Giuseppe Condorelli
CATANIA. Segno di donna. Segno di speranza. Nel nome di “Fuad che toccava le ali alle farfalle” – l’atto unico tratto dall’omonimo romanzo di Lina Maria Ugolini edito da Spleen – che tutte le rappresenta. Sui legni dello storico Piccolo Teatro della Città, la compagnia iblea G.o.D.o.T. di Vittorio Bonaccorso e Federica Bisegna mette in scena “questa novità assoluta”, che ha già debuttato, con un clamoroso successo proprio a Ragusa.
L’intenso monologo è affidato alla voce e alla gestualità di Fuad, una giovanissima egiziana che vuole sfuggire – come tante altre donne nella sua stessa condizione – ad un futuro di orrore e di segregazione, unica compagnia quella delle farfalle e di una madre premurosa e partecipe.
Nella solitudine di una esistenza e di una società sorrette dai princìpi del maschio e del padre, Fuad, sul punto di varcare la soglia della giovinezza, esprime il suo candore e la sua straordinaria voglia di libertà attraverso il legame poetico con il meraviglioso quotidiano che la attornia: il profumo dei gelsomini, le confidenze con la madre, le ali delle amiche farfalle.
Tenta con ostinazione di sciogliere il legame con un mondo patriarcale, sottolineato in scena dalla presenza simbolica di una corda, grazie anche alle altre donne del suo villaggio – in scena, le giovani e brave Sara Cascone, Benedetta D’Amato Monica Firullo, Flavia Iurato, Giulia Massari, Benedetta Mendola e Micaela Sgarlata – una sorta di “coro” che accompagna idealmente la metamorfosi di Fuad e che si scioglie, in alcuni toccanti momenti della vicenda, pure in canto, contrappuntato dalla voce della stessa protagonista. Sono ora ballate nostalgiche e suadenti ora di lotta e di resistenza; sono appunto le poesie del romanzo di Ugolini musicate con la raffinatezza e la maestria che da sempre lo contraddistingue da Pietro Cavalieri. Quella di “Fuad” è dunque la storia di una formazione, di una sviluppo non solo fisico ma anche interiore: dal primo sangue alla consapevolezza di un mondo dominato dalla cultura e dal culto della violenza.
Eppure Fuad sogna una casa che non “tollera porte ma finestre aperte” e si muove a disagio in un ambiente in cui “la verità è pericolosa”. E non è tanto la vaga nostalgia di un’infanzia protetta a imporle quasi il rifiuto della crescita, quanto la paura di diventare l’ennesima donna sottomessa e servizievole. Eppure il destino – nella forma di un padre invisibile ma terribilmente presente nel racconto di Fuad – ha deciso di fare di lei uno strumento di morte: mutila la sua femminilità tagliandole i capelli, la traveste da ragazzo e la costringe a compiere un attentato. Fuad diventa, suo malgrado, uno strumento nelle mani dei signori della morte e le mille farfalle che volano dopo l’esplosione si trasformano così nel sangue di tanti innocenti, ali luttuose che sovrastano il suo presente.
Ciò nonostante questa già giovane donna trova il coraggio di ricostruire la sua coscienza spezzata, di restituirsi un’aspettativa: saranno la sua stessa forza interiore e la presenza ideale della madre la cui voce echeggia nel deserto, a darle nuova consapevolezza nella memoria, nel racconto, nella parola che libera e crea. A sostenere una messa in scena densa e coinvolgente non c’è soltanto l’elegante liricità della scrittura di Lilli Ugolini, l’essenzialità della regia di Vittorio Bonaccorso, ma anche una straordinaria Federica Guglielmino, la giovanissima protagonista, la cui prova assolutamente matura testimonia da un lato un talento che sarebbe auspicabile poter ancora ammirare e, dall’altro, il proficuo lavoro di formazione della Compagnia G.oD.o.T.
A rendere ancora più gustoso “Fuad” – nella matinée – una platea di giovani spettatori partecipi ed attenti per uno spettacolo che tocca le ali alle farfalle e ci fa sentire il cielo dentro il Teatro.