come inserto del quotidiano nazionale Il Manifesto, e oggi il suo sito web fuoriluogo.it.
Fiorentini inoltre è membro del direttivo di Forum droghe che ha ottenuto status consultivo ECOSOC, all’ONU durante le riunioni della Commission on Narcotic Drugs, l’organo deputato a sovrintendere alla gestione delle Convenzioni internazionali sulle sostanze psicotrope. Si occupa di politiche sulla cannabis, seguendo il percorso verso la sua regolamentazione legale, in particolare in Nord America e lavora con i movimenti internazionali e italiani per la legalizzazione.
Il Libro Bianco sulle droghe, giunto alla undicesima edizione, è un rapporto indipendente sui danni collaterali del Testo Unico sulle droghe. Da cosa nasce l’idea di realizzare un progetto così importante e ambizioso?
«L’idea, anzi la necessità, è venuto a seguito dell’approvazione della famigerata legge Fini-Giovanardi nel 2006. Per Forum Droghe, Antigone e Società della Ragione, le prime promotrici del Libro Bianco, era necessario monitorare gli effetti di quella legge, iperpunitiva, sul sistema penale e carcerario. Si trattava di capire come in particolare le carceri del nostro paese sarebbero state impattate dall’innalzamento delle pene e dalla equiparazione delle sostanze. Un effetto che si è rivelato devastante: non è un caso che l’Italia sia stata condannata dalla Cedu per trattamento disumano e degradante dei detenuti pochi anno dopo. È stato un diretto effetto dell’aumento della carcerazione per droghe. Non che prima andasse molto meglio, ma l’impennata di ingressi anche per piccoli reati ha letteralmente messo in ginocchio il nostro sistema penitenziario.
Se non avessimo cominciato questa opera di monitoraggio, oggi non potremmo dimostrare, dati alla mano, che l’aumento delle pene, l’equiparazione delle sostanze, gli slogan sulla “droga che fa male” (rigorosamente al singolare) non solo non hanno avuto alcun effetto nei consumi di droghe illegali, ma hanno spostato l’attenzione del sistema repressivo sulle sostanze meno pericolose (come la cannabis) facendo sì che le operazioni di polizia su eroina e cocaina diminuissero a Fini Giovanardi vigente.
Abbiamo riempito le carceri di pesci piccoli e rovinato la vita a oltre 1 milione di persone, per lo più giovani, a causa di una segnalazione per consumo e delle relative pesanti sanzioni amministrative. Tutto questo senza avere un minimo impatto sulle narcomafie, anzi rafforzandole».
Il rapporto, oltre a contenere i dati (2019) relativi agli effetti della war on drugs sul sistema penale e penitenziario italiano, presenta un focus sulle conseguenze della crisi Covid-19 su carcere e consumi. Che cosa ne emerge?
«Il completo fallimento delle politiche probizioniste (in Italia come nel mondo), e l’assoluta inefficacia nel “salvaguardare la salute pubblica” della legge italiana sulla droga da una parte. Dall’altra l’incapacità della politica di farsi carico di questo fallimento e di avviare una riforma. Il Testo Unico sulle droghe ha 30 anni, e si vedono tutti. E’ inadeguato ai tempi nella parte in cui organizza i servizi, ed è devastante nella parte penale. Oggi sostanze e stili di consumo sono molto cambiati: eppure abbiamo un sistema di intervento pubblico ancora basato sul modello del consumatore di eroina degli anni 80. Le carceri invece sono piene per un terzo di persone candannate per droghe, mentre un altro 27% è rappresentato da persone dichiarate “tossicodipendenti”. In parte sovrapponibili, rappresentano».
Quest’anno il Libro Bianco pone grande attenzione alla situazione dei consumi di sostanze e delle carceri durante l’emergenza sanitaria…
«Emerge da un lato una impreparazione del sistema penitenziario italiano alla gestione di emergenze come queste. Nonostante il miracolo del mancato arrivo per ora dell’epidemia nelle carceri, 13 morti chiedono ancora verità e giustizia. Le rivolte dei primi giorni del lockdown sono la tragica cartina di tornasole di un sistema che è incapace di governarsi e di gestire l’ordinario come lo straordinario.
D’altro lato le migliaia di scarcerazioni rese possibili dalla magistratura di sorveglianza in questi mesi, sono l’evidenza di un sistema che non funziona. Sono state avviate a misure alternative del carcere migliaia di persone, di fatto a legislazione vigente. Potevano quindi essere fatte prima, ma evidentemente è servita la pandemia per trovare la volontà.
Dal lato del mercato illegale e delle persone che usano sostanze presentiamo i dati preliminari di 3 ricerche svolte durante il lockdown. Tutte ci dicono, confermate anche dagli studi fatti a livello europeo dall’Osservatorio di Lisbona e dall’Europol, che il mercato nero delle droghe ha dimostrato una grande capacità di adattamento, continuando di fatto ad esistere nonostante il lockdown. D’altro canto le persone che usano sostanze hanno dimostrato una forte capacità di regolazione dei loro usi. Una ulteriore prova che l’immagine del “tossicodipendente” incapace di controllarsi, è uno stereotipo stigmatizzante utile solo all’ipocrisia ideologica della “Chiesa della proibizione”, come la chiama Peter Cohen».
Il 34,80% dei detenuti è in carcere per la legge sulle droghe. Cosa non si è ben capito ancora?
«Il nostro paese è fuori scala in Europa e nel mondo per quel che riguarda la carcerazione per droghe. La media europea è al 18%, quella mondiale ferma al 20%. Oggi in Italia è tremendamente più facile finire in carcere per droghe che per un qualsiasi altro reato contro la persona o il patrimonio. 1 imputato su 2 viene condannato nei processi in cui non vi è alcuna vittima, quelli per droghe, mentre questo rapporto diventa 1 a 10 per reati ben più gravi contro la persona ed il patrimonio. Quando si “inneggia” alla domanda di sicurezza da parte dei cittadini additando lo spacciatore sotto casa li si inganna per l’ennesima volta. Gli stessi morti per overdose (373 nel 2019), sono meno dei morti durante le escursioni in Montagna (446 nello stesso anno).
Questo non per sminuire un dato che ci preoccupa molto, quello dell’aumento costante del 10% negli ultimi 3 anni delle overdose, ma per riportarlo alla sua dimensione. Dimensione che non giustifica la mole di impegno repressivo (assolutamente inutile) dello Stato. Le politiche proibizioniste hanno fallito: aggiungono danni sociali, minano la salute delle persone e sono pure assolutamente inefficaci come i dati che ogni anno presentiamo dimostrano»
Quanta disinformazione persiste sul fenomeno droga?
«Permane il tabù. In Italia no si è ancora capaci di togliersi di dosso quel velo di ipocrisia che impedisce di trattare un fenomeno sociale come quello dell’uso delle sostanze come tale. L’uso di sostanze fa parte della storia dell’umanità, non può essere estirpato da una legge penale, e deriva dalla ricerca a volte di cura, a volte di piacere, altre volte dalla volontà di estraniarsi. Capire questo e sforzarsi di basare gli interventi sulle evidenze scientifiche e non sulla morale è il primo passo. Poi viene l’investimento su interventi di riduzione del danno e dei rischi. Ed infine sulle cause e le motivazioni dell’uso problematico delle sostanze illegali; che esiste, ma è limitato ad una piccolissima parte dei milioni di persone che in Italia usano droghe».