Educarsi ed educare alla realtà virtuale, "la libertà che desideriamo e che il web ci concede, richiede molta responsabilità"

Educarsi ed educare alla realtà virtuale, "la libertà che desideriamo e che il web ci concede, richiede molta responsabilità"

di Katya Maugeri

Un libro originale, “Educarsi ed Educare al web. 30+1 riflessioni, consigli e idee per tutti“, edito dalle Edizioni San Paolo, nel contenuto e nella forma. Gli autori, Marco Pappalardo e Alfredo Petralia, hanno delineato i capitoli con delle domande “dilemmatiche”. Solo per adulti o anche per i più piccoli? Cultura o imbarbarimento? Social o a-sociale? Studio o distrazione? Libero o nella rete? Condivisione o egoismo? Credibilità o apparenza? Interessanti e utili per stimolare la riflessione. Responsabile o “non sono stato io”, attuale mai come adesso. Ma cosa intendono i giovani per responsabilità?

«La responsabilità è adeguata all’età, alla consapevolezza, al ruolo in famiglia e nella società, ma l’educazione comincia da piccoli per essere consapevoli al momento giusto e non celarsi dietro al dito del “non sono stato io!”, spiega Marco Pappalardo, giornalista pubblicista e docente di Lettere. I giovani intendono e intenderanno innanzitutto ciò che gli è stato trasmesso dagli adulti con le parole e con la testimonianza di vita, poi quanto gli stessi adulti gli hanno man mano concesso a livello di responsabilità e infine il frutto, buono o marcio, del confronto tra loro quando si è mancati o si è stati fedeli alle proprie responsabilità, piccole o grandi, in un determinato momento. Tutto questo per loro va applicato alla concretezza: avere le chiavi di casa, poter guidare un mezzo a due o quattro ruote, tornare tardi la sera, avere uno smartphone costoso, fare un viaggio senza la famiglia, gestire un po’ di euro, studiare chiusi in camera, stare sui social senza il controllo dei genitori, ecc.

E se qualcosa va male o malissimo? Qualcuno dice “sono ragazzi”, altri che “a questa età si può sbagliare facilmente”, altri ancora che “la responsabilità non è loro”. Invece le questioni da affrontare sono: quando cresceranno? Quando potremo ritenerli responsabili della propria vita e di quella degli altri? Si è responsabili solo in alcuni casi ed in altri no? Si è “grandi abbastanza” per certe cose ed altre no? Vale anche per internet: la libertà che desideriamo e che il web apparentemente ci concede, richiede molta responsabilità così come il metterci la faccia senza nascondersi dietro uno schermo o una chat di gruppo.

Troppi profili social sono senza una foto del proprietario, troppi ancora si nascondono con false identità; a parte i delinquenti e i malintenzionati che sanno cosa fanno di male e optano per il nascondimento, tutti gli altri dobbiamo essere on line così come siamo “on life”! E tra reale e virtuale dovremmo chiederci pure (per questo il libro punta anche sull’educarsi) cosa i grandi intendiamo per responsabilità».

Il libro, già presente online e in tutte le librerie, è introdotto dalla Prefazione di uno dei massimi esperti del settore, Bruno Mastroianni, e si conclude con un’utile Appendice sulla didattica a distanza con consigli pratici per gli studenti delle diverse età, per i genitori e per gli insegnanti di ogni ordine e grado.

Un libro necessario che arriva dopo una realtà appena conosciuta: pandemia e didattica a distanza. Distanziamento sociale, emotivo e culturale. Cosa ha cambiato il Covid-19 nella realtà educativa?

«Noi siamo stati per tre mesi lontano dai nostri alunni, con uno schermo a mediare lezioni, informazioni ed emozioni – racconta Alfredo Petralia è un esperto in informatica applicata di Catania e Lead Mentor del CoderDojo Etneo, una dinamica realtà che mira a diffondere tra i bambini e i ragazzi le nuove competenze digitali -.

Certamente è stata una fune cui ci siamo aggrappati con tutte le nostre forze per proseguire, con tutti i limiti del caso, quel minimo di relazione educativa, essenziale, in un periodo così difficile, tanto per gli alunni che per i docenti; per questo preferiamo parlare di didattica di emergenza e non di didattica a distanza. Potendo scegliere, nessuno tornerebbe alla DAD, ma è innegabile quanto ci abbia aiutato. Purtroppo alcuni docenti non si sono adeguati al nuovo sistema, molti studenti hanno avuto difficoltà logistiche nel connettersi, ma nella maggior parte dei casi, il sistema ha funzionato.

E possiamo raccontare di tanti colleghi che hanno inventato ogni sorta di appuntamento per stare più vicino ai propri alunni, in ogni ordine scolastico: dalle fiabe raccontate all’infanzia ad una cioccolata condivisa con gli studenti del liceo. Inutile dire come la comunicazione ha sempre un elemento non verbale essenziale, che ovviamente a distanza si perde. Al di là di qualche aspetto logistico, credo che il Covid non ci abbia cambiato nella relazione educativa, ci siamo adeguati al cambiamento, ma non vediamo l’ora di rivedere in presenza i nostri alunni, di riappropriarci del nostro clima e di imparare insieme a vivere in un mondo, quello sì, che è certamente diverso».

I ragazzi come si relazionano al mondo reale e al mondo virtuale?

«Per molti (adulti inclusi) il web non è più, come forse all’inizio un “luogo” d’evasione e di svago, poiché essi vi hanno trasportato e traslocato tutta la vita, ora per ora, azione per azione, ci racconta Marco Pappalardo. Si posta anche l’indicibile, attendendo un like a conferma della propria esistenza; si compra e si vende di tutto, c’è l’onestà e c’è l’imbroglio, si studia e ci si laurea, ci si procaccia il cibo preferito, si organizzano viaggi, si gioca, si discute, ci si innamora, si prega. Che dire? Non c’è niente di più reale che il virtuale!

Eppure c’è qualcosa che non convince del tutto, forse a volte spaventa pure; è come se la vita sfuggisse di mano e fosse consegnata a qualcuno che non conosciamo con una fiducia straordinaria e illimitata mai data ad altri seppur noti. Le pagine dei social su internet sono piene di notizie, dati, foto, storie, racconti personali, diari intimi, questioni che “un tempo” – possiamo ben dirlo – si raccontavano solo alle persone di fiducia, agli amici più stretti.

I profili o diari personali più che sociali, cioè aperti all’altro da sé, appaiono in molti casi come luoghi in cui l’egocentrismo fa a gara con la vanagloria, in cui paradossalmente, mentre si crede di essere in tanti, ci si ritrova soli a guardare e riguardare quella pagina in attesa che qualcuno ci dia un minimo segno, la speranza di avere un seguito, quasi l’elemosinare un “Mi piace”. Non solo! Dovremmo essere “social” e dunque più aperti, eppure ci chiudiamo anche fisicamente in una specie di guscio incurvandoci sul nostro smart-phone, ci chiniamo “devoti” dinanzi al pc, ci specchiamo negli schermi dei tablet in attesa di essere definiti i più belli del reame.

C’è allora una via d’uscita? Si deve tornare indietro nel tempo? La via d’uscita, per assurdo, è un percorso di entrata, cioè di starci dentro con competenza, equilibrio, conoscenza, temperanza, saggezza, leggerezza. I valori hanno solo bisogno di essere messi in luce, rifuggendo le banalità e le ovvietà, puntando l’attenzione sul recupero e la cura delle relazioni nelle situazioni di lontananza fisica, sulle reti di solidarietà, sulla messa in circolo di vere buone notizie».

Pappalardo e Petralia intendono presentare il nuovo libro all’interno di scuole, parrocchie, oratori, altre realtà educative e di aggregazione giovanile, come utile strumento di lavoro e di riflessione sull’uso responsabile di internet. Per loro è stato pensato pure un progetto di incontri on line con gli autori che accompagni la lettura.

Il testo è semplice, pratico e ricco di proposte concrete, dunque un ottimo strumento per i genitori, gli insegnanti, gli educatori, gli animatori, i giovani, gli studenti delle scuole secondarie di I e II grado.

Educarsi ed Educare, quali sono gli ostacoli che lo impediscono in questo momento storico?

«Le normative e i protocolli sicuramente sono un ostacolo, tanto nel pensare quanto nel mettere in atto una serie di attività, se prendiamo le distanze dal fattore contingente educarsi ed educare sono comunque due procedimenti complessi.

Il mondo ormai va veloce. Alcune delle cose che hai imparato a scuola, e che ai tempi erano fondamentali magari non esistono o non servono più e bisogna sviluppare quella che è una delle nuove competenze europee “imparare a imparare”. Molti invece si credono arrivati, mettono punto, non sentono l’esigenza di aggiornarsi, di continuare a imparare e inevitabilmente restano indietro. Inoltre il lavoro su sé stessi, la voglia di migliorarsi prevede anche una certa dose di umiltà, virtù oggi poco diffusa.

Educare, da sempre, è un processo affascinante; far parte della vita di una persona, ricoprire un ruolo di responsabilità nella sua formazione è bellissimo ma anche molto rischioso se non se ne comprendono appieno le conseguenze. Ho visto alunni feriti emotivamente da alcuni docenti e altri letteralmente salvati da colleghi che hanno saputo guardare oltre. La radice del verbo educare ci invita a tirare fuori in ogni ambiente educativo il meglio da ognuno, non il massimo, ma il meglio che ognuno di loro può esprimere».

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