GIARRE – In buona sostanza per la Corte dei Conti la massa debitoria del Comune di Giarre sarebbe di circa 57 milioni di euro e non di 41 come asserito in audizione a Palermo nei mesi scorsi dal vicesindaco Salvo Vitale e pertanto la Regione ha deciso. Sulla questione interviene il sindaco Angelo D’Anna. “Il nostro ricorso, seppur fondato, non è stato accolto. Questo ci rammarica, per quanto ce lo aspettassimo”. E sottolinea: “Lascia sorpresi come si possa ricevere una nota da parte dell’assessorato regionale quando ancora attendiamo di conoscere le motivazioni sulla quale si basa la conferma dell’ordinanza sul dissesto da parte della Suprema Corte dei Conti. Motivazioni sulle quali avremmo potuto avanzare alcuni ulteriori ragionamenti. E invece, il dipartimento regionale non solo non attende le motivazioni ma dà al Comune il termine ristrettissimo di dieci giorni per adempiere alla delibera, per adottare i provvedimenti e dichiarare, dunque, il dissento”. D’Anna mostra dubbi sulla “strana tempistica” che ha portato l’assessorato ad accelerare sulla questione. “Sorprende ancor di più la celerità dell’iter procedimentale che lascia pensare che vi sia una longa manus che abbia spinto verso la dichiarazione del dissesto. Qualcuno che evidentemente non vuole bene a Giarre e che accelera i percorsi”.
D’Anna assicura: “Dissesto o meno, il lavoro dell’amministrazione non si fermerà. Gli uffici sono al lavoro e faremo valere la fondatezza delle nostre ragioni in tutte le sedi preposte. Questa comunità non merita un provvedimento di questo genere, soprattutto alla luce del grande lavoro fatto in questi due anni, che ha prodotto sensibili miglioramenti nello stato delle finanze del Comune. Abbiamo rimodulato il piano di riequilibrio proprio alla luce di queste economie, ma attendiamo ancora che venga analizzato dagli organi preposti, eppure sono stati inseriti i miglioramenti sostanziali che siamo riusciti a ottenere non senza fatica e impegno. Se il dissesto sarà inevitabile, mi auguro che chi di dovere vada in profondità per capire a causa di chi e perché si è arrivati a questo punto”. Sono 25 i Comuni siciliani che hanno dichiarato il dissesto finanziario il 19 dicembre dello scorso anno. A questi se ne aggiungono altri 34 in condizione di pre-dissesto (dichiarato sempre il 19 dicembre dello scorso anno). Questi sono i risultati dei tagli effettuati ai danni dei Comuni siciliani dallo Stato e dalla Regione. Va detto, infatti, che – a parte di debiti fuori bilancio (che sono comunque un’anomalia alla quale si dovrebbe mettere la parola fine, perché nascondono, spesso, operazioni clientelari) – il fallimento sostanziale di questi 59 Comuni siciliani non è dovuto a spese ‘allegre’, ma all’impossibilità di andare avanti per mancanza di soldi.
Ecco l’elenco dei Comuni siciliani in dissesto: Acate, Aci Sant’Antonio, Augusta, Bagheria, Barrafranca, Brolo, Carini, Casteldaccia, Casteltermini, Cefalù, Cerda, Favara, Ispica, Lentini, Mazzarà Sant’Andrea, Milazzo, Mirabella Imbaccari, Mussomeli, Palagonia, Porto Empedocle, Santa Maria di Licodia, Santa Venerina, Scaletta Zanclea, Scordia, Tortorici.
Questo, invece, l’elenco dei Comuni siciliani in pre-dissesto: Adrano, Avola, Belmonte Mezzagno, Borgetto, Caccamo, Campobello di Licata, Catania, Ficarra, Galati Mamertino, Giardini Naxos, Giarre, Itala, Leonforte, Linguaglossa, Mazzarrone, Messina, Modica, Monreale, Monterosso Almo, Motta Camastra, Pachino, Racalmuto, Randazzo, Riposto, San Cataldo, Sant’Alessio Siculo, Scicli, Taormina, Terme Vigliatore, Tremestieri Etneo, Ustica, Villafranca Tirrena.
A pagare saranno i cittadini. Quando sopravviene la dichiarazione di dissesto interviene sì lo Stato, ma non accollandosi i debiti: lo Stato presta ai Comuni i soldi e gli stessi Comuni debbono restituirli a rate, di solito in dieci anni. Perché in Sicilia si è arrivati a questa situazione che potrebbe coinvolgere molti altri Comuni nei prossimi mesi? Semplice: perché il Fondo regionale per le Autonomie locali – cioè i fondi che la Regione eroga ai Comuni dell’Isola – grazie anche al Governo regionale di Rosario Crocetta-PD che firmava ‘Patti scellerati’ con il Governo Renzi – è passato, nel giro di pochi anni, da 900 milioni di euro circa all’anno a 340 milioni di euro. Non solo. Nel 2017 il Governo Crocetta ha ridotto il Fondo regionale delle Autonomie locali – con l’avallo della passata Assemblea regionale siciliana (per la precisione, della maggioranza di centrosinistra della vecchia Ars) – di altri 60 milioni di euro, portandolo a 280 milioni di euro.
Con questi tagli le difficoltà finanziarie dei Comuni siciliani non potranno che aumentare. E a pagare saranno sempre i cittadini siciliani. Ma pagheranno anche gli imprenditori che hanno fornito beni o servizi ai Comuni in dissesto e pre-dissesto. Infatti, quando un Comune va in dissesto i fornitori malcapitati debbono accontentarsi del 50% dei crediti vantati! Anche le imprese ‘contribuiscono’ quindi a ripianare i debiti provocati ai Comuni dallo Stato e dalla Regione. Non dimenticate che tutto questo ha inizio con le politiche di ‘rigore’ dell’Unione Europea dell’euro. La UE impone penalizzazioni allo Stato italiano che ‘gira’ le penalizzazioni alle Regioni e ai Comuni (le Province sono praticamente scomparse: pagano solo gli stipendi al personale – quando li pagano – e non sono più nelle condizioni di operare). La Regione siciliana – come abbiamo visto – eroga meno soldi ai Comuni, che debbono anche fronteggiare i tagli dello Stato. Risultato filale: il dissesto. A pagare, alla fine, sono gli ignari cittadini con un aumento delle tasse e delle imposte locali. E le imprese che forniscono beni e servizi ai Comuni. Le imprese ci rimettono il 50% (ad eccezione delle imprese ‘amiche’ che vengono pagate con i debiti fuori bilancio: ma questa è un’altra storia scandalosa).
Mario Pafumi