Giovanna Musumeci: la granita a colazione è un modo d'essere dei Siciliani

Giovanna Musumeci: la granita a colazione è un modo d'essere dei Siciliani

di Saro Faraci

“Buongiorno e bene alzati”, sarebbe il caso di dire. Che in Sicilia, in queste calde giornate estive, equivale a dire “Sveglia, la granita è pronta, ho comprato pure le brioches”. E fin qui niente di male; anzi con un dolce inizio del genere la giornata prende tutta un’altra fisionomia. Il problema è che ogni città, persino ogni zona o quartiere di una stessa città, rivendica la paternità e la superiorità della propria granita rispetto a quella fatta da altri; si apre così una discussione infinita, sarebbe il caso di dire “da bar”, ma mancheremmo di rispetto a quei bar, pasticcerie e gelaterie dove ci sono tanti fatti e poche chiacchiere. Una di queste è la pasticceria gelateria Santo Musumeci di Randazzo, rinomata in tutta la Sicilia, dove incontriamo Giovanna, la figlia di Santo il carismatico titolare di questo luogo dove si incontrano saperi e sapori della migliore tradizione dolciaria siciliana.

Giovanna Musumeci, classe 1971, laurea in Economia e Commercio con pergamena ancora da ritirare, professionista in Programmazione Territoriale si autodefinisce “attualmente agli arresti domiciliari nella Pasticceria/Gelateria di famiglia a Randazzo CaputMundi”, è codirettore di Sherbeth Festival, ambasciatrice della Granita Siciliana nel mondo, attivista in associazioni di gelateria quali “Gelatieri Italiani” e “Gelatieri per il Gelato” e dove si tratta di gelato con passione e un pizzico di follia. Incontriamo dunque la persona giusta per dare risposta ad alcune domande che ci assillano da sempre.

– Di padre in figlia. Da suo papà Santo cosa ha tratto in particolare? E rispetto al papà, figura carismatica del mondo dolciario siciliano, in cosa Giovanna è diversa?

«Da mio padre ho ereditato la tenacia e il principio del “lotta dura senza paura”, alcuni tratti del carattere e quella insana voglia di alzare sempre l’asticella e di non fermarsi mai. Diversamente da lui, sono testarda contro ogni logica, poco arrendevole, spesso presuntuosa e decisamente meno “dolce”»

– Andiamo al dunque, la granita. La più amata dai Siciliani, ma anche la bandiera del campanilismo. Ogni città ritiene che la propria granita sia migliore di quella di altre città. Secondo Giovanna Musumeci, escludendo Randazzo, qual è la top five delle prime cinque città siciliane eccellenti per la granita?

«È difficile fare una classifica, quasi impossibile. La granita non è solo una cosa da mangiare. È un modo di essere dei siciliani. È un ricordo ancestrale legato alla nostra prima granita, a quella che abbiamo mangiato da piccoli, a quella cui siamo abituati da sempre. È un po’ come la lasagna di Natale: quella della nonna non la batte nessuno. Da qui il campanilismo. Reale. A volte esagerato tra i diversi stili di intendere la granita. Mi è davvero impossibile dire Catania piuttosto che Messina, non citare la tradizione acese. Sono modi di intendere una consistenza di gusto. Più asciutta, più “tirata”, più o meno dolce, più o meno carica di sapore. Sono interpretazioni assolutamente legate al Territorio da cui provengono e tutte, per me, degne di rispetto e fonti di ispirazione»

– Ma la ricetta della vera granita qual è? Perchè nel messinese sembra più naturale, nel catanese più cremosa, alle Eolie la fanno in un altro modo. C’è una unica ricetta? Non esiste “una” ricetta della granita.

«Esistono tante ricette, frutto di una tradizione spesso orale, tramandata dai maestri nelle botteghe. I gelatieri “moderni” hanno codificato un loro metodo, la loro percentuale di frutta, di zuccheri, la consistenza voluta da un qualcosa che un tempo si faceva in maniera veramente artigianale, congelando una miscela con l’aiuto di ghiaccio e sale. Da qui le diversità che rimangono, per me, sempre affascinanti. È chiaro comunque che, seppur nelle diverse interpretazioni la granita ha una sua essenza che non va snaturata»

-Dunque, come va preparata?

«È un dessert freddo, che va servito a bicchiere, che non può quindi avere una struttura rigida, impalata, altrimenti sarebbe un sorbetto o qualcos’altro. La granita deve sciogliersi col calore del corpo, il sapore dell’ingrediente deve esplodere al palato, senza complicazioni, semplicemente. Una granita siciliana è composta da soli tre ingredienti : acqua, zucchero (solo saccarosio) e l’ingrediente caratterizzante (frutta fresca o secca, caffè, cioccolato etc…). Non c’è altro. Non ci sono grassi di origine animale, non c’è latte, non c’è panna, non ci sono uova o zuccheri diversi dal saccarosio, non ci sono stabilizzanti. Semplicissima ma nel contempo difficilissima nella sua identità»

– Quali sono i gusti che la gente preferisce maggiormente?

«Sicuramente la frutta secca. Mandorla e pistacchio. Il caffè, meglio con panna. I gelsi. La poesia di una granita di limone fatta bene non ha eguali per me. Li si vede la maestria. Non c’è trucco e non c’è inganno. Devi lavorare sugli ingredienti e valorizzarli al meglio»

– Qual è invece alla Pasticceria Santo Musumeci la granita più buona o comunque più gradita alla clientela?

«È difficile fare una classifica. Sicuramente la mandorla tostata e il pistacchio sono le più vendute, ma anche la fragola di Maletto, la ciliegia Mastrantonio, la pesca tabacchiera, i gelsi, la mora di rovo. Io sperimento tanto. Amo proporre quello che il territorio mi offre e far conoscere il patrimonio gastronomico della mia aerea. Quest’anno i lamponi gialli hanno fatto una gran bella figura. Stupendi. Incredibili fino a poco tempo fa dalle nostre parti. E poi l’amarena, i fichi o le combinazioni di gusto con la menta, il timo limone, l’ibisco. Tantissime le possibilità di creare e spaziare. Lo scorso anno abbiamo fatto una granita di cetriolo, lime e menta. Pensavo che non la mangiasse nessuno, spiavo i clienti che la sceglievano. Ha sorpreso pure me. Era incredibilmente fresca e piacevole. Basta trovare il giusto equilibrio e si possono fare cose pazzesche con una granita»

– Lei ha un importante ruolo in Sherbeth. E’ possibile che la Sicilia, al limite la Sicilia Orientale, non riesca a dare un brand alla Granita, facendone anche un elemento di marketing territoriale e dunque di riconoscimento di un territorio?

«Onestamente non credo sia necessario. La granita nasce in Sicilia e come provenienza Sicilia viene identificata nel mondo. Non ci sono margini di confusione. È molto chiaro questo. E poi come codificarla univocamente nelle sue varie interpretazioni? Con un disciplinare di produzione? A me personalmente verrebbero un po’ i brividi solo al pensiero. La lotta tra Guelfi e Ghibellini al confronto sarebbe una favola per bambini. Credo sia quasi impossibile ma, in verità, non si sembra indispensabile. Vero è che nella Sicilia Orientale la tradizione della granita è più radicata che nelle altre parti dell’isola ma mi piace pensare alla granita come un brand da esportare nel mondo piuttosto che da legare ad un Territorio o a una parte di esso»

-Cosa pensano i suoi colleghi gelatieri al riguardo?

«Spessissimo mi trovo a parlare di granita con colleghi gelatieri, a tenere corsi, ed è incredibile l’entusiasmo con cui tutti si approcciano alla granita e l’orgoglio con cui scrivono Granita Siciliana nelle loro gelaterie. Questo mi commuove e mi gratifica, perché mi da la consapevolezza di aver portato la parte migliore della mia terra fuori dall’Isola, di diffondere la nostra cultura e il nostro modo di intendere anche la vita. Non pensate che sia “normale” per tutti fare colazione con una granita. Non lo è davvero. Noi siamo abituati. È nelle nostre abitudini. È nella nostra storia. È in quel ricordo ancestrale di cui parlavamo prima. Ma vuoi mettere la soddisfazione di convertire un veneto alla mezza con panna alle otto del mattino?»

– Ultima domanda. Ma suo papà Santo, quando lei ha lasciato il lavoro amministrativo per tornare ad occuparsi dell’azienda di famiglia, come l’ha presa?

«Mio padre mi ha dato un nome e la libertà di essere sempre quella che ho voluto essere in qualsiasi momento della mia vita. E di questo gliene sono profondamente grata. Mi ha dato un nido in cui rifugiarmi quando il mio “vecchio” mondo era crollato e nel contempo mi ha dato ali per volare se io avessi voluto usarle. Non a tutti è concesso questo. Io sono una persona fortunata. Certo all’inizio è stato molto difficile. Ma io sono quella più testarda tra i due»

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