Post elezioni, il dubbio di Alfano: da solo o in compagnia?


Daniele Lo Porto

Me lo chiedevo preoccupato l’altro giorno: dove andranno gli alfaniani dopo essere scomparsi dall’aula del Parlamento regionale siciliano? Nonostante una massiccia presenza nel governo nazionale (dallo stesso Alfano ministro-per-sempre al sotto-sotto segretario Giuseppe Castiglione e una nutrita presenza di deputati e senatori, ma eletti sotto le insegne del Pdl ed abili a sfruttare posizioni di rendita, almeno fino alle prossime elezioni), gli Ap, infatti, non sono stati capaci di riconquistare neanche un posto all’Ars. Qualcuno dice che qualche inchiesta giudiziaria possa aver influito (vedi il processo per gli appalti al Cara di Mineo dove è imputato proprio Castiglione, all’epoca presidente della Provincia, soggetto attuatore), altri sostengono che essersi schierati alla prima competizione importante con il centrosinistra ha creato non pochi mal di pancia ad un elettorato che, prima del salto della quaglia dei suoi leader) era dichiaratamente di estrazione di centrodestra. Poi il tentativo maldestro di mostrare i muscoli, cercando di far credere che avrebbero schierato un proprio uomo nella corsa verso la Presidenza della Regione, ha completato l’opera di autodistruzione. Non credo di ricordare male: Giovanni La Via fu proposto come candidato ideale, moderato e non schierato (come se vent’anni di firrarellismo fossero poca cosa) sia al centrodestra che al centrosinistra. Parodia da bagaglino, insomma, o addirittura meno.

Bene, le cronache politiche mi raccontano di un Angelino Alfano raggiante davanti ad una sale piena e festante, che ha più volte e lungamente applaudito il suo intervento di 45 minuti (la durata di un tempo di una partita di calcio senza recupero) alla conferenza programmatica di AP, a Roma.  «Siamo pronti a un confronto con altre forze politiche sul programma, partendo dalle nostre idee, e siamo anche pronti ad andare da soli»: Alfano delinea il futuro della sua creatura, sola alle elezioni o in alleanza con qualcuno. Che non sia Matteo Salvini, naturalmente: «Non vogliamo avere nulla a che fare con una certa destra. Rivendichiamo con forza i risultati di governo di questi anni, che lasceranno un’Italia migliore di quello che abbiamo trovato». Convinto comunque che «Ap c’è e ci sarà anche tra cinque anni». Salvini, per inciso, ha fatto muro con Giorgia Meloni consigliando caldamente a Nello Musumeci, e imponendo a Gianfranco Miccichè, di non accogliere nel centrodestra esponenti che fino a ieri avevano governato con Crocetta e continuavano a sostenere Renzi. Un minimo di coerenza, insomma, non solo politica, ma anche etica, che al tenero Angelino avrà suonato come un insulto.

Ora, dopo il pessimo risultato in Sicilia, con Alternativa Popolare crollata al 4%, il partito di Angelino Alfano è un vespaio. Tutto ruota attorno alle prossime elezioni politiche: con chi correre? Il rebus delle alleanze spacca gli alfaniani, tanto che la rottura – afferma Il Messaggero – sarebbe ormai quasi inevitabile. La collocazione del partito in vista delle prossime elezioni verrà stabilita nel corso della direzione che si terrà tra una decina di giorni. Al fianco del ministro degli Esteri, più incline a non rompere con il Pd, ci sono tra gli altri Beatrice Lorenzin, la capogruppo Bianconi, la senatrice Chiavaroli, i deputati Cicchitto e Pizzolante e altri fedelissimi di Alfano, come i siciliani Dore Misuraca (anche lui per qualche istante possibile candidato in Sicilia) e Giuseppe Castiglione. Al contrario, la fazione di chi vorrebbe quantomeno correre da solo, è guidata da Maurizio Lupi. Attorno a quest’ultimo si coagulano la maggioranza dei senatori, a partire da Formigoni e il paternese Salvo Torrisi, e una buona parte di deputati. Semplice la tesi di questi ultimi: “Non possiamo sentirci ospiti in casa altrui”, ovvero in casa del Pd.

Sullo sfondo (scrive Libero) , ovviamente, resta come polo attrattivo Forza Italia e il centrodestra: alcuni dei malpancisti potrebbero tornare, o andare, in azzurro. Ma Silvio Berlusconi è stato chiaro: porte aperte “soltanto a chi porta voti”. Per evitare una clamorosa spaccatura, Lupi sarebbe comunque al lavoro per riunire tutti i poli centristi – Fitto, Parisi e Toti – per dar vita a un soggetto in grado di superare la soglia del 3% alle urne.

 
 
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