Il pragmatismo di Vespasiano e i migranti


 
Alfio Franco Vinci

Il Consiglio europeo ha sentenziato: i migranti continuano a sbarcare, ovviamente, in Italia; i Paesi che decidono di accoglierne una frazione li riceveranno dall’Italia; In ogni caso gli aspiranti immigrati clandestini non potranno essere riportati in Libia, perché non dispone di porti sicuri.
Tornano alla mente le nozioni che al Ginnasio ci somministravano in ordine alla vita nella antica Roma. In particolare il fatto che l’imperatore Vespasiano autorizzò la costruzione di 144 latrine pubbliche in aggiunta a quelle gestite da privati, da qui il nome vespasiani, che si sovvenzionavano con la vendita delle urine da cui veniva estratta l’ammoniaca, ai conciatori di pelli.
Rimproverato dalla  nobiltà romana per questo maleodorante commercio, fece portare un vassoio pieno di monete, che fece annusare agli astanti, chiedendo se puzzassero. Alla risposta negativa li informò che quel denaro proveniva dagli incassi dei vespasiani. Da qui la frase “pecunia non olet”.
Ciò premesso, forse il Consiglio europeo non sa che sulla rotta Italia-Libia opera da oltre un anno, con partenze da Genova e Messina, con scalo nel porto libico di Zuara una nave RO/RO
Non solo, ma la banca centrale libica ha parimenti ripreso ad autorizzare l’apertura di lettere di credito per convertire la moneta locale in euro o dollari per facilitare le operazioni commerciali.
E allora delle due l’una: o i porti sono sicuri per tutti o per nessuno. A meno che la farisaica morale dei supporter forse inconsapevoli di scafisti ed ONG, non avverte “l’olezzo della pecunia”.

 

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