Gli insulti del boss a don Pino Puglisi

Una lettera indirizzata al boss Giuseppe Graviano in seguito a quanto letto sulle sue affermazioni su padre Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio che lui stesso ordinò di uccidere il 15 settembre 1993.

La scrivono e firmano a quattro mani Giuseppe Carini (testimone di giustizia), amico di don Giuseppe Puglisi, e Gregorio Porcaro, vice parroco di don Puglisi a Brancaccio e referente regionale di Libera Sicilia, ricordando chi era il parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia 24 anni fa.

 «Egregio signor Graviano, abbiamo letto sul quotidiano “La Repubblica” dei suoi insulti nei confronti di don Pino Puglisi barbaramente ucciso, per la sua fedeltà a Cristo e all’Uomo, da un commando di killer in nome e per suo conto quella tragica sera di 24 anni fa. Don Puglisi non insultava, tanto meno offendeva nessuno. Amava la gente di Brancaccio – ci tengono a ricordare entrambi – e il suo amore era fedelmente ricambiato. Noi non la insulteremo, non pronunceremo alcuna parola offensiva contro di lei, nessuna calunnia. Pregheremo, invece, per lei e la sua famiglia perché questo è ciò che abbiamo imparato da 3P: annunciare la Parola del Padre Nostro anche e soprattutto, a coloro che ti odiano».

La grande lezione di don Pino Puglisi è, dunque, la risposta di Giuseppe Carini e Gregorio Porcaro alle affermazioni di Graviano.

«Lei è un bugiardo, che non ha neanche il coraggio di ammettere di avere ordinato questo omicidio. Non speri, signor Graviano, nelle sue relazioni con politici – massoni deviati di sfuggire alla condanna dell’ergastolo inflittagli dal tribunale. Lei, al pari del detenuto Riina, resterà detenuto in carcere, ma tutti coloro che hanno amato e conosciuto padre Puglisi pregheranno affinché lei si converta a Dio e trovi il coraggio di collaborare pienamente con la magistratura. E, se durante le sue notti in cella dovesse sentirsi un uomo solo, sappia che lì accanto a lei troverà don Puglisi, pronto ad ascoltarla. Questo è quanto le dovevamo».

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