Il Dolore e la Speranza sei mesi dopo. Terremoto di Santo Stefano, adesso è tempo di Ricostruzione

Il Dolore e la Speranza sei mesi dopo. Terremoto di Santo Stefano, adesso è tempo di Ricostruzione

di Saro Faraci

FLERI – L’immagine di copertina che accompagna questo articolo potrebbe essere una fotonotizia dal titolo “Il Dolore e la Speranza”. Il Dolore di chi vede la propria casa abbattuta dalla ruspa: l’edificio che ospitava una apprezzata attività commerciale adesso è raso al suolo. Con grande dignità, la signora Graziella assiste all’opera di demolizione dell’edificio in cui c’era la macelleria di famiglia; si porterà dentro il dolore di una menomazione edile che nemmeno i ricordi più belli potrà mai cancellare. La Speranza è invece di chi prova a ripartire. Come la signora Cettina, nell’edificio quasi a fianco, che ieri ha riavviato la propria attività a sei mesi dal sisma che ha danneggiato fortemente casa e putìa. Similarmente a Cettina, altri operatori economici a Fleri hanno rialzato coraggiosamente la saracinesca e stanno provando a ripartire. Le loro storie, raccontate dalle colonne di questo giornale, testimoniano la volontà della gente di uscire fuori dal cono d’ombra che inevitabilmente, dopo i clamori mediatici dei primi giorni, relega nel dimenticatoio tutti quelli che hanno patito un terremoto. Se non si prova ad uscire dal cono d’ombra, si rischia di cadere nell’oblìo.

I militari, presenti fin dai primi giorni dopo il sisma, hanno lasciato domenica notte il presidio stabile dinanzi alla Chiesa di Fleri. Sono stati utili, durante i mesi dell’emergenza, per vigilare su un territorio che gli sciacalli avrebbero potuto aggredire facilmente, dato che molte abitazioni sono state abbandonate. Anche questo è un segno di ritorno alla normalità, sebbene normalità non vuol dire che tutto tornerà a posto come prima. L’emergenza si è chiusa con la gestione commissariale della Protezione Civile nazionale e regionale. Adesso è tempo di Ricostruzione. C’è una legge appena approvata, quella cosiddetta Sblocca Cantieri, che contiene importanti norme per la ricostruzione e stanzia oltre 275 milioni di euro utilizzabili in cinque anni. Pochi? Molti? Forse ce ne vorranno di più, intanto però quelli assegnati vanno utilizzati tutti e bene.

Toccherà adesso al neo Commissario governativo per la ricostruzione, indicato nella persona dell’ex Procuratore Generale di Catania Salvatore Scalia, definire quanto prima il piano degli interventi. La ricostruzione è prevalentemente privata, ma c’è anche quella pubblica riguardante scuole, strade e Chiese. E poi bisognerà lavorare anche per favorire la ripresa economica delle aree che ricadono nel cratere del sisma. Ma non finisce qui. Altrettanto importante sarà la rigenerazione urbana dei territori, per evitare che si spopolino interi quartieri e non si ricostituisca più il tessuto di relazioni sociali, economiche e culturali pre-esistenti al sisma. In caso contrario, veramente il cono d’ombra si trasformerà in una zona di perenne oblìo per le aree colpite dal sisma.

Il terremoto ha buttato giù tanti muri e, dunque, simbolicamente ha aiutato a creare nuovi ponti nel dialogo fra cittadini e istituzioni. L’opera dei comitati per i terremotati ad Acireale, a Zafferana Etnea e ad Aci S.Antonio è stata ed è tuttora straordinaria. Il contributo di tanta gente del luogo perbene e con grande senso civico è da incorniciare, così come sarà sempre apprezzato l’apporto volontaristico di quanti dall’esterno si sono prodigati subito per assicurare assistenza e solidarietà alle zone colpite dal sisma. I Sindaci, qualcuno come Stefano Alì di Acireale al primo mandato, qualche altro come Santo Caruso di Aci Sant’Antonio al secondo, qualche altro come Salvatore Russo di Zafferana Etnea ancora fresco di elezione, hanno sperimentato il beneficio del confronto continuo e del dialogo costruttivo con la gente provata dal terremoto. Del resto, non avrebbe senso fare muro contro muro quando i muri sono stati già abbattuti dal terremoto. Il terremoto che non è stato affatto gentile nei modi ha determinato una “rivoluzione gentile” nel comportamento delle persone danneggiate dal sisma. Una “rivoluzione gentile” che non mancherà di portare buoni frutti.

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