di Carlotta Costanzo
Successivamente al golpe militare del 2013 contro il Presidente Mohamed Mursī, lo Stato egiziano ha visto emergere una nuova figura politica Abd al-Fattah al-Sīsī, ex Comandante delle Forze Armate negli Stati Arabi. Al-Sīsī è oggi Presidente di uno degli Stati africani più importanti del bacino del Mediterraneo, in cui gli strascichi suprematisti e i metodi autoritari sono ancora all’ordine del giorno. Infatti, una volta deposto il Presidente Mursī, Al- Sīsī ha subito intrapreso una campagna di repressione contro i dissidenti politici, arrestando tutti i manifestanti laici e di sinistra e gli islamici vicini ai Fratelli Musulmani di cui Mursī era difensore e promotore.
Al primo posto dell’agenda presidenziale Al-Sīsī ha inserito una serie di politiche economiche in grado di introdurre l’Egitto all’interno del mercato globale attraverso nuovi piani infrastrutturali, strategie competitive e sviluppo sostenibile (Sustainable Development Strategy: Egypt’s Vision 2030). Le mire geopolitiche di Al-Sīsī non prestano però attenzione all’aspetto dei diritti umani e del welfare della popolazione. Da un lato, l’Egitto, nonostante abbia firmato la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, è sempre più aggressivo e repressivo “nei confronti di organizzazioni della società civile, difensori dei diritti umani, attivisti pacifici, avvocati, blogger, giornalisti, difensori dei diritti dei lavoratori e sindacalisti, anche arrestandone e facendone sparire alcuni e ricorrendo sempre più alla legislazione antiterrorismo e allo stato di emergenza” (Risoluzione del Parlamento europeo del 13 dicembre 2018 sull’Egitto). Dall’altro, dal luglio 2018, il presidente Al-Sīsī ha messo in atto misure di austerità per ripagare un’ingente somma di denaro in prestito dal Fondo Monetario Internazionale che va a ricadere direttamente nelle tasche degli imprenditori e dei cittadini egiziani (Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale – LUISS).
Lo Stato egiziano non sembra avere alcuna intenzione di mantenere e garantire i diritti umani. Ad aumentare la consapevolezza sulla situazione egiziana è stato l’omicidio di Giulio Regeni e il rapimento di Patrick Zaky. Tuttavia, nonostante #veritàperGiulioRegeni e #FreePatrickZaky echeggiano in ogni tipo di mezzo di comunicazione, l’Italia decide di introdurre altre strategie: stabilire un nuovo accordo bilaterale con l’Egitto sulla vendita di armi e di navi militari e garantire l’egemonia di Eni nei giacimenti di gas presenti nel Paese africano. Il tutto viene sicuramente colorato dal rapporto precario che lega entrambi i Paesi, anche se supportando fazioni differenti, alla questione libica.
Mentre oggi la procura di Roma chiude l’ancora poco chiara inchiesta per l’omicidio di Giulio, ci poniamo tutti una domanda. L’Italia potrebbe intervenire negli affari interni dell’Egitto per porre fine alla questione Zaky? La risposta è no. Il secondo articolo della Carta dell’ONU fa espressamente riferimento all’abbandono dell’uso della forza, delle armi e della repressione violenta da parte di uno Stato per garantire e preservare la pace e la sicurezza internazionale (principio di non intervento). La stessa risposta varrebbe per l’Unione Europea e per le Nazioni Unite che, nonostante siano soggetti difensori delle libertà individuali di espressione e di pensiero, non potrebbero agire nel merito. In particolare, la Responsabilità di Proteggere dell’ONU pone l’accento sul fatto che l’intervento umanitario per giusta causa può essere considerato una misura straordinaria da mettere in campo solo nel caso in cui si verifichino due condizioni: perdite di vita massicce e “pulizie etniche” in larga scala. Il criterio della numerosità quindi sembra essere quello fondamentale per determinare interventi militari da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Constatata l’insostenibilità di un’azione diretta da parte dell’ONU, due considerazioni di natura politica devono essere fatte in merito al rapporto tra Unione Europea ed Egitto nell’area del Mediterraneo. Innanzitutto è importante sottolineare che l’Unione Europea agisce secondo un modello intergovernamentale in materia di politica estera, cioè gli Stati membri si coordinano in modo volontario per determinare il processo decisionale. Tuttavia, la politica estera europea subisce le spinte del direttorio francese sin dalla decisione unilaterale nel 2011 di riorganizzare militarmente i ribelli libici contro Gheddafi e di mettere pressione al Consiglio Europeo. Pertanto, il ruolo della Francia nella politica estera europea (se così possiamo chiamarla) si rivela decisivo per l’eventuale possibilità di un’azione collettiva. Allo stesso tempo, la Francia spera di trarre vantaggio dall’irrigidimento dei rapporti tra Italia ed Egitto, cercando di recuperare un po’ di terreno dopo che l’Eliseo non è riuscito a chiudere degli accordi sui gasdotti della stessa portata di quelli italiani dell’Eni (riporta Wired). Questa considerazione non sembra infatti infondata, ma anzi il 7 dicembre scorso il Presidente francese Emmanuel Macron conferisce al Presidente egiziano Al- Sīsī la più alta onorificenza della Repubblica francese, la Legion d’onore, per non parlare della dichiarazione del Presidente francese di non voler condizionare la vendita delle armi francesi al rispetto dei diritti umani.
Mentre l’Egitto continua a violare i diritti umani, i leader europei, anziché procedere con interventi indiretti, sanzioni e blocchi contro lo Stato egiziano, continuano ad affiggere medaglie al petto di Al- Sīsī.
Egypt, Italy, European Union and United Nations: any possible intervention against Egypt?
Just after the military coup in 2013 against the president Mohamed Mursī, the Egyptian state saw the emergence of a new political figure Abd al-Fattah al-Sīsī, former Chief of the Arab States Armed Forces. Today, Al-Sīsī is the President of one of the most important African states in the Mediterranean area, where the supremacist aftermaths and the authoritarian methods continue to be the order of the day. Indeed, after President Mursī has been deposed, Al- Sīsī has immediately undertaken a repressive campaign against political dissenters by detaining all the secular and leftist demonstrators and the muslims close to the Muslim Brothers of which Mursī was a defender and supporter.
At the top of the presidential agenda Al- Sīsī put a series of economic policies to include Egypt within the global market through new infrastructure plans, competitive strategies and sustainable development (Sustainable Development Strategy: Egypt’s Vision 2030). His geopolitical ambitions do not pay attention to human rights’ defence and people’s welfare. From the one hand, Egypt, although it had signed the UN Universal Declaration of human rights, is more and more aggressive and repressive “against civil society organisations, human rights defenders, peaceful activists, lawyers, bloggers, journalists, labour rights defenders and trade unionists, including by arresting and disappearing several of them and increasingly using counter-terrorism and state of emergency laws” (European Parliament Resolution of 13 December 2018 on Egypt). From the other, from July 2018, President Al- Sīsī has introduced austerity measures in order to pay a huge amount of money borrowed from the International Monetary Fund, thus directly affecting Egyptian entrepreneurs’ and people’s pockets (Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale – LUISS).
The Egyptian state do not appear keen to grant human rights. The murder of Giulio Regeni and the kidnapping of Patrick Zaky raised the conscience of the Egyptian issue. Nevertheless, although #TruthforGiulioRegeni and #FreePatrickZaky resound on every mean of communication, Italy decides to implement other strategies: the establishment of a new bilateral agreement with Egypt on selling arms and military ships and the guarantee of Eni hegemony in the gas fields of the African state. Everything is surely coloured by the precarious relationship that links the two countries, although supporting different sides, to the Libyan affair.
While today the Public Prosecutor’s Office in Rome has closed the still unclear inquiry for Giulio’s murder, we ask ourselves: can Italy intervene in Egypt’s internal affairs to put an end on Zaky’s issue? The answer is no. Article 2 of the UN Charter clearly refers to the abandonment of the use of force, arms and violent repression by a State in order to grant and preserve the international peace and security (non-intervention principle). The same answer is related to the EU and the UN which, despite being defenders of individual freedom of expression and of thought, cannot act in this topic. Mainly, the UN Responsibility to Protect highlights that humanitarian intervention of just cause can be considered an extraordinary measure to put in place just if two conditions are filled: large scale loss of lives and large scale “ethnic cleansing”. The number-criterion is fundamental to determine military interventions from the UN Security Council.
Once the impossibility of a direct action by the UN has been clarified, we need to make some political considerations referring to the relation between the European Union and Egypt in the Mediterranean area. First of all, it is important to underline that the EU acts through an intergovernmental model in the field of foreign policy, that means the Member States coordinate on a voluntary base to determine the decision-making process. Nevertheless, the European foreign policy suffers the forces of the French directoire since the 2011 unilateral decision to military reorganize the Libyan rebels against Gaddafi and to put pressure on the European Council. Therefore, the role of France in the European foreign policy (if we can call it) reveals to be crucial in an eventual collective action. At the same time, France hopes to take some advantages from the tightening of the Italian-Egyptian relationship, trying to catch up given that the Elysée could not manage the conclusion of any gas-agreement as important as the Eni one (says Wired). This consideration is not so weird, but rather on the past 7 December the French President Emmanuel Macron conferred the highest honour of the French Republic to the Egyptian President Al- Sīsī, la Légion d’Honneur, without mentioning Macron’s declaration of its unwillingness to condition French army sales on the base of human rights.
While Egypt continues to violate human rights, European leaders, rather than going ahead with indirect interventions, sanctions and blocks against the Egyptian State, continue putting bars on Al- Sīsī’s shoulder.