di Milena Pafumi, avvocato e dottore di ricerca
Figli di un terremoto minore: i diritti depotenziati delle vittime del sisma etneo del 26 Dicembre 2018
Nonostante l’esposizione ad un altissimo livello di rischio sismico, l’Italia ancora oggi è un Paese privo di una politica nazionale per la ricostruzione e di un modello programmatico di intervento per la ripresa dei territori colpiti dal terremoto.
Emilia Romagna, Abruzzo, Centro Italia, Ischia, Campobasso e Catania si sono susseguiti con il loro carico di macerie e di ritardi. Ognuno diverso, ma accompagnato dalla stessa domanda di una soluzione legislativa giusta, rapida ed efficace per consentire la ricostruzione, fisica e sociale, dei territori.
Identica finora anche la risposta: dopo la stima sommaria dei danni causati dal sisma, comincia il lento lavoro di costruzione delle norme, molto prima che delle case. Lo Stato inizia a produrre leggi e ordinanze, prendendo come modello di riferimento uno dei terremoti precedenti e cercando di adattarlo alle specificità del territorio colpito dall’evento, nei tempi brucianti imposti dall’urgenza di dare una risposta normativa all’evento catastrofico. Si impiegano risorse, tempo ed energia senza avere certezza sulla efficacia della norma e riservando ad un momento successivo la modifica o l’integrazione della stessa.
Ne deriva un quadro di interventi disomogeneo a livello nazionale, soprattutto dal punto di vista dei diritti dei cittadini e delle imprese colpite dall’evento sismico. A parità di danni, il sostegno ai terremotati nelle diverse ricostruzioni è fortemente diseguale, nelle procedure e nelle dimensioni economiche degli aiuti.
Il terremoto che il 26 dicembre 2018 ha colpito il versante orientale dell’Etna è l’esempio paradigmatico di questo processo.
Per la ricostruzione dei nove comuni colpiti dall’evento sismico, si è riproposto il quadro normativo dell’Isola di Ischia (sisma 2017), già fortemente ispirato ai terremoti che poco tempo prima hanno colpito il Centro Italia, nel 2016-2017.
Fissato lo zoccolo duro delle regole (con l’OCDPC n. 566/2018 per l’emergenza e la L. 55/2019 per la ricostruzione), l’impianto legislativo è stato abbandonato a sé stesso, il suo adattamento al contesto e il suo aggiornamento rimessi alla sensibilità del Governo di turno e alle contingenze del periodo.
È così accaduto che, vuoi per la sopravvenuta emergenza sanitaria, vuoi per la generale disattenzione della politica al tema, il quadro normativo della ricostruzione etnea è rimasto pressoché immutato, perdendo le principali occasioni di rinnovamento, adattamento o integrazione che invece le ricostruzioni dei terremoti maggiori hanno saputo ben cogliere.
Sin dal loro insediamento, sia il Commissario Straordinario per la Ricostruzione, sia il Coordinamento dei Comitati dei Terremotati di Acireale, Aci Sant’Antonio e Zafferana, hanno impiegato parte delle loro energie nella frustrante attività di sollecitare il Legislatore a fare inserire la ricostruzione etnea nell’ambito applicativo degli interventi normativi di favore recentemente dettati per le ricostruzioni maggiori di L’Aquila (sisma 2009), dell’Emilia-Romagna (sisma 2012) e del Centro Italia (sismi 2016-2017), i quali, tassativamente, non contemplavano Catania ed il sisma etneo.
Emblematico il caso del cd. Decreto Sisma (d.l. 24 ottobre 2019, n. 123, convertito dalla L. 12 dicembre 2019, n. 156), in cui gli eventi sismici della Provincia di Catania sono stati letteralmente dimenticati a dispetto delle proclamate intenzioni del provvedimento di intervenire con misure di accelerazione e semplificazione su tutte le ricostruzioni post sisma in atto nel territorio nazionale.
L’inclusione di Catania nell’ambito applicativo del provvedimento, ottenuta al “90° minuto” con un emendamento alla Camera, è stata solo parziale, con la conseguenza che, per il terremotato etneo, non si applicheranno importanti misure di favore, quali la possibilità di restituire solo il 40% degli oneri fiscali, previdenziali e assistenziali sospesi in conseguenza del sisma, nonché l’introduzione di processi di semplificazione ed accelerazione delle procedure di accesso ai contributi per la ricostruzione privata, volti ad esempio a superare il frequente problema della presenza di abusi minori negli immobili danneggiati.
Ma la sequenza di esclusioni non finisce qui e, anzi, raggiunge l’apice in piena pandemia con l’adozione del cd. Decreto Agosto (n. 104/2020, convertito con legge 126/2020).
Quel provvedimento introduce diversi interventi a favore delle popolazioni dei territori colpiti dagli eventi sismici del Centro Italia, di L’Aquila e dell’Emilia-Romagna. Catania stavolta non è dimenticata, ma volutamente relegata ad un quadro agevolativo diverso, depotenziato, comune ai terremoti di Ischia e Campobasso, anch’essi significativamente definiti Terremoti di minore entità dal dossier legislativo che accompagna l’adozione del provvedimento alla Camera dei Deputati.
Accade così che le imprese e i lavoratori autonomi colpiti dal terremoto etneo del 26 Dicembre 2018 non usufruiscano degli sgravi contributivi previdenziali e assistenziali riservati alla Zona Franca Urbana istituita fino 2022 per il Sisma Centro Italia.
Per il terremoto di Catania non opera neppure la proroga della sospensione degli adempimenti e versamenti tributari in genere, la cui scadenza resta dunque fissata al 30 Settembre 2019 (ovvero per 11 mesi dal sisma, in raffronto ai 3-4 anni di sospensione goduti dagli altri terremotati), così come immutata resta la modalità di ripresa della riscossione, prevista per l’intero importo ed in un’unica soluzione, piuttosto che nella misura del 40% e in 120 rate, come previsto per i terremoti maggiori.
Per i terremotati del Centro Italia e dell’Emilia Romagna viene sospeso fino 31 dicembre 2020 il pagamento dei mutui accesi sulla prima casa, inagibile o distrutta; nessuna norma analoga è introdotta per l’area etnea, dove il beneficio della sospensione dei mutui resta sancito da una norma dettata nella fase emergenziale (art. 4 OCDPC n. 566/2018), dando adito a prassi applicative disomogenee da parte degli Istituti Bancari, recentemente segnalate alla Banca d’Italia con un esposto a firma dei Comitati dei Terremotati, attualmente in corso di istruttoria.
Infine, al terremoto di Catania non viene esteso il beneficio della implementazione dal 110% al 165% della detrazione delle spese relative agli interventi di efficientamento energetico e di messa in sicurezza sismica sui fabbricati danneggiati dal sisma (cd Superbonus), introdotto invece per tutti e tre i terremoti maggiori, anche per le seconde case, in aggiunta o in alternativa al contributo per la ricostruzione.
I terremotati etnei perdono, così, l’opportunità di ottenere un finanziamento per la ricostruzione delle seconde case, la cui sorte è invece attualmente incerta, posto che l’esiguità del fondo di dotazione iniziale per la Ricostruzione (anch’esso non implementato dal Decreto Agosto, a differenza di quanto previsto per gli altri terremoti) ha indotto il Commissario Straordinario a destinare le risorse prioritariamente alla ricostruzione delle prime case, in ossequio ai criteri di precedenza dettati dalla L. 55/2019.
Così stando le cose, mentre gli eventi sismici si ripetono con costanza ineluttabile, resta da sperare che le storture del sistema insegnino qualcosa: che va coltivato l’impegno politico di stilare una Carta dei Diritti del terremotato, una legge quadro sulla ricostruzione che, nel rispetto delle specificità di ogni evento e di ogni territorio, fissi in maniera certa ed omogenea quali diritti spettano alla vittima di un terremoto o di un disastro naturale in genere.
Perché la classificazione di un sisma in termini di “terremoto minore”, per potenza distruttiva, estensione territoriale, numero di vittime o di edifici distrutti, può sì giustificare l’adozione di strategie di intervento differenziate (ad es., in ordine alla entità degli stanziamenti o alla governance della ricostruzione), ma non dovrebbe invece incidere sulla dimensione soggettiva dei diritti del terremotato, la quale dovrebbe essere la stessa a Catania, come a Ischia, a L’Aquila, ad Amatrice o a Bologna.
La creazione di un decalogo dei diritti delle vittime del terremotato, rappresenta un imperativo sollecitato anche a livello sovranazionale. La Campagna delle Nazioni Unite per la prevenzione dei rischi da calamità naturale “Rendere le città resilienti 2030” fissa un piano di azione al fine di accelerare l’implementazione del quadro di Sendai per la riduzione del rischio di catastrofi (2015-2030) a livello locale. Tra i dieci Essentials di questo piano di azione assume particolare significato il numero 10: l’impegno a garantire che, dopo ogni disastro, i bisogni delle vittime siano posti “al centro della ricostruzione” e che di essi si tenga primariamente conto nella definizione delle soluzioni, tra cui la ricostruzione delle abitazioni e della vita precedente al disastro.