Elisa Musumeci
biologa e nutrizionista
Vogliamo fare una scommessa? Cerchiamo su internet la parola “dieta”, sono sicura che tra i primissimi risultati troveremo infiniti link che rimandano a presunti approcci chetogenici, fai-da-te, che vi promettono di perdere decine di chili in tempi record!
Incuriositi, apriamo i link per saperne di più, bene: vi assicuro che al 99% troverete tutto meno che un vero regime alimentare, ben calibrato, che faccia entrare in chetosi.
Ma cos’è, dunque, questa famigerata condizione metabolica che definiamo “chetosi”?
Normalmente, cioè in condizioni di un classico regime alimentare più o meno normo-proteico, più o meno normo-glucidico, il nostro corpo utilizza il glucosio come fonte preferenziale per ottenere energia utile allo svolgimento delle funzioni vitali. Questo zucchero, che introduciamo con gli alimenti ma che può essere ricavato anche dalle riserve di glicogeno, e che ha come siti principali di stoccaggio i muscoli e il fegato, è la via preferenziale, più rapida e più “comoda”, che hanno le nostre cellule sane per ottenere energia, ma non è l’unica via possibile.
Cosa accade, infatti, se mettiamo il nostro organismo in condizioni di digiuno reale o indotto da determinate scelte alimentari che portano l’assunzione di carboidrati sotto una certa soglia minima? Senza addentrarci nelle vie della biochimica, essendo un contesto divulgativo, ci basti sapere che in assenza di carboidrati vengono a mancare i prodotti del catabolismo del glucosio ed il corpo attiva altre vie alternative per produrre energia. Vengono degradati gli aminoacidi o gli acidi grassi, è proprio quest’ultimo caso che ci interessa e che dobbiamo favorire se vogliamo attivare il processo di β-ossidazione dei grassi che porta alla produzione di Acetil-coenzimaA e che ha come prodotto finale di reazione i famigerati “corpi chetonici”, nello specifico: acetocetato, beta-idrossibutirrato e acetone.
Questi corpi chetonici sono prodotti a livello dei mitocondri epatici e vengono riversati nel sangue dove raggiungono cuore, muscoli e cervello, ossia gli organi che li utilizzano per ricavarne energia.
La “chetosi” è dunque la condizione metabolica in cui il nostro corpo, dopo un periodo di adattamento, riesce a ricavare energia attraverso i corpi chetonici. Questi ci tengono attivi, aumentano la concentrazione, e riducono notevolmente la sensazione di fame.
Entriamo adesso nel vivo del discorso. La dieta chetogenica è attualmente il protocollo più in voga per ottenere una rapida perdita di peso, tuttavia, purtroppo, è al contempo il regime alimentare più dibattuto, frainteso, osannato da inesperti che ne fanno cattivo uso e demonizzato da professionisti della nutrizione che non ne hanno ancora ben capito i reali meccanismi d’azione… insomma, naviga nell’impetuoso mare del caos!
Per questo la mia decisione di fare un po’ di chiarezza su tutti i falsi miti e preconcetti.
Intanto bisogna sapere che l’approccio chetogenico, ancor prima che per semplice scopo dimagrante, risulta essere, secondo dati pubblicati da ricerche condotte seguendo il vero metodo scientifico, l’unico protocollo efficace nell’attenuare gli effetti negativi e l’avanzare delle patologie neuro-degenerative, cronico-infiammatorie, nel contrastare l’avanzare del cancro e nell’epilessia farmaco-resitente, anche in età pediatrica.
Per il dimagrimento vi sono ottimi risultati a breve termine, utili ad esempio nel caso di soggetti obesi che necessitano di una rapida perdita di peso in vista di interventi urgenti, o comunque per chi vuole dimagrire in fretta, “SE E SOLO SE” si struttura un approccio ciclizzato e temporizzato.
Non bisogna prenderla alla leggera, poiché non tutti possono seguire un tale protocollo, il quale risulta non adatto in gravidanza, da attenzionare nei soggetti diabetici (mentre è ottimo per riattivare la sensibilità insulinica nei soggetti insulino-resistenti), inadatto nelle disfunzioni a carico della tiroide e nei soggetti scompensati da stress surrenale.
Un altro aspetto da sottolineare necessariamente, poiché diffusissimo nei protocolli online che mi è capitato di visionare, è quello inerente gli alimenti inseriti nel menù cheto.
- Una vera dieta chetogena NON prevede pane, fette biscottate né gallette a colazione.
- La dieta chetogenica NON è una dieta iperproteica, tutt’altro, un eccesso di proteine ostacolerebbe la formazione dei corpi chetogeni poiché attiverebbe altre vie diverse dalla chetosi
Precisato questo, analizziamo i più comuni dubbi e affermazioni in tema di chetosi:
- “La dieta chetogenica è nociva alla salute, acidifica i tessuti e intossica il fegato”
FALSO: Non bisogna confondere la chetosi con la cheto-acidosi! Questa è una complicanza diabetica grave che, oltre ad un’abbondanza di acetone nel sangue, vede soprattutto l’abbassamento del pH e potrebbe avere esiti persino letali. E’ questo il motivo per cui, pur avendo del potenziale, è sconsigliabile applicare questo protocollo ai soggetti diabetici. Non ha a che fare, invece, con chi non soffre di diabete. I corpi chetonici vengono sintetizzati nel fegato, non significa che lo appesantiscano. Un soggetto con steatosi epatica e/o che soffra di alcolismo ha un fegato compromesso, a rigor di logica non potrà applicare questo protocollo.
- “Il cervello ha bisogno di zuccheri, un regime chetogeno lo danneggia”
FALSO: Il cervello è l’organo che meglio risponde all’utilizzo dei corpi chetonici, per questo la dieta funziona molto bene nel risolvere emicranie e ostacolare la riproduzione dei tumori cerebrali. E’ vero che con una dieta di tipo chetogenico si può avvertire senso di debolezza, capogiri, tachicardia, irritabilità, ma sono tutti sintomi avvertiti nei giorni che precedono la chetosi, quando il nostro organismo, ancora abituato con un metabolismo di tipo glucidico, esaurendo pian piano le scorte, va in sofferenza fino ad attivare la vie alternative che portano ad ossidare i grassi , in un processo definito switch metabolico. Ottenuti i corpi chetonici,. tutti questi sintomi svaniscono e si ha, al contrario, un miglioramento in termini energetici, di concentrazione e di tono dell’umore.
- “La dieta chetogenica è ricca di proteine”
FALSO: Una quota troppo alta di proteine farebbe invece uscire dalla chetosi perché attiverebbe la gluconeogenesi che, come prodotto finale, avrebbe comunque glucosio.
- “La dieta chetogenica è molto gustosa perché ti consente liberamente di mangiare burro, salumi, fritture, grassi in abbondanza”
NON DEL TUTTO VERO: E’ vero che un’alimentazione di cui sopra, tecnicamente, consentirebbe al corpo di produrre corpi chetonici, ma personalmente mi trovo decisamente in disaccordo con questa scelta. Da buon nutrizionista bisogna sempre mettere la salute al primo posto. Quelli elencati NON sono grassi sani. Bisogna sempre preferire i grassi insaturi, fonti vegetali e animali ricchi di vitamine e di omega3, come il pesce. Il burro, a freddo o al massimo scaldato, mai fritto, è accettabile solo se grasse, proveniente da allevamenti non intensivi. Ottimo invece il ghee, fonte di butirrato che nutre la flora batterica “buona” del nostro intestino. Al primo posto invece, non deve mai mancare l’olio di cocco.
- “Tra il terzo e il quinto giorno il corpo entra in chetosi”
FALSO: Non c’è uno standard per tutti. Dipende strettamente dal proprio metabolismo, dal tipo di alimentazione cui si è abituati da sempre. Se il corpo è stato già sottoposto a questo regime, più volte ciclizza e più rapidamente riuscirà ad ottenere lo switch metabolico da glucidico a lipidico e viceversa. Conta anche la genetica, esistono casi per i quali risulta geneticamente impossibile sfruttare la via metabolica della chetosi.
- “La dieta chetogenica non è adatta agli sportivi
FALSO: C’è del buon razionale nell’applicare questi protocolli per la definizione corporea senza peggiorare la performance, talvolta persino migliorandola. Il punto è che, nel caso dello sport, non si può generalizzare, bisogna contestualizzare il tipo di sport ed il tipo di protocollo chetogenico da applicare, ma soprattutto nello sportivo il massimo dei risultati si ottiene con protocolli chetogeni targettizzati e temporizzati con ricariche glucidiche a basso indice glicemico peri-allenamento. E’ vero tuttavia che, nella maggior parte dei casi, per atleti che gareggiano ad alta intensità, in particolare negli sport di endurance, questo protocollo non è ottimale, sebbene vi siano diversi studi in corso.
COME MANTENERE LA CHETOSI: L’IMPORTANZA DEL K-RATIO
Anche in questo caso, non fidatevi mai di chi vi indica un valore numerico preciso perché non esiste un valore assoluto e rigido. Per le proteine in genere ci si aggira intorno a 1.2gr (fino ad un massimo di 1,5 per gli sportivi) per kg di peso corporeo, ma per essere più sicuri dobbiamo riferirci ad un valore, il “coefficiente chetogeno” o “K-ratio” che è il risultato integrato nelle 24h di tutti e tre i grandi nutrienti contenuti nei singoli alimenti della dieta, secondo la formula :
Per avere conferma di essere nel giusto, il KR dovrà essere almeno uguale a 1, meglio ancora se superiore. Anche in questo caso mi preme precisare che su valori limite non tutti rispondono allo stesso modo e che bisogna fare attenzione a non avere valori troppo alti di corpi chetonici, per cui sarebbe ideale, di tanto in tanto, monitorare con il test sulla chetonemia.
Concludo l’articolo, anche se l’argomento è davvero vasto e complesso, sperando di aver contribuito positivamente a chiarire le idee ma soprattutto con la raccomandazione, avendo voi stessi constatato quanto sia delicato questo protocollo, qualora ne siate interessati, di farvi seguire da mani esperte.
Non improvvisate sulla vostra salute!
sui social:
https://www.facebook.com/elisamusumecinutrizionista/?ref=profile_intro_card