Assolutamente originale e creativa, intensa e coinvolgente, diversa a quella di altri fotografi contemporanei, ugualmente sedotti dal mito mediterraneo, è la visione trasfigurata dei siti archeologici siciliani nel racconto di Veronica Bronzetti, in mostra a Modica fino all’8 dicembre presso l’ex Convento del Carmine.
Ha alle spalle un lavoro di Marketing manager come committente di progetti fotografici. Veronica Bronzetti, fotografa professionista, a Rimini ha creato “Spazio mimesi”, un luogo dedicato alla fotografia e alle arti visive, dove organizza e conduce attività di workshop e laboratori.
“Preesistenze” è la mostra che la vede protagonista in “Sicilia Imago Mundi”, il grande cartellone espositivo del Med Photo Fest 2019.
“L’anima dei luoghi si percepisce toccandone le radici e i segni delle preesistenze” scrive l’autrice.
Ma in che modo, e attraverso quali strumenti? L’attenzione per i primi autori avanguardisti, da Man Ray a Marcel Duchamp e i lavori sui ritratti, sulle figure femminili, sulla filmografia sperimentale degli anni ’20, stimolano in lei una nuova visione del mondo, che la portano verso una ricerca capillare e minuziosa. Nelle sue “Preesistenze”, ogni atto non è un ricordo che rammenta ma azione che ricompone, ricostruisce, ricrea. Sorprendenti percorsi linguistici e percettivi esaltano la qualità estetica delle opere riproponendo quella vertigine eraclitea – cuore palpitante dell’Universo – in cui lo stato di quiete è solo il risultato di equilibrio, di forze e di tensioni opposte. Il suo stile di stampa, particolarmente accentuato, in cui i neri saturi e i bianchi luminosi assorbono i dettagli intermedi in un denso contrasto chiaroscurale, è particolarmente definito nella galleria dedicata ai ritratti, genere cui l’autrice si dedica.
Ti definisci una fotografa ritrattista…
Forse sono portata naturalmente, anche perché il volto umano è la cosa che mi piace più rappresentare: gli occhi… e lo sguardo sono sempre stati la mia ossessione.
Cosa cerchi in un volto?
Cerco di arrivare al momento dove la persona non è nella posizione di soggetto per bypassare il momento di posa – di rigidità – ed estrarre l’insolito; non tanto l’anima ma quelle espressioni che il soggetto non sa nemmeno di possedere. Lavoro componendo per trovare collimazioni, non solo concentrandomi sul volto, ma guardando anche all’ambiente in relazione al paesaggio e al contesto, cercando di valorizzare quell’intensità che non è mai solo un dettaglio del volto. Nei miei ritratti la composizione è sempre di taglio americano perché mette il soggetto in relazione allo spazio e soprattutto alla luce.
Quale luce preferisci?
In studio luce fissa. Ultimamente mi sto appassionando alla luce flash che mi piace applicare allo still life come al food. Generalmente in studio uso luce continua e luce ambiente in modo tale da creare un ambiente naturale.
Prediligi il bianco/nero o il colore?
Decisamente il bianco/nero! È quello che pratico di più. È quello che mi rappresenta. Il colore è, per quanto mi riguarda, sperimentazione.
Qual è la tua gamma di grigi?
Mi piace il contrasto forte. Nel caso delle opere in mostra, trovandomi in una multi esposizione, ho voluto diminuire i contrasti e la saturazione dei neri.
Qual è stato il tuo percorso creativo per il Med Photo Fest?
In riferimento alla tematica “Sicilia Imago Mundi” – scelta per l’edizione del Med Photo Fest 2019 – ho deciso di portare un lavoro incentrato sull’archeologia, sul paesaggio e in particolar modo sui principali siti della Magna Grecia. Il viaggio in Sicilia mi ha permesso di sviluppare una lettura dell’antichità classica assolutamente originale e creativa. Ho visitato i siti archeologici di Morgantina, Siracusa, Agrigento, Segesta, Selinunte e li ho bloccati con il mio obiettivo. Poi ho fotografato i reperti custoditi all’interno dei grandi musei siciliani, quelli sorvegliati, conservati al riparo, nelle teche delle vetrine espositive, e per cui avulsi dal contesto ambiente, lontani da ciò che sta fuori, all’aria aperta. È nata una commistione originale, un insolubile rapporto, un legame tra dentro e fuori, tra reperti lasciati all’azione corrosiva del tempo, e ciò che viceversa, è gelosamente custodito nei musei.