"E rimasero sorpresi", i misteri dell'anima nei racconti di Maria Giovanna Augugliaro

"E rimasero sorpresi", i misteri dell'anima nei racconti di Maria Giovanna Augugliaro

di Pina Mazzaglia

CATANIA – Nei giorni scorsi nella sala eventi delle Antiche Cisterne di Tremestieri Etneo è stata presentata “E rimasero sorpresi”, terza raccolta di racconti della scrittrice catanese Maria Giovanna Augugliaro, edito da prova d’autore – Collezione Sale d’attesa -, con la prefazione di Massimo Borghese.

Il racconto mette in evidenza gli aspetti emozionali delle cinque protagoniste che si trovano, loro malgrado, dentro un buco nero che le risucchia. Il senso di vuoto è l’elemento dominante all’inizio di ciascun racconto. Accade un fatto, estremamente grave eppure non insolito: la perdita di una persona amata, un licenziamento, un tradimento, e le protagoniste si ritrovano in una quotidianità insopportabile. “È un buco nero il vuoto” -, dice Clara nel primo racconto dal titolo “La strada”. “Qualcosa che risucchia. Senza ritorno. Io l’ho capito dopo aver tanto tempo abitato col demonio” – continua. Nessuno sforzo, nessun autocontrollo è in grado di restituire a queste donne l’esperienza della pace. Quello che hanno perduto richiede una risposta definitiva al dramma dell’esistenza. Lo stupore è quello che accade dopo. Un incontro che salva loro la vita. Salva la vita di Clara che si trova a frequentare Paolo che, invece di propinarle discorsetti, la conduce con lui a dare da mangiare agli affamati. Un incontro salva anche la vita di Cinzia, ingiustamente licenziata da un contabile squallido e arrogante. E poi c’è “Crème brûlée”.

Valeria si trova a Parigi per un’avventura amorosa che l’ha portata lontano dal marito e dai figli. Nell’elegante albergo dove alloggia incontra un professore di filosofia lì di passaggio per un ciclo di seminari alla Sorbona. Lui le parla del destino. Un’amicizia salva anche la vita di Giulia. La loquace Giulia che impara da Rhò a usare le parole. Un incontro casuale le porta ad andare avanti. O meglio ad andare in profondità. Dentro la profondità delle cose. A fare da contraccolpo al buio. Dunque, in ogni storia c’è sempre un’alterità. Il completamente diverso, normalmente, un uomo. Unica eccezione “Le equazioni della storia”. Qui è l’amica morente a turbare, a smuovere fino alle viscere, mettendo a nudo tutta l’umanità ferita. Sono storie di incontri fortuiti, casuali eppure determinanti. Ogni parola, ogni gesto ha un peso nel dramma che queste donne vivono, le scuote, introducendo uno spiraglio di possibilità. L’autrice sottolinea l’assoluta mancanza di automatismo negli avvenimenti narrati. Nelle scelte tutto diventa una questione di libertà. Chiara, nelle “Equazioni della storia” scappa di fronte al sorriso dell’amica morente.

Un sorriso pieno di gratitudine. Quindi, potremmo dire, che fino a un certo punto tutto si svolge nel politicamente corretto. E invece, mentre queste donne, si aspettavano il sepolcro, mentre vivevano il sepolcro, rimangono sorprese. L’esperienza dello stupore accade nel volto di un amico che si occupa degli indigenti, Che offriva a tutti un ancoraggio, un altro mondo; o ancora del collega che amava il suo lavoro; o meglio, qualcosa di grande, di incommensurabile dentro il lavoro, in ogni cosa che faceva. Accade nel dialogo con un vecchio professore che parla del destino; o dell’amica che ascolta paziente e screma il male in ogni cosa e vede solo il bene. Questi incontri sono la via di salvezza a un’esistenza triste.  Non una via di evasione, non una via di fuga ma una via di salvezza.

“Una vita semplice, che trae piacere dalle piccole cose per il valore infinito che riconosce loro è una vita da invidiare” – dice il vecchio professore in crème brûlée. E ancora “La vita non ti inganna è una promessa” – dice Rho alla fine del testo.

Ed è questo in fondo il senso di tutto il libro.

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