Etna, i primi trent'anni del Parco

CATANIA – Sono trascorsi 30 anni dall’Istituzione del Parco dell’Etna e quattro dal riconoscimento come Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO , anche se tutto ciò doveva accadere molti anni prima vsto il valore naturalistico del vulcano e, soprattutto,  per fermare la continua ed instancabile speculazione da parte di tanti Comuni etnei che hanno fatto a gara nei decenni per cementificare e disboscare L’Etna, con o senza piani regolatori generali.  Ma non vogliamo credere – afferma il portavoce di Free Green Sicilia, Alfio Lisi – che  l’Etna considerato  dall’Unesco  “..il  vulcano più emblematico e attivo del mondo” possa rischiare di  uscire dall’elenco dei  Patrimoni  dell’Umanità  (anche perché non ci risulta che altri beni naturali o culturali dell’UNESCO siano stati mai declassati  dal riconoscimento anche se forse qualcuno lo meriterebbe grazie alle manipolazioni della speculazione umana e politica)  se  gestita al fine di promuovere e produrre quanti più introiti speculativi  possibili come se l’Etna o qualsiasi altro sito Patrimonio dell’Unesco nascesse per fare gli interssi di pochi e non per essere salvaguardato e conservato nella sua integrità per il presente e per il futuro delle prossime generazioni. Né tanto meno saranno le dichiarazioni del 2016 del ministro (fantasma) all’Ambiente per il  quale  “Ad oggi non esiste alcun segnale che possa far pensare ad un procedura di cancellazione dalla lista del  Patrimonio mondiale”   a tranquillizzare del  tutto  anche perché non è il ministro  a decidere ma l’Unesco che ancora attende impaziente (è questo sarebbe il motivo primario) il Piano di Gestione del sito Unesco  ( che riguarda la valorizzazione, la fruizione del bene, la diffusione della cultura, i servizi di accoglienza turistica, e tanto altro) come chiede inutilmente per gli altri siti Unesco siciliani come ad esempio il Barocco della Valle di Noto.

 Dunque i veri problemi che dovrebbero fare riflettere e che mettono questi sì  a rischio  la salvaguardia dell’Etna e conseguentemente il suo declassamento da Patrimonio dell’UNESCO  non saranno quelli di voler  spremere il vulcano come un limone per gli interessi  personali o l’ignoranza atavica di qualcuno o di qualche lobby locale  ma quello di  gestirlo in modo razionale, scientifico  ed eco-compatibile e sostenibile , in modo da preservarne le peculiari bellezze naturali, rurali e culturali legate al  suo delicato e instabile equilibrio antico di milioni di anni. Dunque l’Etna  oltre ad essere gestito  con parsimonia e con intransigenza scientifica ed ecologica, e senza essere trasformato in una sorta di ‘centro commerciale’ (con tanto di riperimetrazione del Parco, speculazione, cementificazione, disboscamento, trasfigurazioni, discariche sparse e piani regolatori dei comuni del Parco spesso virtuali e/o manipolati e così via)  necessita di un piano di gestione  a breve e lungo termine (imposta dalla normativa vigente nazionale e regionale e dalle norme dell’UNESCO), che metta in essere ogni  utile, ragionevole e legittima iniziativa affinchè tutto il suo territorio possa essere giornalmente monitorato sotto il profilo della sua conservazione integrale e  quello di una fruizione consapevole e rispettosa dei luoghi da svolgersi  sempre nel rispetto delle peculiarità naturali e di quei regolamenti attuativi e responsabili (a non fatti ad hoc per i  tour operator e collegati)  e che non possono non  tenere in considerazione  i seri rischi connessi  (vedi i gravi fatti di questi giorni dove alcuni turisti hanno rischiato la vita e non è la prima volta e rischia di non essere l’ultima) con l’incolumità degli escursionisti e dei residenti quando si ha a che fare con un vulcano attivo e dunque imprevedibile.

Send a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *