Il signor Dopodomani

Giuseppe Condorelli

CATANIA – In bilico tra disperazione e sberleffo, tra ironia e sentimento “Il signor Dopodomani” di Daniele Loddo irrompe con la sua dirompente carica lessical-metaforica sui legni di Roots, per il secondo appuntamento della rassegna “Underground rivers” nello spazio performativo di Steve Cable e Antonella Caldarella.

Pupo e puparo ad un tempo, il protagonista di questo monologo-performance, Stefano Cutrupi, un vecchio frac a sagomarlo in un’atmosfera da avanspettacolo, “reduce di ieri”, ricostruisce in un bailamme di flashback e di salti in avanti la vertiginosa fine di una storia (sarà mai stato amore?).

E proprio il giorno dell’appuntamento mancato proprio lui monta la guardia alla propria assenza – e alla propria essenza – complice, sorta  un vecchio registratore a cassetta, unica testimonianza incisa su nastro magnetico di un amore che è finito, che lo ha finito e che non vorrebbe che finisse. Rammemorandosi e rammendando le ferite del cuore, imbastisce una ricognizione in forma di  messaggio diretto alla ex, intessuta di lacerti di canzoni, di citazioni colte e di infime battutacce (pescando da Pirandello a Sgalambro, da Benni a Bergonzoni) e, senza sosta, offre ad un pubblico continuamente spiazzato la sua personalissima hilarotragoedia (e qui la favola non è certo “iraconda” quanto piuttosto tristamente sentimentale). Rimestando nel pastiche fonico-grammatical-linguistico in cui “questa stramaledetta tu” – cioè Ada, l’amata, l’andata – si è insinuata, il delirio autoironico decostruisce le tappe dell’amore in modo incerto e problematico che la regia di Roberto Zorn Bonaventura esagera con una pericolosa deriva da urlatore ingarbugliandone a volte la fragranza espressiva, complice anche un sottofondo musicale troppo invasivo.

La vertigine della parola è comunque salva, in un crescendo di una disperazione che si fa avverbio – “sempre” – lungo il quale si sgretola la promessa di un ultimo incontro, di un adieu in cui la speranza di “essere dopodomani” rimane solo una attesa vuota riempita di sproloquio e di una inestinguibile sete di vendetta.

E comunque nemmeno noi alla fine abbiamo mai capito perché tre per zero debba fare zero a tutti i costi.

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