Etna Bio Valley, dall’avvelenamento di Piriddu al rogo del casolare

|Katya Maugeri|

RANDAZZO – Partono da lontano gli atteggiamenti mafiosi ai danni dei proprietari dell’Etna Bio Valley. Probabilmente la morte dell’asinello Piriddu era un avvelenamento, il primo avvertimento per una presenza ritenuta scomoda. Si cerca ancora di fare luce sull’incendio che ha distrutto nei giorni scorsi il casolare. Salvo Rubulotta, ideatore di Etna Bio Valley ricostruisce gli ultimi avvenimenti, condividendo con noi le sue riflessioni: “Stiamo iniziando a unire i puntini perché quello che prima sembrava soltanto un episodio naturale, adesso sembra non esserlo. Nicola Winkler mi ha contattato per condividere un bellissimo progetto che stava avviando: dopo aver acquistato un asinello, Piriddu, aveva deciso di viaggiare per l’Italia raccogliendo le esperienze negli eco villaggi. Ha deciso di pernottare qualche giorno in più per intervistarmi. Ho spiegato le dinamiche e i comportamenti, il galateo da mantenere in questi luoghi di campagna consigliando di non lasciare l’asino da solo. Piriddu è stato lasciato da solo per poco più di tre ore. Al rientro l’asino era agonizzante in una pozza di sudore a terra.” Racconta il giovane Rubulotta. Piriddu morirà due giorni dopo. Il veterinario esclude che possa trattarsi di una colica. “Se dobbiamo unire i puntini – continua – ecco che i punti esclamativi diventano interrogativi”.
Un sogno, un progetto che qualcuno ha deciso di interrompere, e per un brevissimo tempo ha realmente rischiato di diventare cenere come il casolare: “In un momento di stress psicofisico abbiamo anche pensato di rivalutare la nostra avventura e di adeguarci a quelle che sono le mode: posto fisso, orari fissi e stipendi garantiti – continua l’ideatore – però in realtà sarebbe poco dignitoso, poiché persino i miei nipoti andrebbero a parlare ancora di pizzo e di mafia o di intimidazioni. Parlo di mafia non perché il gesto sia legato a un mafioso ma si tratta di un’azione mafiosa, un comportamento mafioso, a prescindere da chi sia stato”. Uno sconforto inizialmente alimentato da un silenzio istituzionale e da una mancata collaborazione ma che fortunatamente ha lasciato lo spazio all’impegno e alla solidarietà grazie all’intervento del sindaco di Randazzo, Michele Mangione del comandante della Stazione dei Carabinieri, Lentini. Inoltre negli ultimi giorni sono finalmente arrivati messaggi – privati – da parte dei randazzesi che hanno scelto di non manifestare pubblicamente il loro disappunto, “forse perché è troppo forte, ancora, la parola omertà”, scrivendo di essere pronti a rilanciare il progetto di Etna Bio Valley. Ma Salvo Rubulotta è ottimista e il tono della sua voce è quello di un uomo che non ha paura: “Le istituzioni e le persone che durante questi giorni hanno scelto di mandare delle piccole donazioni, hanno manifestato la volontà di aiutarci in prima persona, la loro vicinanza attraverso numerosi messaggi di solidarietà, hanno creato un cordolo e un perimetro che fa da recinzione a qualsiasi altro tipo di attacco vile e vigliacco”.
Un gravissimo caso in cui a prendere fuoco non è stato solo un casolare, ma un sogno, un nuovo modo di vivere la natura, il coraggio di mettersi in gioco in una Terra che purtroppo non ha ancora ben compreso il valore della libertà. Omertà e silenzio, messaggi privati per timore di manifestare il proprio pensiero, sembra quasi di raccontare una Sicilia degli anni ’70, eppure viviamo nell’epoca dei social, in cui tutti dispensano consigli vestiti da eroi, ma dinanzi alla realtà sono davvero pochi i coraggiosi, i liberi, gli uomini che hanno scelto di cambiare una mentalità che da anni ci rende schiavi.

 
GUARDA VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=eETdyI_eK7k&feature=youtu.be

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